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L'APERTURA DELL'ANNO GIUDIZIARIO

Adozioni gay, assist della Cassazione (violando la legge)

L'anno giudiziario si apre con un inno all'adozione dei bambini da parte di coppie omosessuali. A farsene portavoce è il presidente della Corte di Cassazione. Che però cita casi dove non solo il diritto non è stato rispettato, ma neanche la Costituzione. Secondo l’autorevole parere la magistratura non è chiamata solo ad applicare la legge, ma anche a violarla.

Vita e bioetica 28_01_2017
Giovanni Canzio

“Nell'iniziare e nel condurre una guerra non è il diritto che conta, ma il conseguimento della vittoria". Hitler dixit nel Mein Kampf . Ciò a dire che gli ideologi seduti sulle poltrone di comando – siano essi parlamentari, ministri o giudici – rispettano le leggi se torna a loro utile, altrimenti se ne infischiano.

Una prova lampante di come il diritto non abbia contato per nulla, ma abbiano contato solo l’ideologia omosessualista e quella che disprezza la famiglia è stata fornita dalle numerose sentenze che hanno concesso la stepchild adoption a coppie omosessuali.

Lo scorso 26 gennaio si è aperto l’anno giudiziario e a prendere la parola, tra gli altri, è stato anche Giovanni Canzio, presidente della Corte di Cassazione. Canzio nella sua relazione ha citato proprio due casi attinenti al diritto di famiglia in relazione a coppie omosessuali sottoposti al giudizio della Corte da lui presieduta. In un caso i giudici hanno riconosciuto la legittimità della richiesta di stepchild adoption avanzata da una coppia di donne (sentenza n. 12962). Nell’altro caso la Cassazione (sentenza 19599) “in materia di maternità assistita all’interno di una coppia costituita da due donne, ha ritenuto la legittimità del riconoscimento e della trascrizione dell’atto di nascita, formato all’estero, di un bambino ‘nato’ da due madri, a seguito di procedura assimilabile alla fecondazione eterologa” (pp. 24-25 della relazione).

Peccato però che il diritto non sia stato rispettatonel caso della stepchild adoption né nel caso in cui la Cassazione si è inventato un nuovo modo per diventare genitori, senza nemmeno passare dalla stepchild adoption. Sulla prima vicenda processuale Canzio rammenta che la Cassazione  “ha escluso ogni rilievo all’orientamento sessuale dei richiedenti, dovendosi perseguire comunque il favor di consolidamento del rapporto fra il minore e chi già se ne prende cura e ponendo l’interesse esclusivo del primo come unica condizione” (p. 24). Peccato (bis) che la Corte costituzionale abbia richiesto che il procedimento di adozione si ispiri il più possibile all’imitatio naturae, cioè a dare al bambino una famiglia formata da papà e mamma sposati. Peccato poi (ter) che una infinità di studi attestino i traumi subiti dai minori cresciuti in un ambiente omosessuale.

In merito invece alla vicenda del “bambino nato da due madri” (sic) la Cassazione nel settembre del 2016 così appuntò: “La regola secondo cui è madre colei che ha partorito, a norma del terzo comma dell'articolo 269 del codice civile non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, è dunque riconoscibile in Italia l'atto di nascita straniero dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri (una che l'ha partorito e l'altra che ha donato l'ovulo), non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola". I giudici ammisero che tale decisione era contra legem ma aggiunsero che i beni in gioco riguardavano solo "l'ingresso in Italia di un particolare e specifico atto giuridico riguardante il rapporto di filiazione tra determinati soggetti". Tradotto: la legge dice alfa, ma io giudice per questo caso particolare decido omega. E così madre può essere chi ha partorito o adottato – come prevede la legge – oppure chi fornisce l’ovulo e in futuro chi presta l’utero oppure chi ha studiato a tavolino “un progetto genitoriale” – come prevede la fantasia dei giudici.

Torniamo alla relazione di Canzio: “Emerge una ricostruzione dell’istituto della famiglia intesa come comunità di vita e di affetti, incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti, all’interno della quale il criterio guida resta quello dell’interesse preminente del minore” (p. 25). Peccato che anche in questo caso la legge – rectius la Costituzione (art. 29) – contempli l’esistenza giuridica di una sola famiglia, quella fondata sul matrimonio, e non una di fatto. Convivenze et simila non sono “famiglia” per la nostra carta costituzionale, tanto meno quelle omosessuali, anche dopo l’approvazione della legge sulle Unioni civili.

Canzio insiste: “La Corte non può e non intende sottrarsi al dovere di apprestare tutela ai diritti fondamentali della persona. Ma demandare in via esclusiva alla giurisprudenza la soluzione di questioni che involgono scelte impegnative dal punto di vista etico-sociale non è la via preferibile, mentre sarebbe da privilegiare il percorso ermeneutico disegnato sulla base di una chiara ed esplicita volontà legislativa” (Ib.). Peccato – e siamo arrivati al quinto peccato mortale di questa relazione – che la legge abbia già parlato in modo esplicito e chiaro in merito alla stepchild adoption per coppie omo – vietandola – e su cosa sia famiglia – contemplando l’esistenza solo di quella matrimoniale. 

Dunque secondo l’autorevole parere del presidente della Cassazione la magistratura non è chiamata solo ad applicare la legge, ma anche a violarla, inventando norme ad hoc sia contra legem – norme illegittime – sia praeter legem – norme non contemplate dal nostro ordinamento giuridico. Il giudice in buona sostanza vuole fare il legislatore appropriandosi non solo della sua prerogativa di varare le leggi, ma anche di quella di proporre novelle legislative – come ha fatto Canzio nella sua relazione – quasi che il giudice avesse il potere di presentare disegni di legge.

Curiosa infine la posizione di questa magistratura la cui condotta ha ricevuto il sigillo del presidente dalla Cassazione. Da una parte i giudici possono e devono fare i picconatori del sistema, ma al riparo, sotto il tetto sicuro del sistema stesso, perché operano (ab)usando delle leggi e del potere assegnato loro dallo Stato. Rivoluzionari sì, ma nel furbo rispetto parziale delle istituzioni. Una sorta di rivoluzionaria tecnocrazia oligarchia, ma legale. Ricordano tanto quei giovani universitari del ’68 – oggi laureati e forse alcuni di essi giudici - rivoluzionari di giorno, in mezzo alle strade a protestare e lanciare molotov contro le forze dell’ordine vestiti di eskimo, ma poi alla sera festaioli e griffatissimi negli appartamenti borghesi di amici altrettanto borghesi.