Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
IL FATTO

Dialogo con l'islamismo, la strada che porta all'autodistruzione

La presenza al Meeting di Rimini del segretario della Lega musulmana è il punto più alto di una "infiltrazione" della Fratellanza musulmana che cresce da anni secondo uno schema ben noto per chi abbia una minima conoscenza dell'islam. E chi si occupa di dialogo dovrebbe conoscere.

Libertà religiosa 26_08_2018
Al Issa e Farouq al Meeting di Rimini

Per chiunque conosca il minimo sindacale di un testo di diritto musulmano e abbia avuto un minimo approccio con la cultura islamica non assorbita unicamente da siti web, la notizia di una presenza sempre piu importante di musulmani al meeting ciellino di Rimini non può non suonare come un campanello d’allarme. Negli ultimi anni, come spiegano anche gli organizzatori, si assiste a una crescente presenza di musulmani al Meeting, che nell'edizione appena conclusa è culminata con l'intervento del segretario della Lega Musulmana, il saudita Mohammad Ben Abd Ul-karim al-Issa, presenza resa possibile dal presidente dell'UCOII e imam di Firenze Izzeddin Elzir.

Anche a costo di passare per antipatico, il compito di chi si occupa di queste tematiche, è quello di individuare gli elementi di novità nel corso della quotidianità e darvi un senso.  

Il concetto di base, che si cerca a piu riprese di far comprendere ai più, tra notevoli difficoltà di comprensione, ricade proprio sulla stessa essenza dell’islam, ovvero la sottomissione non solo ad una norma di etica e di morale, quanto la sottomissione ad un sistema di regole e di norme che, comprendendo anche la religione, domina ogni aspetto della vita del fedele, regolandone comportamenti, etica, morale, scelte, ed allo stesso tempo identificandone anche le norme di portata penale.

A questo genere di condizione, che lega la umma islamica nella sua interezza, al netto delle frastagliate divisione settarie e confessionali, si rifanno un po' tutte le organizzazioni estremiste che hanno scelto anche la via del combattimento e quindi del terrorismo per far valere le proprie ragioni.

Inutile girare intorno al concetto. L’islam non ammette alcuna altra tipologia di fede. Cosi come non è ammesso una declinazione di modalità nell’osservanza dei dettami e dei precetti.

Chi si attacca ai concetti relativi alla “Gente del libro” dimentica sempre di considerare che le popolazioni infedeli che volessero continuare a propugnare la propria fede hanno l’obbligo del pagamento di somme a titolo protettivo…una sorta di tangente che, pagata, fino ad un certo punto consente di pregare il proprio Dio all’interno delle proprie mura di casa, senza comunque rendere palese all’esterno la cosa, che potrebbe creare un problema di immoralità o peggio di apostasia, punibile finanche con la morte.

È per tutelare e proteggere la fede islamica in ogni contesto, per proteggerla da ogni ipotesi di contaminazione con la modernità di un mondo che va avanti nonostante tutto e tutti, che le organizzazioni nate nel mondo dell’estremismo islamico, dai Salafiti, alla Fratellanza, alle organizzazioni Takfir, hanno autorizzato una forma di dissimulazione della fede islamica, al fine di tenere nascosto agli occhi degli infedeli il vero livello di adesione alla fede, farsi passare per “moderati” (altro termine che con l’islam non ha alcun legame concettuale) e organizzare cosi una rete di sostegno, intervento, e propaganda intorno al centro di interesse principale, che di solito ruota su un centro culturale o una moschea da sottoscala.

Questo sistema si chiama taqiyya, e indica la possibilità di nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l'adesione a un gruppo religioso, e di non praticare i riti obbligatori previsti dalla religione islamica.

Un sistema organizzativo tattico e quindi di campo, di derivazione militare, utile per introdursi all’interno di un territorio, imparare a leggerne comportamenti e scenari, abitudini delle persone, capire come attivare le modalità di condizionamento facendo leva sulle corde emozionali sociali. Questo consente di studiare nel tempo giusto e coerente con i propri obiettivi tattici locali, le modalità di diffusione, infiltrazione, condizionamento e, successivamente, le modalità attraverso le quali rendersi palesi, e pretendere la riserva giuridica delle proprie condizioni normative in un contesto già normato, facendo leva sentimentale su precetti di natura religiosa, che in realtà nascondono una pretesa normativa assolutamente improvvida in uno Stato nel quale già sono pure troppe le norme che regolano la convivenza tra persone sia pure di cittadinanza, religione ed orientamenti diversi.

Concetto non esprimibile dal punto di vista islamico estremista, che prevede la sola sopravvivenza del proprio spirito sociale, religioso e normativo, e l’abbandono completo di qualsivoglia altra produzione normativa, che prodotta dall’uomo, è sempre considerata di natura inferiore alla parola dettata nel Corano.

È un'ottima occasione quindi per organizzazioni come la Fratellanza Musulmana questa del Meeting di Rimini, all’interno del quale infiltrare delle proprie “truppe” per le attività tipiche di cui appena sopra, ovvero vedere, apprendere, studiare e fare rete con quei musulmani eticamente spinti da un pensiero di convivenza serena che si presentano a queste occasioni di incontro per scambiarsi il “tu” come diceva don Giussani.

Il Meeting rappresenta una occasione di incontro istituzionale, un palcoscenico per la politica di più colori, per il mondo dell’industria e dell’imprenditoria, per le università, la ricerca ed il terzo settore.

