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EUTANASIA

Consulta di bioetica o club della "dolce morte"?

A Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica, non è piaciuto quello che la Bussola ha scritto su Brittany Maynard, la giovane che ha deciso di suicidarsi con l'eutanasia. E attacca l'articolo in proposito, falsificandolo e travisandolo. A Mori non è piaciuto neppure l'intervento del Vaticano che contestava la dignità dell'eutanasia.

Vita e bioetica 08_11_2014
Brittany Maynard

La Nuova Bussola straparla. A scriverlo è Maurizio Mori, presidente della laicissima Consulta di Bioetica, in un comunicato stampa di giovedì scorso dal titolo eloquente: “La scelta di Brittany, ormai i cattolici straparlano: non sapendo più che dire, arrivano a paragonare la morte di Brittany a quella di Stefano Cucchi!”. Chiamato da Mori alla lavagna per scrivere cento volte “Non devo più dire assurdità” è Luigi Santambrogio che sempre giovedì, su queste colonne, ha firmato l’articolo “Stefano, Brittany e lo Stato che si fa giustiziere”. (clicca qui) La materia del contendere è data da una parte dalla morte di Stefano Cucchi e dall’altra dal recente suicidio della giovane Brittany Maynard malata terminale di tumore.

Al presidente della Consulta fa venire l’orticaria questa frase di Santambrogio, frase che chiude il pezzo: «occorre […] considerare l’eutanasia di Brittany come la continuazione della stessa violenza su Cucchi con altri mezzi». Mori così commenta il bolo amaro: «l’accostamento è semplicemente assurdo e mostra non solo il terribile vuoto culturale ormai presente nel mondo cattolico, ma anche la protervia tesa a imporlo agli altri unita allo sconcerto di chi non sa più a che santo votarsi. L’assurdità di tale paragone diventa palese ove si consideri che la scelta di Brittany era volontaria e fatta per evitare l’inesorabile perdita di dignità prodotta da una terribile malattia, mentre Stefano Cucchi NON ha affatto scelto di morire e non avrebbe neanche dovuto essere posto in condizioni di pericolo di vita. […] Solo il furore ideologico dettato dalla sacralità della vita ormai messa all’angolo può suggerire l’analogia proposta».  Ammettiamolo: come non essere d’accordo con Mori quando parla di «terribile vuoto culturale» del mondo cattolico? A volte noi tutti ci sentiamo, chi più chi meno, come degli astronauti sospesi in questo vuoto. Per fortuna che c’è la stazione orbitale “Chiesa cattolica” a tenerci agganciati a lei e a non farci andare alla deriva nell’infinito del non senso.

Detto questo, comunque per Mori i cattolici straparlano. Ma se questi straparlano lui stralegge. Infatti è lo stesso Santambrogio nelle righe precedenti a esprimere per ben due volte il medesimo concetto articolato da Maurizio Mori: «a differenza di Stefano, lei [Brittany] la morte l’ha scelta. […] La differenza sta nella libertà di scelta: Cucchi non ha firmato nessuna liberatoria alla propria distruzione per mano di medici ignavi o carcerieri violenti». Quindi Santambrogio può ritornare al posto perché il fatto non sussiste.  Quest’ultimo – e spiace glossare tanta chiarezza di esposizione – intendeva invece solo mettere in luce un’analogia: sia nel caso Cucchi che in quello di Brittany lo Stato permette la morte di un cittadino. Nella prima ipotesi contro la volontà di questi, nel secondo caso in accordo ai suoi desiderata. E questa non è nient’altro che violenza di Stato.  I miasmi del «furore ideologico» accennato da Mori forse a volte appannano le lenti dei propri occhiali quando si leggono alcune notizie.

Un altro scolaretto poco diligente chiamato da Mori alla lavagna per punizione è monsignor Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Anche in questo caso c’è un bando della Consulta dal titolo: “Il Vaticano sbaglia su Brittany: confonde la sacralità della vita con la dignità della persona”. Matita blu per un paio di frasi del cardinale rilasciate all’agenzia Ansa: «la dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita». Per Mori il peccato è di omissione: Carrasco sarebbe reticente nel spiegare in cosa consista questa “dignità”. Altro passaggio da censurare: «suicidarsi non è una cosa buona, è una cosa cattiva perché è dire no alla propria vita e a tutto ciò che significa rispetto alla nostra missione nel mondo e verso le persone che si hanno vicino». Concetti da non condividere perché ««proprio suicidandosi Brittany ha realizzato la propria missione nel mondo: l’ha fatto dando un esempio che possa facilitare anche altri. […] È in questo che sta la dignità di morire: nel decidere quando è meglio andarsene prima di essere sopraffatti dalla malattia. Per questo dobbiamo ringraziare Brittany». 

Rispondiamo quasi con un sms. Carrasco non spiega cosa è la dignità per evidenti motivi di spazio: le notizie dell’Ansa non sono lunghe un’enciclica. Essendo esponente di spicco di Santa Romana Chiesa, il presidente della Pav rimanda implicitamente al portato dottrinale del Magistero. La dignità umana è la preziosità intrinseca della natura umana. Quest’ultima inclina sempre alla vita, anche quando si è malati terminali. Uccidersi è contrastare con questa inclinazione e quindi entrare in contraddizione con la natura del proprio essere, con la dignità della propria persona. Dignità-preziosità che non possono essere intaccate dal dolore, dalla malattia, dalla perdita di alcune funzioni anche elevate: si rimane uomini sempre, anche con pochi giorni di vita immersi nella sofferenza (il valore di un Van Gogh rimane immutato anche se fosse appeso in una stalla). Il difficile è comportarsi da uomini sempre, cioè assumere scelte consone alla propria dignità. Togliersi la vita non è tra queste, perché il nostro stesso essere esige la vita. Non esiste quindi nessuna “missione” suicida, a meno che non si intenda il proprio suicidio come atto terroristico. Farsi esplodere con una dose di Pentothal al fine di diffondere il credo eutanasico in giro per il mondo. Brittany è «un esempio che possa facilitare anche altri», ha scritto infatti il nostro.

In merito, infine, al fatto che la Chiesa ha un po’ le idee confuse su dignità e sacralità della vita. La prima discende dalla seconda. La dignità-preziosità della vita, rectius: della persona umana, deriva proprio dal fatto che la persona è stata creata da Dio. É un po’ come guardare la Cappella Sistina: la sua bellezza (la sua preziosità) da una parte è intrinseca – è nell’affresco stesso – ma dall’altro è estrinseca, cioè deriva dall’autore, da Michelangelo. In sintesi la dignità dell’uomo deriva dalla sua sacralità. A risentirci al prossimo comunicato stampa della Consulta di Bioetica.