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DIBATTITO

Cercasi strada per dare seguito ai Family Day

Le vicende degli ultimi anni hanno messo in evidenza un dato incontestabile. Quel popolo delle famiglie che nel giro di pochi mesi si è dato appuntamento due volte a Roma non ha un’adeguata rappresentanza politica. Come cambiare questo stato di cose?

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Famiglia 02_03_2016
Family Day 2016

Family Day 2016

Le vicende degli ultimi anni intorno alle proposte di legge contro l’omofobia, per le unioni civili e per l’introduzione dell’ideologia gender nelle scuole hanno messo in evidenza un dato incontestabile. Quel popolo delle famiglie che nel giro di pochi mesi si è dato appuntamento due volte a Roma non ha un’adeguata rappresentanza politica, è sostanzialmente ignorato laddove si decidono le sorti dell’Italia. A parole sono in tanti a difendere la famiglia, all’ultimo Family Day hanno aderito circa 150 parlamentari, ma a condurre una battaglia vera in Senato sono stati poche unità. Tanti i motivi, non ultima la confusione che regna nella gerarchia cattolica; che in tanti suoi esponenti autorevoli ha ritenuto buona oggi una soluzione peggiore di quella per cui aveva chiamato alla protesta di piazza nel 2007. Per quanto riguarda poi l’origine del comportamento di tanti politici “cattolici” si rilegga l’intervista a monsignor Crepaldi.

Resta il dato di fatto: c’è un popolo, che costituisce l’ossatura del nostro Paese, che è anche la testimonianza visibile dei valori su cui si fonda la nostra Costituzione, che viene dileggiato da un Potere che controlla governo, Parlamento, media e magistratura (la nuova sentenza creativa di ieri in fatto di adozione per coppie omosessuali ne è l’ennesima dimostrazione). È un popolo che non trova rappresentanza, tanto che per fare sentire la sua voce si è praticamente autoconvocato.

Ora, dopo tutti gli ultimi accadimenti nasce la domanda: come dare continuità e incisività a questa mobilitazione? Come far sì che questo popolo, questa fetta importante di Italia conti qualcosa anche quando si mette mano a leggi che lo riguardano? Come garantirgli insomma quella rappresentatività che oggi manca? È questa la domanda oggi più ricorrente e il presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, Massimo Gandolfini, ce lo ha confermato nell’intervista pubblicata lunedì da La Nuova BQ. Le proposte sono diverse, ma sostanzialmente possono essere raggruppate in due opzioni: formare un nuovo partito oppure strutturarsi come movimento. In mezzo un ventaglio di possibilità. Ma non può essere solo una questione di forme. Al fondo c’è la necessità di dare sostanza e stabilità a una presenza che non può essere ridotta a sporadiche chiamate in piazza.

Su questo tema la Nuova Bussola Quotidiana vuole aprire un dibattito, che non riguarda solo il Comitato organizzatore dei Family Day, ma tutti quanti: nei prossimi giorni inviteremo a pronunciarsi sia nostri collaboratori sia i responsabili delle varie associazioni che hanno aderito ai Family Day, ma ci sarà spazio anche per il contributo di tutti i lettori. Mi permetto solo qualche nota introduttiva, che può essere un ulteriore spunto per altri interventi.

Credo che l’esperienza passata – vedi Family Day 2007 – dovrebbe insegnare a non pensare di ridurre tutto a un “progetto politico” o, peggio ancora, partitico. Pensare di incassare immediatamente i dividendi dei Family Day in termini di presenza in Parlamento può essere una grande tentazione ma può rivelarsi facilmente una altrettanto grande illusione. 

Anzitutto perché tale presenza sarebbe per forza di cose limitata, sia che nasca un nuovo partito sia che ci si candidi in partiti già esistenti. Un nuovo partito - anche se non fosse monotematico e aspirasse invece, come diceva Giovanni Paolo II, a fare della famiglia il prisma attraverso cui devono passare tutte le politiche – sarebbe destinato a prendere solo una parte dei voti delle famiglie che pure hanno sostenuto i Family Day. È vero che oggi la situazione politica è molto fluida, c’è un centrodestra allo sbando, e – come insegna la storia dei grillini – c’è spazio per sorprese, ma realisticamente si potrebbe aspirare al massimo a una piccola pattuglia di eletti in Parlamento. Cosa ovviamente da non disprezzare, ma se tutta la mobilitazione di questi mesi si riducesse al lavoro di un gruppetto di neo-parlamentari ci si ritroverebbe esattamente al punto in cui siamo oggi.

Ma soprattutto, dando per scontato che a candidarsi siano anzitutto le persone che oggi rappresentano il Comitato Difendiamo i Nostri Figli, significherebbe decapitare ancora una volta il movimento. Esattamente come accadde nel 2007. Con il risultato di disperdere le energie nate da questa mobilitazione, che invece è quella che fa più paura al Potere, perché non è controllabile. Ne è una dimostrazione il comunicato del presidente del Consiglio Matteo Renzi in risposta a Gandolfini che evocava – anche sulla Nuova BQ - una mobilitazione per il “no” alla riforma costituzionale per la quale ci sarà un referendum in ottobre. Renzi, che sulla riforma costituzionale ha scelto di giocare il suo futuro politico, non riesce a capire cosa c’entrino le unioni civili con la riforma costituzionale e si dice pronto a girare tutte le parrocchie (questa sì che è una minaccia!) per spiegare la sua riforma. In altre parole, ha paura proprio di un movimento che si muove libero nella società. Un movimento che, così come porta due milioni di persone in piazza, potrebbe anche risultare decisivo per bocciare la riforma costituzionale.

Qualunque sia la strada che si prenderà la cosa più importante sarà comunque rafforzare il movimento delle famiglie, anche da un punto di vista culturale; rendere esso stesso un soggetto politico capace di incidere sull’agenda del governo e del Parlamento, renderlo un gruppo di pressione anche a livello locale. Forse bisogna guardare con più attenzione a cosa succede in Francia dove la Manif pour Tous ha colto importanti successi pur non essendosi costituita in partito.

In ogni caso il dibattito è aperto.

 

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