Tutti passano da Rimini, dove è evidente, si crea un clima molto amichevole, ma anche capace di offrire dei punti di vista da “influencer”, ovvero di mandare all’esterno una serie di segnali su un nuovo modo di vedere qualcosa, di considerarla, di inserirla in piu contesti.
E questa è una occasione ampiamente sfruttabile da parte delle cellule di infiltrati di organizzazioni terroristiche come i Fratelli Musulmani. Perché la lotta al modernismo per la ripresa degli antichi costumi religiosi e sociali non passa solo dal fucile, ma passa attraverso una serie di adesioni a comitati, organizzazioni politiche, enti associativi, frange sindacali….tutto ciò che si caratterizza per aspetto numerico eterogeneo, e possibilità di espressione o pressione politica.

Se poi, questa pressione politica la si fa coincidere con pretestuose accuse di razzismo, intolleranza religiosa, odio etnico, fobie varie…. ecco che si crea l’ambiente ideale nel quale cominciare a premere l’acceleratore per strappare le maggiori concessioni possibili.
Perché la leva dell’intolleranza religiosa è una potente leva sociale, che agisce nell’animo dei più in nome di un più grande alveo di diritti, che è racchiuso nei diritti fondamentali dell’uomo, quelli inalienabili di libertà.

Ma… forse a molti sfugge che rispetto alla nostra fonte di diritto rappresentata dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (che sancisce il concetto di libertà religiosa), l’islam ha creato la propria Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo nel 1981, dove tutto si muove nel quadro dei limiti della legge islamica.

Per cui si ricade sempre nel caso di partenza.
Ci si trova a tacere sulla libertà di espressione e di fede in territori mediorientali, a tacere sulle vessazioni e persecuzioni dei non musulmani in Nord Africa, Medioriente e Sud est asiatico.
Ci si trova sempre in questa scomoda situazione nella quale ogni domanda legittima sulla sorte di persone (non di fedeli… ma di persone) legata ad una fede particolare in base alla quale vivere o morire per mano di altri uomini, sia in partenza bandita, manipolata, rivista per non creare nel musulmano seduto di fronte stizza o rabbia.

Quanto ancora si dovrà tenere questo atteggiamento di “colpevoli a prescindere” per il fatto di essere occidentali e cristiani  (o di qualunque altra fede, anche nessuna se del caso)?

Perché ogni ipotesi di discorso sulla difesa delle radici culturali delle nostre popolazioni è considerato un attacco razzista nei confronti dell’intero universo, mentre si difende a spada tratta il diritto di ogni fedele islamico a mantenere sul suolo straniero le proprie radici culturali, e promuoverle come virtù ed esempio della multiculturalità?
Di quali colpe ancora dobbiamo mondare il nostro passato storico? Perché non ci è concesso di poter difendere a voce alta le radici del Diritto romano sul quale l’impero costruì i suoi pilastri?

Perché in occasione di questi meeting non viene proposta una sorta di parallelo incontro anche in aree islamiche per parlare serenamente della libertà di fede, della libertà di non avere una fede, o di indossare o meno un velo integrale, di fatto riconoscendo la inutilità della creazione del cervello, incapace di ragionare sui minimi elementi di vissuto sociale?

E’ inevitabile la presenza interessata di organizzazioni che praticano la Taqiyya anche in virtù delle numerose presenze legate al settore della imprenditoria di area cattolica, considerato che sono sempre più importanti i criteri finanziari e industriali, le scelte di diffusione locale di personaggi legati a Organizzazioni, e Paesi notoriamente associati al sostegno della causa dei Fratelli Musulmani.

Occasioni importanti, persone di rilievo, molti elementi di valutazione e studio utili per consentire nel breve, medio e lungo termine, una stratificazione, una organizzazione e l'influenza, come un cancro che si insinua all’interno di un gruppo di cellule sane, per infettarle una per volta e crescere al punto di andare in metastasi e colpire l’intero sistema ospitante, partendo dalla confusa comunità islamica, fino alle nostre culturalmente povere istituzioni politiche che si dimostrano ogni giorno manchevoli dei piu elementari concetti di conoscenza. Istituzioni che rimediano spingendo ogni azione sul versante del sentimento sociale, ignorando che ogni concessione, ogni allargamento ad organizzazioni legate a strutture come la Fratellanza, sono viste come segni di cedimento per debolezza e paura, configurando cosi in pieno la dualità del mondo secondo il punto di vista islamico, ovvero la terra dell’islam e la terra della conquista.

L’ideale ideologico rimane sempre quello, al netto di sorrisi e strette di mano dietro le quali si affilano i coltelli della propaganda senza sconti e delle accuse di razzismo, il tentativo di unificazione della umma, e il ritorno ai fasti del primo califfato post 680 dC, che richiama in realtà battaglie, sangue, e lunghi periodi di disastro sociale.

Islam aperto? Islam che dialoga? Non per la Fratellanza. Non per chi ha stravolto ogni elemento religioso e vive nella follia delle proprie affermazioni virulente e puntate a distruggere la nostra civiltà come la conosciamo. Un dialogo senza senso, forzato e senza sbocco, utile solo per movimentare qualche voto. Un dialogo a senso unico buono a rallentare ogni progresso, a spegnere ogni mente ed a bloccare senza speranza ogni ipotesi di riforma e di riconoscimento dei basilari diritti umani.