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UNIONE EUROPEA

"Allarmi son fascisti!" L'ascesa della destra

Alba Dorata in Grecia, Fronte Nazionale in Francia, Jobbik in Ungheria: sono estremisti e piacciono sempre di più ai loro elettori. Per certi versi sono il prodotto dell'ignoranza economica. Ma c'è un'Unione Europea che fa paura.

Esteri 19_11_2013
Marine Le Pen

“Allarmi son fascisti!” La stampa di tutta Europa si risveglia con l’incubo dell’ascesa di un’estrema destra tutt’altro che democratica e conciliante, che non nega le sue origini ideologiche nel fascismo e nel nazionalsocialismo. A suonare la sveglia è il paese più malmesso d’Europa: la Grecia. Un sondaggio pubblicato il 16 novembre, il partito Alba Dorata risulta essere il primo, con il 26,6% dei consensi. Non si tratta di una destra democratica, ma dichiaratamente neonazista, con slogan e simboli che riecheggiano esplicitamente l’estetica e la retorica del Terzo Reich. Il secondo partito greco risulta essere Syriza, il cartello dei partiti dell’estrema sinistra, con il 22% dei consensi. I partiti che costituiscono l’attuale coalizione di governo, sia i conservatori di Nea Demokratia, sia (soprattutto) i socialisti del Pasok sono in caduta libera.

Ma non solo la Grecia assiste all’ascesa della destra estrema. Anche in Francia, culla dell’Europa, il Fronte Nazionale di Marine Le Pen è il primo partito, stando agli ultimi sondaggi: 24% dei consensi, contro il 22% dell’Ump (conservatore gollista) e il 19% dei socialisti, attualmente al governo e alla presidenza. Marine Le Pen sa gestire la sua immagine molto meglio del padre, si è smarcata completamente dalla retorica del neofascismo (il suo partito non ne discende neppure direttamente) e si presenta al pubblico come la vera gollista. Leggendo il programma, però, si trova tutta l’agenda della “destra sociale” nazionalista che caratterizza le formazioni della destra estrema. L’altro caso emblematico, nella Nuova Europa (quella ex comunista) è l’Ungheria, dove un partito come Jobbik, dichiaratamente razzista, filo-islamico, anti-occidentale, anti-semita, è arrivato fino al terzo posto, dietro ai conservatori di Fidesz (il partito del premier Viktor Orban) e i socialisti. Per riuscire a contenere la minaccia di estrema destra e mantenere la maggioranza, la destra conservatrice di Orban deve continuamente guardarsi le spalle dalla destra più a destra che c’è, fare concessioni programmatiche, concedendo anche qualche scivolata anti-semita, come l’assegnazione del prestigioso Ordine al Merito a personalità dichiaratamente anti-semite. E in Italia? Le passioni della destra non hanno un punto di riferimento, solo perché sono fatte proprie dall’anti-politica del Movimento 5 Stelle, sempre più dalla Lega Nord ed è possibile che anche la rinata Forza Italia (stando al discorso dello stesso Silvio Berlusconi) faccia sue molte delle tendenze populiste che sono in circolazione.

Un modo non superficiale di comprendere l’estrema destra è cercare di capire cosa vuole. Pur nelle loro grandi differenze, chiedono tutti le stesse cose: uscire dall’euro o anche dall’Ue, sganciarsi dalla finanza internazionale, espellere gli immigrati, garantire un reddito, un tetto e un lavoro ai compatrioti e resuscitare una forte identità nazionale.

Questa tendenza nasce da un malinteso e da una paura fondata. Il malinteso consiste nell’attribuire all’Ue, alla globalizzazione e alla finanza internazionale (e agli ebrei e all’intera civiltà occidentale, nel caso di Jobbik) quelli che sono gli errori dei governi nazionali. Il governo socialista ungherese e quello socialista greco avevano truccato i loro bilanci per nascondere il debito ed entrare l’uno nell’Ue e l’altro nell’euro. Poi hanno continuato sulla loro strada, sbagliata, fatta di eccessi di spesa pubblica. Finché hanno speso più di quanto i loro cittadini non potessero permettersi. L’Ue non ha colpa per la crisi economica, perché è semmai disponibile a fornire credito, purché lo Stato nazionale abbia i conti almeno un po’ in regola. Se Orban fatica a rimettere in pista l’economia ungherese e i greci sono sprofondati nel baratro della crisi, lo devono esclusivamente a quelle politiche. La Francia, che è uno dei fondatori dell’Ue, ha un problema ancora più antico, perché sia gollisti che socialisti hanno accuratamente evitato di riformare uno Stato sociale ingombrante, iper-regolamentato e ormai insostenibile. E ormai la crisi è alle porte anche a Parigi. L’Italia rischia di fare la stessa fine dei “cugini” greci e ungheresi, perché quando Prodi ci ha portato a tutti i costi nell’eurozona, non avevamo i parametri in regola. Abbiamo barattato un ingresso ora, per rimettere in sesto i conti poi. E nessuno li ha rimessi in sesto. L’errore capitale dei governi nazionali attualmente in crisi è stato quello di credere che “dentro l’Europa si risolverà tutto”. Ma l’appartenenza all’Ue e all’euro portano benefici solo se uno Stato ha già di suo una struttura e delle finanze abbastanza solide per potersi permettere questo impegno. Altrimenti l’Ue un’insopportabile camicia di forza.

