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CONTINENTE NERO

Africa, cristianesimo forgiato nel sangue

La liberazione dei missionari Gianantonio Allegri e Gianpaolo Marta, Camerun, è una buona notizia. Ma è quasi l'unica. Perché i cristiani sono perseguitati in tutta l'Africa. Il motivo? Perché, nonostante tutto, il cristianesimo si diffonde.

Libertà religiosa 05_06_2014
I missionari liberati nel Camerun

Sono rientrati in Italia la sera del 3 giugno padre Gianantonio Allegri e padre Gianpaolo Marta, i missionari vicentini fidei donum rapiti il 4 aprile scorso in Camerun insieme a una suora canadese, Gilberte Bussier, e liberati il 1° giugno. Erano stati sequestrati nella loro parrocchia di Tchéré della diocesi di Maroua-Makolo che si trova nella regione dell’Estremo Nord, al confine con la Nigeria.

Benché mai rivendicato, il rapimento si ritiene sia stato compiuto dai jihadisti nigeriani Boko Haram che in Camerun hanno creato diverse basi e rappresentano una crescente minaccia. Padre Allegri e padre Marta concentravano il loro impegno missionario in particolare sul miglioramento della rete idrica nella loro parrocchia e sulla lotta all’Aids. Erano ben voluti e apprezzati sia dalla popolazione che dalle autorità: può darsi che siano stati scelti proprio per questo da Boko Haram che combatte per sradicare il cristianesimo e qualsiasi influenza occidentale e affermare il dominio islamico in Nigeria e ovunque riesca a estendere il proprio raggio d’azione.

La bella notizia della loro liberazione giunge in un momento peraltro piuttosto difficile per i cristiani d’Africa che pure hanno tanto di che rallegrarsi, in particolar modo i cattolici, per i dati diffusi nei giorni scorsi dall’Annuario Pontificio: dati che, considerando l’arco di tempo dal 2008 al 2012, indicano l’Africa come il continente con il maggior incremento del clero, 24%, e delle religiose professe, 16,7% e nel complesso rilevano nel continente una crescita consistente di fedeli e religiosi, nel quadro positivo di un aumento mondiale dei cattolici del 10,2% che porta il loro numero globale da 1.115 a 1.229 milioni.

Ma è forse proprio per questo che i jihadisti hanno intensificato le loro azioni e hanno alzato il tiro, e per la più generale avanzata del cristianesimo che ormai in Africa è maggioritario in 31 paesi su 54 ed è la fede di oltre il 48,3% della popolazione, avendo sorpassato gli islamici che ne costituiscono il 40,4%.

Nel Nord del Mali, mai del tutto liberato dagli integralisti islamici che se ne erano impadroniti nel 2012, jihadisti e secessionisti tuareg hanno riconquistato uno dei capoluoghi, Kidal, e compiuto nuove stragi. Nella Somalia ufficialmente “pacificata”, dopo oltre 20 anni di guerra civile, gli attentati di al Shabaab, il movimento antigovernativo legato ad al Qaeda, si verificano di nuovo con frequenza crescente, persino nella capitale Mogadiscio dove il 24 maggio i terroristi sono riusciti ad attaccare il parlamento. Al Shabaab inoltre minaccia Kenya e Uganda per aver osato inviare truppe a sostegno del governo somalo. L’allarme riguarda prima di tutto chiese e altri edifici religiosi, già più volte colpiti in Kenya e adesso a rischio anche in Uganda, stando ai servizi di intelligence. «Le chiese sono state informate del pericolo – spiega il reverendo Mead Birungi intervistato il 22 maggio da World Watch Monitor – le forze di sicurezza tentano di proteggere i luoghi di culto, si insegna a sacerdoti e fedeli che aspetto hanno gli esplosivi affinché possano identificarli». «I kenyani non possono più frequentare i luoghi di culto senza paura – così il Cardinale John Njue, presidente della Conferenza episcopale del Kenya, ha commentato la situazione nel suo paese in un’altra intervista a World Watch Monitor – uno stato per anni considerato un’oasi di pace nella regione, è diventato campo d’azione dei terroristi».

Brutte notizie arrivano anche dal vicino Sudan. Meriam, la donna condannata a morte per apostasia perché pur essendo nata da padre islamico si professa cristiana, ha partorito una bambina il 27 maggio, in carcere. La legge prevede che per due anni l’esecuzione sia rinviata affinché possa allattare la figlia. Ma è stata anche condannata a 100 frustate per aver avuto rapporti sessuali illeciti dato che, essendo suo marito cristiano, il suo matrimonio non è considerato valido. I giudici avevano stabilito che la punizione le venisse inflitta dopo il parto e quindi adesso può essere ordinata in qualsiasi momento: è dunque una corsa contro il tempo quella dei suoi avvocati che tenteranno ogni grado di appello per salvarla. Intanto è giunta notizia di un’altra donna cristiana denunciata per apostasia. È successo il 2 aprile scorso. Faiza Abdalla, figlia di islamici convertiti al cristianesimo, si era recata negli uffici dell’anagrafe della sua città per ottenere un documento d’identità: alla sua dichiarazione di essere cristiana pur portando un nome musulmano è scattato l’arresto. L’8 aprile, inoltre, il suo matrimonio, anche nel suo caso con un cristiano, è stato annullato.

Ma è in Nigeria che la violenza jihadista infierisce nel modo più crudele, con frequenza ormai pressoché quotidiana: un crescendo iniziato dopo il rapimento delle studentesse di Chibok per cui il mondo ha twittato il proprio sdegno. Gli ultimi attentati di Boko Haram, il 3 giugno, hanno preso di mira almeno sei villaggi nello stato di Borno in cui vige lo stato d’emergenza da oltre un anno. Il più cruento si è verificato nel villaggio di Attagara dove i terroristi hanno radunato in una chiesa gli abitanti e poi hanno aperto il fuoco uccidendo molte persone, non meno di nove, secondo un primo rapporto.

Il rapimento delle studentesse ha indotto molti nigeriani a protestare pubblicamente per l’inerzia quando non la connivenza delle autorità che lasciano libertà d’azione ai terroristi. Quasi ogni giorno nella capitale Abuja si sono svolte nelle ultime settimane manifestazioni organizzate per chiedere al governo maggiore fermezza nel contrastare i jihadisti e più impegno nella ricerca delle allieve sequestrate. Per tutta risposta il 2 giugno la polizia ha deciso di proibire d’ora in poi le proteste con la motivazione che “pongono una seria minaccia alla sicurezza” perché dei soggetti pericolosi potrebbero unirsi ai dimostranti.