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IL LIBRO DI BERTOCCHI

Don Camillo, la saggezza cristiana continua in Appennino

Il collaboratore della Nuova BQ Lorenzo Bertocchi ha immaginato un Mondo piccolo ai giorni nostri con don Camillo e Peppone ritirati sul crinale appenninico. Il libro, scritto per Cantagalli ha la prefazione di monsignor Georg Ganswein e un'intervista ad Alberto Guareschi. 

Cultura 03_12_2018

Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo uno dei racconti di E continuavano a chiamarlo don Camillo (Ed. Cantagalli, pagg. 85, € 10,00). Il libro, illustrato da Tommaso Arzeno, raccoglie brevi storie in cui il collaboratore della Nuova BQ Lorenzo Bertocchi ha immaginato un Mondo piccolo ai giorni nostri con don Camillo e Peppone ritirati sul crinale appenninico. Con prefazione di monsignor Georg Ganswein e un'intervista ad Alberto Guareschi

GRIGLIATA LIBERA

La fabbrica delle feste si era messa in moto, sul crinale era tutto un fiorire di sagre del cinghiale, della tagliatella e del prugnolo. Don Camillo aveva attivato le truppe scelte di cucina per aprire l’attrazione principale della sua Festa della famiglia: lo stand enogastronomico.

Frequentatissimo, lo stand, attirava gente di ogni colore politico che per l’occasione metteva da parte le faccende divisive e si riuniva per onorare l’arte delle pie donne in materia di sfoglia e ragù. Non potevano mancare Peppone e signora, con al seguito tutta la squadra di servitori del popolo proletario. Il problema era che le signore mogli, nel corso degli anni, si erano evolute.

Quando i compagni arrivarono allo stand, don Camillo notò strani movimenti. «Avete per caso una zuppina di ceci e dell’insalata?», ordinò Peppone al ragazzo, sotto lo sguardo benedicente della signora Bottazzi. Don Camillo si precipitò come una poiana sulla preda.

«Signor sindaco, si è messo a dieta?»
«No, noi ci siamo liberati dallo sfruttamento animale e da qualche mese siamo tutti vegani». Peppone lo diceva però con lo sguardo basso.

Le signore mogli guardarono il povero prete come se fosse una bistecca di manzo: «L’uomo moderno», intervenne la first lady, «non è un animale». E lo diceva con il profumo della grigliata che invadeva lo stand a colpi di braciole, costoline e salsiccia, provocando al reparto maschile un certo sudore freddo.

«Mi complimento», rispose don Camillo, «non sapevo che la rivoluzione proletaria si fosse convertita all’ascesi per la purificazione delle passioni. Noi clericali è un pezzo che predichiamo il digiuno per amor di Dio. Allora, se non disturbo mangio volentieri con voi». Detto fatto, don Camillo si sedette e si fece servire una bella sleppa di carne alla griglia con patate arrosto; Peppone, alle prese con la zuppina di ceci, aveva la salivazione abbondante e il colorito di una pezza slavata.

«Certo che siete davvero ammirevoli», disse il parroco mentre assaliva l’ultima costolina. «Perdonatemi, so che non di solo pane vive l’uomo, però anche la grigliata è un dono di Dio e quando ci viene servita noi la accettiamo con rispettoso spirito di rassegnazione. E poi voi mi insegnate che di fronte al popolo che ha fame non si può discutere delle differenze proteiche».

Passò una settimana, quando don Camillo si trovò per caso nei dintorni di una certa trattoria fuorimano. A un tavolo c’era tutta la combriccola maschile in libera uscita, impegnata a sbranare bistecche alla fiorentina. Quando Peppone vide appostato il parroco si alzò di scatto e gli corse incontro. «Vedo che la rivoluzione ha trovato il modo di riavvicinarsi al popolo», giocò d’anticipo don Camillo.

«Se lei parla con mia moglie le mando l’associazionismo vegano a far propaganda in parrocchia», minacciò Peppone. «Ego te absolvo», rispose don Camillo.

Ma le cose si sistemarono da sé. Incaricato della spesa casalinga, Peppone fece l’errore di comperare la crescente con il prosciutto. «Ma come?», lo assalì la signora, «Hai tradito? Cos’è questa roba qua?».
«Toh,…il fornaio me l’ha incartata per sbaglio…». «Non è vero tu menti, traditore!».

Peppone cedette: «È tutta colpa del clero reazionario e materialista, don Camillo allo stand mi ha indotto in tentazione e sono caduto».

«E allora, pentiti!», disse la signora compagna con una carota pronta a colpire.
«Eh, no. Il popolo ha fame e davanti al popolo non si indietreggia». L’argomento risultò decisivo, e alla signora Bottazzi non restò che scendere dal salumiere. Perché, disse, «in fondo lo insegna anche il Papa: la realtà è superiore all’idea».

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