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Cortocircuiti

Abusi nei bagni unisex e il trans nel carcere femminile

Gli abusi nei bagni "gender free" crescono, mentre un detenuto che si identifica come una donna è stato spostato in quella maschile per aver abusato di altre donne.

Gender Watch 10_09_2018

Se ne prescindi e se le neghi, la realtà e la natura prima o poi si ribellanno. È per questo che ad un certo punto le ideologie, ossia il tentativo di piegare la verità del mondo alle proprie idee, crollano. Anche se spesso vengono meno solo quando la devastazione prodotta dalla menzogna ha raggiunto livelli tali da aver già convinto gli uomini della sua illusione. 

Si vedono già i primi segni del male prodotto dall’ideologia relativista moderna, nella sua variante specifica della “teoria” gender, ma insieme anche il tentativo da parte del potere di continuare ad assecondarla senza però riuscire a non contraddirsi.

Giovedì scorso l’Inghilterra annunciava che un prigioniero transessuale, David Thompson (un uomo travestito da donna), di 52 anni, identificandosi come una donna (con il nome Karen White) dal 2014 ed essendo per tanto considerato tale dallo Stato, è stato detenuto in una prigione femminile nei pressi di Wakefield (Yorkshire Ovest) dove ha abusato di alcune detenute. Nel passato di quest’uomo ci sono altre violenze verso le donne, una persino verso un bambino, eppure il suo “sentirsi” femmina è prevalso su tutto. Tanto che l'uomo è stato trasferito dove doveva essere dal principio, in un carcere maschile, solo dope le ultime accuse.

Nonostante tutto questo le testate inglesi che riportano la vicenda continuano da una parte a giustificare il fatto, sostenendo che l’uomo ha cominciato ad identificarsi come donna nel 2014 senza che gli fosse stata diagnosticata una “disforia di genere”, ma dall’altra si riferiscono al carcerato con pronomi e aggettivi femminili, perché così lui vuole. Sappiamo infatti che l’ideologia gender è arrivata ormai ad un punto tale che non serve una diagnosi particolare perché a qualsiasi persona sia impedito di imporre agli altri di farsi chiamare nel modo in cui si identifica, al di là che la sua idea sia o meno corrispondente alla realtà, tanto che la stampa non osa riferirsi a Thompson come ad un maschio quale è. Anche perché come verificare se l'uomo mente o meno, quando tutto si basa su di un sentimento e su nulla di oggettivo?

È quindi evidente la schizofrenia per cui si cerca di giustificare il fatto mettendo in dubbio la buona fede del detenuto, mentre però si teme di identificarlo per quello che oggettivamente e biologicamente è e dimenticando i dati pubblicati dal Sunday Times all’inizio del mese sugli abusi in aumento nei “tolleranti” bagni e spogliatoi “gender free”. Di 134 denunce per “aggressione sessuale” in strutture pubbliche esposte nel Regno unito fra il 2017 e il 2018, ben 120 (ossia il 90 per cento) sono avvenute negli spogliatoi “unisex” ideati per non discriminare chi, nato con un sesso biologico, pretende di appartenere a quello opposto. Il giornale rivela che stando alle statistiche si comincia a temere che i bagni e gli spogliatoi comuni, ideati per non mettere a disagio i transessuali e che per questo si stanno diffondendo sempre di più, rappresentino un pericolo per le donne. 

Il problema non sono solo le offese fisiche, ma i filmati che possono essere girati negli spogliatoi delle palestre e delle piscine. Alcuni anche pedofila dimostrano ancora una volta che se si accetta come normale una sessualità vissuta al di là dei limiti naturali si asseconda e favorisce qualsiasi deviazione. Non a caso, l’inchiesta del Sunday Times è partita dopo che il 51enne Darren Johnson è stato arrestato per aver filmato due 14enni mentre si cambiavano negli spogliatoi di una piscina. Quando è stato arrestato la polizia ha trovato altre foto di donne e bambini scattate in bagni pubblici “gender free”. Il fatto fa quindi pensare che, oltre che alle denunce venute alla luce, questi bagni siano un richiamo per maniaci e pedofili che utilizzano filmati e foto nel settore della pornografia. 

Eppure nulla cambierà. Basti pensare che dopo il trasferimento di Thompson, un portavoce del sistema carcerario si è scusato «sinceramente per l’errore fatto in questo caso», ma chiarendo che ciò non impedirà ad altri uomini che si identificano come donne «sensibili e in linea con la legge», di restare nella prigione femminile. Ma se anche dopo tutto questo il sistema non vacilla, dove bisogna arrivare prima di accorgersi dei danni che la menzogna, inizialmente capace di illudere l’uomo di una maggiore libertà e onnipotenza, produce sia in chi la abbraccia sia in tutta la società?

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