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SIRIA

Curdi nel mirino Isis, nuova tensione Usa-Turchia

Milizie curde nei guai in Siria dove sono esposte ai bombardamenti turchi nel nord e alle controffensive vincenti delle forze residue dello Stato Islamico vicino ai confini iracheni. Gli Stati Uniti, alleati di ferro delle milizie curde dell'YPG hanno criticato i raid turchi contro i combattenti curdi che nei giorni scorsi avevano ucciso almeno 4 combattenti vicino a Kobane.

Esteri 02_11_2018

Milizie curde nei guai in Siria dove sono esposte ai bombardamenti turchi nel nord e alle controffensive vincenti delle forze residue dello Stato Islamico vicino ai confini iracheni.

Gli Stati Uniti, alleati di ferro delle milizie curde dell'YPG (forze di difesa popolare emanazione del Partito Democratico Curdo – PYD- integrate con milizie arabe nelle Forze Democratiche Siriane appoggiate da Washington ma ritenute "terroriste" da Ankara) hanno criticato i raid turchi contro i combattenti curdi che nei giorni scorsi avevano ucciso almeno 4 combattenti vicino a Kobane mentre ieri l'esercito turco ha ucciso altri 10 uomini dell’YPG/FDS nella stessa provincia.

Secondo quanto riferito dal ministro della Difesa, Hulusi Akar, "l'esercito turco ha risposto al fuoco di disturbo contro un proprio checkpoint colpendo oltre il confine siriano le postazioni dei curdi del PYD/YPG e 10 terroristi sono stati uccisi”.

Sarebbero stati i curdi i primi ad aprire il fuoco oggi, "danneggiando un nostro veicolo, ma senza causare feriti". Un' azione che, secondo Akara, "giustifica il ricorso alla legittima difesa così come prevista dagli accordi Onu" attuato impiegando l’artiglieria schierata nella provincia di Urfa, nel sud est della Turchia.

Il presidente Recep Tayyip Erdogan aveva minacciato nei giorni scorsi un'offensiva a est del fiume Eufrate contro l'YPG. "La nostra preparazione e i piani sono pronti, presto distruggeremo le formazioni terroristiche a est dell’Eufrate" ha detto Erdogan.

"Attacchi militari unilaterali nel nord-ovest della Siria da parte di chiunque, in particolare con personale americano che potrebbe essere presente o nelle vicinanze, suscitano grande preoccupazione in noi", ha avvertito il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Palladino. "Coordinamento e consultazioni tra Usa e Turchia in materia di sicurezza sono l’approccio migliore".

Valutazioni che tengono conto del fatto che oltre 2mila militari americani affianco i curdi delle FDS e che il 31 ottobre avevano preso il via i pattugliamenti congiunti di militari di turchi e statunitensi a Manbij, regione strategica nel nord della Siria dopo tre settimane di addestramento congiunto tra le truppe americane e turche

Le FDS hanno reagito ai bombardamenti turchi annunciando "una sospensione temporanea" delle operazioni contro l'Isis nella Siria sud-orientale minacciando di prolungare tale sospensione qualora Ankara continuasse i bombardamenti.

In realtà le FDS e i consiglieri militari statunitensi e francesi che le affiancano, loro hanno appena subito una dura sconfitta (poco pubblicizzata dai media occidentali) contro le forze dell’Isis asserragliate intorno all’area di Abu Kamal, a ridosso del co fune iracheno.

Contrattaccando nell’area di Baghuz le milizie dell’Isis (che secondo l’Onu dispone ancora di 30 mila uomini in quella regione) hanno inflitto severe perdite ai curdi al punto che per tentare di riprendere il controllo del distretto di Hajin è stato necessario inviare consistenti rinforzi da Kobane, sguarnendo proprio il settore preso di mira dagli attacchi turchi.

La rinnovata vitalità militare dell’Isis ha colto di sorpresa anche Baghdad che ha inviato circa ventimila miliziani sciti delle Unità di Mobilitazione Popolare lungo il confine con la Siria per contenere l'eventuale tentativo dell'Isis di espandersi oltre frontiera in bade agli ordini del premier iracheno Adel Abdel Mahdi. Il 3i ottobre media iracheni avevano precisato che nella notte l'Isis aveva lanciato un attacco con artiglieria contro postazioni militari irachene sul valico frontaliero di Abukamal/Qaim in cui sarebbero morti 4 soldati di Baghdad.

Resta tranquillo invece sul settore di Idlib dove le truppe russe e turche controllano congiuntamente l’0area smilitarizzata di 10-15 chilometri che separa le ultime milizie ribelli dall’esercito di Bashar Assad.

"L' attuazione dell'accordo russo-turco del 17 settembre 2018 sulla creazione di una zona demilitarizzata a Idlib è importante per la normalizzazione in Siria: un totale di 2.450 miliziani e 206 pezzi di equipaggiamento militare, tra cui 31carri armati, 22 pezzi di artiglieria di grosso calibro e 23 mortai sono stati rimossi dalla zona demilitarizzata", ha detto ieri il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov.

La Russia ha "preso atto" degli sforzi della Turchia per l'attuazione degli accordi su Idlib e non a caso il "tasso di violazioni del cessate il fuoco è diminuito del 75%, dai 773 casi di settembre ai 197 di ottobre".

Anche il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha precisato che "in questo momento non ci sono problemi nell'implementazione del memorandum" siglato il mese scorso dai presidenti di Turchia e Russia. "Entro la fine dell'anno l'apertura delle strade che collegano Aleppo ad Hama e Latakia sarà completata.

Mosca però continua a temere provocazioni da parte dei ribelli islamisti a Idlib (in particolare à- I miliziani qaedisti dell’ex Fronte al-Nusra) che i russi sospettano possano mettere a punto con la collaborazione delle potenze occidentali finti attacchi chimici, "provocazioni" da attuare "usando sostanze tossiche in modo da accusare le forze governative di usare armi chimiche contro i civili" ha aggiunto Konashenkov.

Secondo il ministero della Difesa russo, per mettere in atto delle provocazioni i "terroristi dei Partito islamico del Turkestan hanno portato 20 contenitori da 10 litri pieni di cloro da Maarrat al-Numan nei centri abitati di Kafr Nabl e al-Huash".