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Adozione a gay, morsa di Camera e Ue usando Schengen

Alla Camera un Ddl per estendere alle coppie omosessuali anche l'adozione dei bambini non nati biologicamente da uno dei due semi. Le coppie gay verrebbero equiparate a quelle naturali. Anche l'Ue si muove e dispone un regolamento che introduce il principio della non discriminazione da uno Stato all'altro. Così con la libera circolazione delle persone si legittima la libera circolazione degli orrori giuridici. 

Famiglia 10_02_2017

In principio i tribunali, nella maggioranza dei casi, davano in adozione i minori solo a coppie coniugate. Poi qualche anno fa alcuni giudici decisero che il compagno di una coppia gay poteva adottare il figlio naturale dell’altro compagno (stepchild adoption). L’anno scorso la legge Cirinnà equiparò gli uniti civilmente ai coniugi in tutto, eccetto in merito alla facoltà di accedere all’istituto dell’adozione. Relativamente a questa materia la legge sulle unioni civili rimandava al giudizio dei magistrati i quali continuarono a permettere la stpechild adoption, ma non si spinsero a consentire di poter adottare qualsiasi minore, anche quello non figlio naturale o adottato dell’altro compagno della coppia omosessuale.

Sul tavolo del Parlamento intanto sono stati depositati alcuni disegni di legge che mirano ad estendere il pubblico dei possibili candidati alle adozioni (single e coppie omosessuali per quanto riguarda la stepchild adoption). A tal fine presso la Commissione Giustizia della Camera si sono ascoltati vari esperti. Ne è nato un documento dal titolo «Stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozione e affido» presentato due giorni fa [8 feb] da Donatella Ferranti (Pd) presidente della Commissione stessa. Al capitolo 'Requisiti soggettivi' della relazione si può leggere che «è stato evidenziato, da parte di autorevoli esponenti della dottrina, della giurisprudenza e dell’avvocatura, che non vi è motivo di precludere l’adozione stessa alle coppie di conviventi, eterosessuali oppure omosessuali, così come parti di un’unione civile».

Dunque il salto è notevole. La legge attuale sull’adozione (l. 184/83) contempla la possibilità di adottare da parte di coppie conviventi eterosessuali in circostanze davvero eccezionali. Le coppie omosessuali sono implicitamente escluse. Ora se passasse un disegno di legge che facesse suoi i principi enunciati da questa relazione, le coppie conviventi etero ed omosessuali e gli uniti civilmente verrebbero messi sullo stesso piano delle coppie coniugate. Dunque non solo si aprirebbero alle coppie omosessuali le porte dell’adozione per tutti i minori – quindi andremmo oltre la stepchild adoption –  ma queste coppie entrerebbero nella lista dei possibili adottanti non nelle ultime posizioni, come opzione residuale, bensì in pole position insieme alle coppie coniugate eterosessuali. Anzi probabilmente verrebbero privilegiate rispetto alle coppie etero altrimenti il rifiuto di concedere loro in adozione un minore potrebbe venire etichettato come provvedimento discriminatorio. E tutto questo per legge, sollevando così i giudici dall’onere di legiferare loro al posto dei parlamentari come hanno fatto sino ad ora.

Stesso vento favorevole alle coppie gay soffia anche al Parlamento europeo. Il 2 febbraio scorso l’assemblea ha votato a favore di una “Proposta recante raccomandazioni alla Commissione sugli aspetti transfrontalieri delle adozioni”. La Commissione europea poi deciderà, entro il 31 luglio, se accettare la proposta oppure rifiutarla. Cosa dice questa proposta? Innanzitutto sottolinea il fatto che la disciplina in questa materia non è univoca in tutta Europa, ma ogni Stato ha una propria normativa (Preambula lettera R). E così può accadere che il vincolo di filiazione nato da adozione è riconosciuto in un Paese ma non in un altro (V). Ciò comporterebbe dei problemi se la coppia insieme al figlio andassero a vivere all’estero e metterebbe “in pericolo il diritto dei bambini a una famiglia stabile e permanente” (W).

Tutto questo inoltre sarebbe in contrasto con la libera circolazione delle persone all’interno dei paesi europei (Y). E quindi si conclude che  è della “massima importanza adottare una legislazione che preveda il riconoscimento automatico in uno Stato membro di un provvedimento di adozione nazionale emanato in un altro Stato membro, a condizione che sia garantito il pieno rispetto delle disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità” (AB e 23). L’art. 3 del Testo della proposta, intitolato “Riconoscimento automatico dei provvedimenti di adozione”, quindi stabilisce che “un provvedimento di adozione emanato in uno Stato membro è riconosciuto negli altri Stati membri senza che sia necessario ricorrere a una procedura speciale”. Tradotto: l’adozione di un minore fatta da una coppia gay in Olanda deve essere riconosciuta in automatico anche, ad esempio, qui da noi in Italia sebbene attualmente sia ancora vietata. E poco importa il principio di sovranità nazionale in merito al diritto di famiglia: che lo Stato si pieghi ai diktat europei. La proposta però tiene a precisare che riconoscere per uno stato membro le adozioni gay non comporta per questo stesso stato legittimare ad esempio il “matrimonio” gay che lega i due adottanti (Allegato alla Proposta A 8 e Testo proposta art. 1, comma 2 lettera a). Troppa grazia.

Si obietterà che il riconoscimento in Italia delle adozioni gay è contrario all’ordine pubblico e quindi le autorità italiane potranno legittimamente rifiutare il riconoscimento di simili adozioni così come previsto dall’art. 6 dello stesso Testo della Proposta. L’Allegato alla Proposta risponde però che “tali dinieghi non possono mai portare a discriminazioni di fatto vietate dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea” (A 5). In breve: se rifiuti l’adozione gay legittima in Olanda – e in altri 20 Paesi UE – discrimini le persone omosessuali, ergo non puoi farlo.

E dunque con l’escamotage della libera circolazione delle persone si vuole legittimare anche la libera circolazione degli orrori giuridici. Il giochino poi è sempre il solito. Qualche organismo dell’Unione europea raccomanda, suggerisce un nuovo provvedimento contrario alla dignità della persona, della famiglia, alla libertà di pensiero, alla religione. Un’associazione radicaloide suggerisce ad un privato o coppia di privati di intraprendere le vie legali nazionali per vedersi tutelate le proprie rivendicazioni altrettanto radicaloidi. A volte si vince, a volte si perde. In questo ultimo caso l’associazione e i propri assistiti ricorrono a qualche tribunale europeo. Lì vincono e la partita ritorna ad essere giocata sul suolo patrio. Qui i giudici, seguendo l’effetto domino, uno dopo l’altro danno ragione ai colleghi europei e ne nasce una giurisprudenza a senso unico. Da ultimo il Parlamento nazionale non può che legiferare come i giudici nazionali ed europei hanno deciso. Ovviamente il tutto è graziosamente accompagnato dai commenti, anche questi, a senso unico dei media. Così avverrà anche per le gaie (non per i bambini) adozioni.