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ANNIVERSARI

Antony Flew, il darwinista convertito da C.S. Lewis

Antony Flew rimase impressionato dal dibattito fra lo scrittore C.S. Lewis e la filosofa Elizabeth Annscombe e perfezionò il suo ateismo militante. Ma a 80 e passa anni, "quel vecchio tarlo" instillato da Lewis prevalse.

Cultura 23_11_2013
Antony Flew

Antony Flew è scomparso nel 2010 a 87 anni. Inglese, filosofo di chiara fama, nel 2004, a 81 anni, si convertì dopo una vita trascorsa non solo a professare l’ateismo più irriducibile, ma a farne un credo, una questione di sanità mentale, una causa militante. Tanto che Richard Dawkins, l’impenitente “rottweiler di Darwin” (da ateo Flew difendeva l’evoluzionismo come prova provata dell’inesistenza di Dio), biologo materialista convinto che la fede religiosa sia soltanto una patologia del cervello umano, ha sostenuto pubblicamente che la metanoia di Flew è stata solo effetto di demenza senile. Ma cosa era capitato a Flew, a 80 e passa anni suonati? Aveva incontrato C.S. Lewis (1893-1963), ben 55 anni prima; anzi, con lui si era scontrato.

Lewis insegnava Letteratura medioevale e rinascimentale all’Università di Oxford. La sua fama di fervido apologeta cristiano lo precedeva ovunque. A Oxford, assieme a colleghi e a studenti, aveva creato il Socratic Club, un tavolo che settimanalmente metteva a confronto atei e credenti su temi stringenti di fede e di morale. Il 2 febbraio 1948, il Socratic Club ospitò un confronto fra lo stesso Lewis e la filosofa Elizabeth Annscombe, entrambi irlandesi, lei allieva del maestro austriaco della logica contemporanea Ludwig Wittgenstein (1889-1951). L’argomento era un recente libro di Lewis dal titolo inequivocabile, Miracles: A Preliminary Study, uscito nel 1947, in italiano pubblicato come Miracoli. Uno studio preliminare (Lindau, Torino 2010). Al pari di Lewis, la Annscombe era cristiana; anzi, laddove Lewis era e sempre rimase anglicano (con grande rammarico del cattolico J.R.R. Tolkien, che fu decisivo per il suo ritorno alla fede), seppur anglicano “alto”, altissimo, la Annscombe era e sempre fu cattolica osservante e praticante. A Lewis contestò certe impostazioni filosofiche. Si narra che sia stata l’unica volta che Lewis sia uscito sconfitto da un dibattito, e la cosa lo segnò così profondamente da spingerlo a ritoccare il suo famoso libro per la seconda edizione, uscita nel 1960.

Ebbene, giovane studente, tra il pubblico venuto per assistere al duello Lewis-Annscombe vi era anche Flew, che quel dì non se l’è mai scordato. Il dibattito fra quei due diversi apologeti della fede lo toccò, lo irritò, lo indispettì tanto che fu proprio a partire dalle frequentazioni del Socratic Club che Flew maturò ed elaborò il proprio ateismo ragionato. Quando poteva, vi prendeva la parola per sostenerne le motivazioni e addirittura nel 1950 vi presentò il suo manifesto, Theology and Falsification. Tutto per confutare quelle idee balzane su Dio che il Socratic Club difendeva, tutto per ridicolizzare con aplomb quel Lewis per il quale i miracoli non solo avvengono ma pure nonsono contrari alla ragione.

Rilasciando un’intervista nel 2005, Flew, l’ex arcinemico di Dio, ricordò proprio quei dibattiti e quelle pretese, quel Socratic Club e quel Lewis che non lasciava tranquilli, e candidamente affermò che quel vecchio tarlo alla fine aveva vinto. Come già era stato per Lewis, Flew si era arreso, sorprendendosi costretto ad ammettere che Dio esiste proprio come la logica e l’intelligenza non possono non dire.

Era stata la scienza, e l’onestà intellettuale con cui, anche negli anni trascorsi in lotta contro il Cielo, Flew l’aveva osservata, ascoltata e coltivata, a fargli mutare parere, ragionevolmente. In particolare sono stato gli sviluppi della ricerca biologica nell’infinitamente piccolo e i progressi compiuti nello studio del genoma a convincerlo che l’unica posizione davvero scientifica e a norma di ragione umana è quella di un “progetto intelligente” sulla natura che per ciò stesso postula sopra la natura un progettista, e che progettista. Gli ultimi anni della propria vita Flew li ha trascorsi lavorando, fedele, a questa prospettiva completamente nuova, con la freschezza di un giovincello. Ai posteri ha lasciato il racconto del suo percorso in un libro bello e avvincente del 2007, Dio esiste. Come il più famoso ateo del mondo ha cambiato idea (trad. it., Alfa & Omega, Caltanissetta 2010).

A 50 anni esatti dalla morte di Lewis, c’è ancora molto da esplorare in quel metodo in cui il miracolo converte la scienza impiegando bene la ragione e il diritto naturale, come si evince dal brillante, vecchio, The Restitution of Man: C.S. Lewis and the Case Against Scientism (2a ed. Erdmans, Grand Rapids [Michigan] 1998), di Michael D. Aeschlimann, e dal nuovissimo The Magician’s Twin: C.S. Lewis on Science, Scientism, and Society, curato da John G. West jr. e pubblicato dal famoso Discovery Institute, di Seattle, vale a dire il più grande bastione mondiale dell’Intelligent Design che di fatto è un’accademia di apologeti lewisiani radunati da ogni confessione cristiana. Aveva del resto visto bene il fisico e sacerdote benedettino Stanley L. Jaki (1924-2009) quando, anni fa, pubblicando Chesterton: A Seer of Science (University of Illinois Press, Urbana 1986), illustrò il matrimonio fecondo tra Dio e la ragione che sa corroborare la scienza e supportare la fede partendo dal maestro di realismo che a Lewis ha insegnato questo “bel mestiere”.