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GIUSTIZIALISMO

Caso Mastella, va processata la giustizia-spettacolo

La politica italiana, in molti casi, viene decisa nei tribunali, indipendentemente dall'esito del processo. Clemente Mastella è l'ultima vittima della giustizia-spettacolo in ordine di tempo: per nove anni ha subito un processo che si è concluso con un'assoluzione. Ma che nel frattempo ha trascinato nel fango la reputazione sua, della moglie e del partito.

Politica 15_09_2017
Clemente Mastella

In una democrazia matura la storia politica dovrebbero scriverla gli elettori, non le Procure. In Italia è accaduto che molte pagine di vita dei Palazzi del potere siano state scritte nei tribunali con verdetti discutibili che hanno ribaltato la volontà popolare e capovolto il corso degli eventi.

L’ultima vicenda in ordine di tempo è l’assoluzione di Clemente Mastella, decisa in primo grado dal Tribunale di Napoli al termine del processo nato nel 2008 a Santa Maria Capua Vetere, e che provocò, tra l’altro, la caduta dell’allora governo Prodi.  "È una riparazione a dieci anni di sofferenze – ha commentato Mastella, attualmente sindaco di Benevento - perchè è una vicenda che ha toccato tutta la mia famiglia". E ha aggiunto: "Non auguriamo a nessuno quello che è successo a noi. Ricordo quello che mi disse Andreotti: a me hanno risparmiato la famiglia, a te neppure quella". In queste parole c’è il riassunto dello stato d’animo dell’ex Guardasigilli dell’epoca, ma anche la rappresentazione plastica dei danni che possono provocare le lungaggini della giustizia (nove anni per una sentenza di primo grado!) e il doloroso corollario dell’annesso circo mediatico-giudiziario.

Mastella nel 2008 era Ministro della Giustizia del secondo governo Prodi e si dimise quando fu diffusa la notizia dell’arresto della moglie Sandra Lonardo, all’epoca Presidente del Consiglio regionale campano, disposto proprio nell’ambito di quell’indagine. Le contestazioni si riferivano a presunte pressioni per le nomine in alcuni incarichi. Fra queste anche quella ipotizzata su Antonio Bassolino, all’epoca presidente della Regione, per una nomina alla Asl di Benevento. Pressione smentita dallo stesso Bassolino, ascoltato in aula, che parlò di semplici accordi politici.

La sentenza dei giorni scorsi assolve nel merito l’ex ministro, oggi sindaco di Benevento, la consorte e gli altri due coimputati, l’ex consuocero Carlo Camilleri e l’avvocato Andrea Abbamonte, anch’essi, all’epoca dei fatti, dirigenti dell’Udeur.

Dunque l’"Udeur connection” (dal nome del partito di cui era segretario lo stesso Mastella) non esisteva e non costituiscono reato i fatti e le accuse che provocarono all’epoca un vero e proprio terremoto politico. Si ricorderà che il governo Prodi si reggeva su due voti di maggioranza e che, a seguito della sua caduta, vennero sciolte le camere e alle elezioni successive vinse il centrodestra di Berlusconi. 

Il sindaco di Benevento, però, non si ferma ai festeggiamenti liberatori e insinua un sospetto: "Io credo che dietro la mia vicenda non ci siano i giudici ma i servizi segreti: i cronisti ricevettero i files delle mie intercettazioni a Napoli da uno della prefettura. E questo la dice lunga". Se fosse così, sarebbe davvero grave e si potrebbe confermare la tesi delle strane commistioni tra poteri per determinare le sorti della politica nazionale. 

Una riflessione va anche fatta sulle parole dell’avvocato di Mastella, Alfonso Furgiuele: "Politici e magistratura devono discutere per cercare di evitare che si protraggano processi così lunghi. C’è uno sbilanciamento del processo penale: dall’accertamento della verità in sede di giudizio fino alla fase dell’indagine preliminare. In sostanza, si colpiscono le persone con misure cautelari, ma l’accertamento viene dopo anni. C’è qualcosa che non funziona. Lo sbilanciamento, a mio avviso, dipende da un’ipertrofia dell’operato del pubblico ministero e da un mancato controllo giurisdizionale in fase iniziale. Questi processi dovrebbero chiudersi subito. Non è pensabile che in un episodio che si sarebbe verificato nel lontano 2006, il pubblico ministero non abbia mai sentito l’esigenza di ascoltare la persona offesa". 

Non si dimentichi, inoltre, il risvolto, non secondario, del linciaggio mediatico subito da Mastella, che ora giustamente chiede che vengano spazzate via dalla Rete tutte le cattiverie dette sul suo conto: "Io chiedo ai social, a Wikipedia, di far scomparire le cose negative che mi riguardano. Queste cose devono sparire, altrimenti con il professore denunceremo chi fa circolare cattiverie del genere, perché sono stato assolto con formula piena. Sono cose che mi hanno umiliato e ferito". 

Manco a farlo apposta, proprio qualche giorno fa l’ex pm Antonio Di Pietro aveva recitato il “mea culpa” sulle inchieste di Tangentopoli, ammettendo errori, eccessi e approssimazioni. La sentenza di assoluzione riguardante Mastella ripropone una delle principali emergenze del nostro Paese: la giustizia-spettacolo, che lede i diritti fondamentali delle persone, orienta il corso delle vicende politiche e, con l’amplificatore della stampa giustizialista, sottopone a una vera e propria gogna mediatica i protagonisti. Sulla necessità di fronteggiare quest’emergenza dovrebbero essere d’accordo tutte le forze politiche, gli operatori della giustizia, ma anche l’intero mondo dell’informazione.