La paura fondata, su cui l’estrema destra si fa forza, però, è quella di una perdita di identità nazionale e religiosa. E l’Ue sembra fatta apposta per alimentarla. Giusto per eliminare ogni dubbio: ogni nazione e ogni popolo ha la propria identità. Gli Usa che sono multietnici e democratici e non hanno mai conosciuto il fascismo, hanno una forte identità nazionale e cristiana. Così anche il Regno Unito, che è una democrazia antichissima che ha sempre combattuto tutti i totalitarismi. L’Unione Europea, pur avendo l’ambizione di sostituirsi agli Stati nazionali per costruire uno Stato multi-nazionale su scala continentale, è invece totalmente priva di una sua identità. Ha sprecato l’occasione di inserire qualunque riferimento alle radici cristiane nel preambolo della sua costituzione. E non lo ha fatto per tener fuori nazioni musulmane candidate (come l’Albania e la Turchia): sarebbe stato già più onesto. Lo ha fatto per la resistenza opposta soprattutto dalla Francia, che vuole tener fuori la Turchia, ma intende anche imprimere all’Ue il suo modello di Stato laicista. Fra i costituenti è alla fine prevalsa l’idea di fare dell’Europa un’architettura puramente avulsa di identità, “libera” da religione e sentimenti nazionali. Lo dimostra anche l’impegno assiduo con cui l’Ue perseguita l’Ungheria di Orban, solo perché nella sua nuova costituzione ha inserito riferimenti, principi e valori cristiani e nazionali. Lo dimostra anche l’accanimento con cui l’Ue promuove ogni forma di repressione del pensiero “non conformista” nel nome della moda politicamente corretta.

Un’Unione Europea priva di valori alla sua radice rischia tuttora di fare la fine che Papa Giovanni Paolo II aveva già descritto nella sua enciclica Veritatis Splendor. Dopo il collasso delle dittature marxista, ora: «Il rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità. Infatti, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».

L’Ue, come sottolineava anche Margaret Thatcher (una storica, strenua oppositrice di questo disegno multinazionale), è la tomba della democrazia. «È ironico vedere che proprio quando Paesi quali l’Unione Sovietica, che ha cercato di dirigere tutto dal centro, sta capendo che il successo dipende dalla dispersione del potere e delle decisioni fuori dal centro, qui vi siano alcuni, nella Comunità, che sembrano muoversi nella direzione opposta – diceva nel suo celebre discorso a Bruges nel 1988 - Non abbiamo fatto arretrare le frontiere dello statalismo in Gran Bretagna solo per vederle imporre di nuovo, a livello europeo, da un nuovo super-Stato europeo che esercita un nuovo dominio da Bruxelles. Certamente, noi vogliamo vedere un’Europa più unita e dotata di un maggior senso di comuni intenzioni. Ma in un modo che preservi le differenti tradizioni, i poteri dei parlamenti e il senso dell’orgoglio nazionale nel proprio Paese, di tutte quelle che sono state le fonti della vitalità europea nel corso dei secoli».

L’Ue non poteva nascere se non come coalizione stabile di nazioni cementata da comuni radici cristiane. Si sta invece configurando veramente come un super-Stato burocratico, deliberatamente privo di valori, lontano dai cittadini, ma intento a emettere obblighi, divieti, prescrizioni e a combattere ogni identità. Una Torre di Babele.

Alla fine, non stupiamoci se, in tempi di crisi economica, riemergano i nazionalismi, cioè la versione caricaturale, estremizzata e talvolta violenta delle identità dei popoli.