Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
DON GNOCCHI, DON POLLO E OLIVELLI

Beati Alpini, le penne nere che sono in Paradiso

Ben tre alpini d’epoca recente sono stati beatificati dalla Chiesa. E' un record assoluto in tutti i corpi militari. Il più celebre è Don Gnocchi, che fece la campagna di Russia. Poi un altro cappellano militare, don Secondo Pollo. E l'alpino partigiano bianco Teresio Olivelli, ucciso nel lager di Hersbruck soccorrendo gli altri prigionieri.

Cultura 12_05_2019
Teresio Olivelli

Certo, i tempi sono quelli che sono, perciò può capitare di imbattersi, come è successo al sottoscritto ieri nel centro di Milano, in un «alpino», partecipante al Raduno del Centenario, con l’acconciatura dei capelli «rasta» e lunghi fino alla schiena anche se grigi. Però su di essi teneva il «bantan» con la celebre penna nera. Ieri mattina, in zona Loreto, sfrecciavano alpini a bordo di utilitarie d’epoca (ho visto una 500 e una Bianchina) col clacson che intonava Dixie, l’inno dei Sudisti della Guerra di Secessione americana. Ma l’adunata è allegra, e bisogna ricordare che non ci sono altri corpi militari, neanche all’estero, così affiatati e legati alla tradizione come gli Alpini italiani. Qualcuno, certo, potrebbe addurre gli Schützen tirolesi, ma solo gli alpini sono in grado di mobilitare la cifra spropositata di ben mezzo milione di aderenti, come in questi giorni a Milano.

E c’è un altro record che gli alpini possono vantare, e che noi della Bussola intriga più del folklore. Ben tre alpini d’epoca recente (il periodo della seconda guerra mondiale) sono stati beatificati dalla Chiesa. Uno è piuttosto noto: don Carlo Gnocchi, cappellano alpino nella campagna di Russia, autore del bestseller Cristo con gli Alpini e fondatore dell’Opera dei Mutilatini. La sua tomba, a Milano nell’ospedale che porta il suo nome, è sormontata dal suo cappello da alpino, quello che portava quando militava nella leggendaria Julia. L’altro Beato alpino era cappellano pure lui: don Secondo Pollo, caduto sul fronte balcanico e medaglia d’argento. Un paio d’anni fa, però, che il vento, anche nella Chiesa, fosse cambiato lo videro, gli alpini, quando un vescovo censurò la loro tradizionale «preghiera» perché non consona al nuovo spirito pacifista e buonista. Ora, tutti i corpi militari hanno una loro speciale preghiera. Che non sarebbe speciale se non contenesse riferimenti al «mestiere» di chi la recita. Ma non ci sono solo i catto-, tant’è vero che i soliti utili idioti (copyright Lenin) dei soliti centri sociali a Milano hanno imbrattato di scritte «antifasciste» muri e vetrine in occasione del Raduno.

Chissà che direbbero se sapessero che il terzo Beato alpino cui accennavamo era un partigiano. Però «bianco», ovviamente, e dunque «nemico di classe» del Sol dell’Avvenire. Perciò nisba. Vabbe’, lascia che gli asini raglino: come diceva sant’Escrivà de Balaguer, non si può insonorizzare la campagna. Il Beato alpino e partigiano si chiamava Teresio Olivelli, nato a Bellagio (Como) nel 1916 e morto a Hersbruck in Baviera il 17 gennaio 1945. Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Si presentò all’esame di diploma col distintivo dell’Azione Cattolica all’occhiello, sebbene questo fosse vietato dal regime fascista. Era assistente alla cattedra di diritto amministrativo a Torino quando, nel 1941, si arruolò volontario nella Tridentina. Tornato dalla Russia nel 1943 finì arrestato dai tedeschi e deportato in Austria. Riuscì a evadere e arrivò a Brescia, dove si unì alla resistenza. Fondò anche un foglio clandestino, Il Ribelle. L’anno dopo fu riconosciuto a Milano e riarrestato. Dal carcere di San Vittore a quello di Fossoli, poi Bolzano, infine il lager di Flossenbürg. Da qui, vedendo il suo spirito caritatevole nei confronti degli altri prigionieri (organizzava addirittura corsi di catechismo in varie lingue), lo deportarono in un buco peggiore, Hersbruck, dove le SS lo malmenavano ogni volta che veniva sorpreso a soccorrere i malati o dare la sua razione ai moribondi. Fino al 1945, quando cercò di parare col proprio corpo le mazzate che i kapò stavano infliggendo a un poveraccio. Si prese un violentissimo calcio nello stomaco. Ci mise due settimane a morire. Il 3 febbraio 2018 è stato proclamato Beato. Se andate su Wikipedia c’è la sua foto in divisa da alpino. Barba compresa.