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OBIEZIONE DI COSCIENZA

Aborto: farmacista assolta, una vittoria insufficiente

La vittoria anche in appello della farmacista che nel 2013 si era rifiutata di vendere la "pillola del giorno dopo" (Norlevo) non era scontata. Ma le motivazioni la rendono insufficiente a tutelare l'obiezione di coscienza: occorre combattere affinché l'effetto abortivo della pillola sia riconosciuto e la parità del dirtto alla vita del bambino sia sancita.

Vita e bioetica 04_07_2018

È vero, il codice deontologico dei farmacisti all’articolo 3 stabilisce il diritto di agire «in piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita». Ma non per questo anche la seconda vittoria giudiziaria presso la Corte d’Appello di Trieste, della farmacista Elisa Mecozzi operante a Monfalcone (Go), che nel 2013 si era rifiutata di vendere la "pillola del giorno dopo" (Norlevo) ad una donna munita di ricetta (allora necessaria), era scontata.

Soprattutto dopo la decisione del 2014 dell’Aifa di cancellare dal bugiardino il suo effetto abortivo, di fatto negando l’omicidio e rendendo debole il diritto all’obiezione di coscienza contenuto (sebbene non esplicitamente) nell’art. 3 del codice. Non solo perché il Norlevo era già stato sdoganato come “contraccettivo d’emergenza” dalle agenzie del farmaco straniere. Tanto che oggi in Italia viene venduto senza ricetta. Com’è possibile dunque che la farmacista sia stata assolta da entrambi i tribunali?

Dopo la prima assoluzione da parte del giudice di Gorizia del dicembre 2016, gli avvocati della difesa, Simone Pillon e Marzio Calacione, avevano definito la sentenza, che respingeva la richiesta del Pm di 4 mesi di reclusione, «saggia ed equilibrata». Aggiungendo che «dopo tre anni di procedimento penale, con tutto quello che ciò può comportare in termini personali, familiari e professionali, la nostra assistita ha visto riconosciute le sue sacrosante ragioni, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3 del codice deontologico».

Ad ausilio della difesa anche i pareri del dottor Renzo Puccetti e Bruno Mozzanega. Quest’ultimo, autore di 170 lavori su riviste internazionali in merito al Norlevo, aveva spiegato perché il suo effetto abortivo è l’unico fatto davvero provato dalla letteratura scientifica, i cui risultati dicono che se assunto durante i giorni fertili non blocca l’ovulazione, permettendo alla donna di concepire un figlio, ma impedisce all’endometrio di prepararsi all’annidamento del bambino che quindi morirà.

Dopo la prima assoluzione, però, il capo della Procura della Repubblica di Gorizia, Massimo Lia, aveva obiettato che la farmacista non era stata assolta perché il fatto non sussisteva ma perché era stata dichiarata non punibile per la tenuità del fatto, dato che il farmaco poteva essere facilmente acquistato in qualsiasi altra farmacia: «Ci riserviamo di leggere le motivazioni per valutare l'opportunità di impugnare la sentenza», aveva aggiunto Lia. Così è stato, ma la Corte d’Appello di Trieste ha deciso di confermare la sentenza come spiegato da Pillon: «Il Tribunale di Gorizia aveva già assolto la farmacista, ma la Procura locale aveva appellato la sentenza, costringendo la difesa a un nuovo grado di giudizio. Ora finalmente la Corte di Appello del capoluogo giuliano ha confermato l'assoluzione, riconoscendo la particolare tenuità del fatto e l'infondatezza delle pretese accusatorie».

Il presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Trieste, Marcello Milani, ha però dichiarato a Repubblica che siccome la sentenza non entra in merito alla questione dell’obiezione di coscienza, lasciando comunque i farmacisti (da anni) in una zona grigia pericolosa e passibile di denunce, bisognerebbe concedere esplicitamente «la possibilità dell'obiezione al farmacista». Lo stesso Pillon ha chiarito che sebbene «il nostro ordinamento giuridico prevede la libertà di coscienza…forse uno specifico chiarimento normativo potrebbe evitare infondati ma faticosi ricorsi allo strumento penale».

Ma è ovvio che fintanto che la legge prevederà l’aborto come un fatto che può “salvare” la donna, dando maggiori diritti all’adulto che al figlio concepito, sarà difficile far valere pienamente l’obiezione di coscienza. Soprattutto se si nega l'effetto abortivo del Norlevo e in un momento in cui viene messo in crisi il diritto dei medici a non praticare l’aborto, con la scusa che gli obiettori sarebbero troppi. Perciò, mentre si combatte il sacrosanto diritto alla libertà di coscienza, occorre esplicitarne i contenuti, ricominciando a dire non solo che il Norlevo è abortivo ma che il diritto alla vita del bambino è identico a quello della madre e che una legge abortista come la 194 è una legge ingiusta. Altrimenti gli spazi di libertà non faranno che ridursi ulteriormente.