Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Galdino a cura di Ermes Dovico
IL CASO

Così la Zanzara rischia di infettare l'informazione

ll giornalismo, come recitano tutte le carte deontologiche, si basa sul rispetto del principio di trasparenza. Artifici o raggiri nella raccolta delle notizie sono leciti solo a determinate condizioni. Di questo si discute tutte le volte in cui nell’occhio del ciclone finisce la trasmissione La Zanzara, in onda su Radio 24.

Cinema e tv 17_02_2015
David Parenzo e Giuseppe Cruciani

Il giornalismo, come recitano tutte le carte deontologiche, si basa sul rispetto del principio di trasparenza. Artifici o raggiri nella raccolta delle notizie sono leciti solo a determinate condizioni. Di questo si discute tutte le volte in cui nell’occhio del ciclone finisce la trasmissione La Zanzara, che va quotidianamente in onda sull’emittente radiofonica “Radio 24” (Il Sole 24 ore). Lo ha ribadito nei mesi scorsi anche il Garante della privacy, chiamato a pronunciarsi su una puntata specifica, quella della famosa telefonata dell’ex ministro Fabrizio Barca con un imitatore dell’onorevole Nichi Vendola. E non è escluso che l’Autorità per la protezione dei dati personali debba tornare presto sull’argomento, visto i ripetuti casi di imitazioni perfino della voce del Papa e di altri personaggi noti.

Andro Merkù, collaboratore della trasmissione radiofonica La Zanzara, in quell’occasione (caso Barca) si presentò sotto mentite spoglie, si spacciò come governatore della Puglia e intrattenne un dialogo con l’ignaro ex ministro Barca, al fine di raccogliere direttamente da lui informazioni confidenziali sulla sua possibile candidatura a ministro dell’Economia del costituendo governo presieduto da Matteo Renzi. Barca si rivolse al Garante della privacy per denunciare il mancato rispetto dei principi deontologici della professione di giornalista, poiché i suoi dati erano stati raccolti attraverso l’inganno, in quanto lui pensava di interloquire in forma privata con una persona amica e di fiducia, senza sapere che la conversazione, in realtà avvenuta con l’imitatore Merkù, fosse registrata per poi essere diffusa.

Ma a quale norma in particolare faceva riferimento il ricorso presentato dall’ex ministro? Esiste l’articolo due del Codice deontologico per l’esercizio dell’attività giornalistica nel rispetto della privacy (1998) che obbliga il giornalista a dichiarare la sua identità e le finalità della raccolta dati. Sono però possibili due deroghe. Se il giornalista, manifestandosi con nome, cognome e testata di riferimento, rischia la sua incolumità, allora può fingere di essere un altro. Se il giornalista, seconda deroga, dichiarando chi è, potrebbe non riuscire a documentare situazioni di interesse pubblico, allora può occultare la sua identità. Ma nell’ambito di questa seconda previsione non rientra la trasmissione La Zanzara.

Su questo il Garante della privacy è stato molto chiaro. Peraltro non è escluso che i due conduttori (Cruciani e Parenzo) possano incorrere in sanzioni disciplinari da parte dei Consigli di disciplina chiamati ad applicare le carte deontologiche scritte dall’Ordine dei giornalisti. Ma i due binari sono differenti: il giudizio nei confronti dei conduttori segue la via dell’eventuale procedimento disciplinare, mentre il Garante della privacy ha preso atto della rimozione della registrazione di quella puntata dal sito di Radio 24 e ne ha vietato l’ulteriore diffusione.

Che cosa ha detto in soldoni il Garante, proprio al fine di allontanare i dubbi sulla presunta liceità di trasmissioni come quella? Ha sostenuto che la seconda deroga al principio di trasparenza (casi di impossibilità di svolgere la funzione informativa se non in modo occulto) non si può applicare ad essa. Dunque, le confidenze estorte a Barca con l’inganno e la successiva diffusione della telefonata tra lui e il finto Vendola sono illecite. «L’esimente», si legge nel provvedimento emesso mesi fa dall’Autorità per la protezione dei dati personali, «non può essere riferita a casi nei quali le informazioni vengono acquisite attraverso un mero artificio consistito, nel caso di specie, nell’aver utilizzato identità e voce di una persona amica, inducendo così fraudolentemente l’interlocutore a manifestare considerazioni del tutto confidenziali, rispetto alle quali anche il personaggio pubblico deve poter avere una legittima aspettativa di riservatezza. Va inoltre rilevato come la notizia inerente le dinamiche di formazione del governo Renzi e gli incarichi proposti al dott. Barca avrebbe potuto essere acquisita con gli strumenti propri dell’inchiesta giornalistica e non, invece, con il ricorso a pratiche ingannevoli, quali il mascheramento dell’identità dell’interlocutore o la simulazione. Pratiche che vanno ben oltre l’omissione dell’informativa e alle quali non si applica, ai sensi del citato articolo 2, l’esimente in parola».

Bene ha fatto il Garante a ribadire questi paletti: un conto è il giornalismo d’inchiesta, altra cosa è la raccolta di notizie attraverso artifici e raggiri, che sono pratiche ingannevoli. Né può ritenersi che l’interesse pubblico renda di per sé lecito qualunque trattamento di dati a prescindere dalla liceità o meno della raccolta: sostenendo questa tesi non vi sarebbe più alcun limite nella correttezza dell’acquisizione delle notizie e qualsiasi metodo di raccolta, per quanto connotato da raggiri e artifici, verrebbe legittimato in ragione del fine da perseguire. Si arriverebbe alla barbarie informativa, che nulla ha a che fare con l’esercizio del diritto di cronaca nel rispetto dei diritti della personalità altrui, dovere chiave inserito nella legge professionale dei giornalisti.

E allora quando l’interesse pubblico può giustificare deroghe al principio di trasparenza? Per esempio quando, con una telecamera nascosta, un giornalista documenta un reato, nel qual caso, però, dovrebbe prima salire le scale di una Procura della Repubblica per sporgere denuncia. Oppure quando un cronista riceve una soffiata riguardante un disservizio o uno sperpero di denaro pubblico, cioè situazioni che vanno a impattare direttamente sulla qualità della vita dei cittadini e che è giusto documentare anche con mezzi fraudolenti. Niente a che vedere, quindi, con imitazioni, artifici e raggiri, soltanto al fine di carpire segreti che spesso soddisfano la curiosità morbosa di qualcuno o si configurano come classici esempi di voyeurismo o di spionaggio dal buco della serratura.