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IL DIBATTITO/ 1

Basta chiedere allo Stato. Le scuole paritarie facciano da sole

Matteo Borghi ha bene descritto sulla Nuova Bussola Quotidiana (clicca qui) la persistente discriminazione della scuola paritaria presente anche ne "La Buona Scuola" di Matteo Renzi. Ma oggi la situazione è cambiata. Le scuole cattoliche deve uscire dallo Stato perché non producono educazione alternativa.

Educazione 29_05_2015
Le scuole paritarie escano dallo Stato

Matteo Borghi ha bene descritto sulla Nuova Bussola Quotidiana (clicca qui) la persistente discriminazione della scuola paritaria presente anche ne "La Buona Scuola" di Matteo Renzi. Tutte le sue osservazioni sono condivisibili. Però appartengono al passato. Oggi la situazione è cambiata. La scuola cattolica deve uscire dallo Stato. Il cosiddetto "sistema pubblico integrato" (ossia la scuola statale insieme alle paritarie in un unico sistema educativo pubblico) è insufficiente. Abbiamo passato decenni a sostenere le tesi che ha sostenuto Borghi nel suo articolo e il risultato è non solo che le paritarie sono ancora a carico delle famiglie, ma anche che sono assorbite nello Stato e non producono educazione alternativa.

Con la questione gender a scuola abbiamo capito che la distorsione dei cervelli e dei cuori dei nostri ragazzi è istituzionalizzata. C'è una rete tra Comuni, scuole, sindacati, associazionismo parallelo, ordini professionali che ingabbia l'insegnamento. A questa rete non si sottraggono le scuole paritarie. I libri di testo, i percorsi didattici, le tematiche di fondo trattate in classe, le modalità delle verifiche, i criteri di valutazione, le attività interdisciplinari e così via sono le stesse nella scuola statale e nelle paritarie. Se poi dovesse essere approvato il ddl Fedeli, l'insegnamento del gender diventerebbe obbligatorio e quindi dovrebbero attenervisi anche le scuole paritarie. Nelle quali c'è un desiderio di imitazione della scuola statale molto più forte di quanto si pensi. 

Il timore dei commissari governativi agli esami induce a imitare quanto si fa alle statali, l'ossequio alle circolari è spesso pedissequo. L'introduzione di nuove tipologie di prove - pensiamo alla cosiddetta "terza prova" al l'esame di Stato - hanno notevoli ripercussioni sul modo di lavorare in classe e lo Stato, imponendo quelle, impone anche una didattica e un concetto di educazione. In altre parole, il sistema pubblico integrato ingabbia ancora la scuola cattolica dentro le maglie dello Stato. La chiamiamo scuola libera, ma non lo è. Rivendichiamo la parità economica come fosse la libertà e questo non ci fa vedere le nuove minacce. 

Oggi la scuola cattolica, se vuole essere veramente libera, deve uscire dallo Stato. Lasci perdere la richiesta della parità che la rende suddita. Faccia fare agli studenti ogni anno gli esami di ammissione. Questo può avere il risultato positivo di far loro sperimentare quanto sono più preparati. Cerchi di ridurre i costi di gestione utilizzando gli stessi genitori, riducendo l'orario scolastico, facendo cose alternative e a basso costo. Si faccia lezione in casa o in strutture messe a disposizione di parrocchie, diocesi o conventi. Si costituiscano classi piccole ma bene integrate, risparmiando su figure apicali, intermedie o di segreteria. La ginnastica la si può fare anche all'aperto o ai giardini comunali. In periodi di normale conflittualità, la scuola paritaria può andare bene. Ma oggi non siamo più in periodi simili. Oggi la scuola sta diventando un sistema di rieducazione forzata condotta all'insaputa dei genitori. Bene la resistenza, bene le denunce, bene la mobilitazione anti gender dei genitori. Ma l'impegno oggi impellente è uscire dallo Stato.