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LA SETTIMANA

Dove spreca le energie il governo Renzi

Renzi sta giocando tutte le energie sue e del suo governo (e costringe il parlamento a fare altrettanto) esclusivamente sull'approvazione della sua riforma costituzionale. E così trascura le vere emergenze, a partire dalla crisi in Libia. Dove una motovedetta della Guardia Costiera si è fatta sorprendere disarmata da scafisti armati.

La Settimana 19_02_2015
Guardia Costiera

Sull’iter per l’approvazione della sua riforma costituzionale - una novità di incerto risultato che nella migliore delle ipotesi entrerà in vigore solo verso la fine del 2016 - Renzi sta giocando tutte le energie sue e del suo governo; e costringe il parlamento a fare altrettanto.

Finiscono così per venire trascurate non solo le urgenze del momento, ma anche il problema fondamentale (perché preliminare a qualsiasi altro) del nostro Paese, ossia il livello qualitativo catastroficamente basso della macchina amministrativa dello Stato. Il problema è fondamentale e preliminare perché senza un apparato statale ben funzionante non si può fare nessuna riforma. E’ inutile promettere che si aggiusterà ogni cosa quando nella cassetta degli attrezzi si hanno soltanto martelli di cartapesta, cacciavite di cartone e chiavi inglesi di pasta frolla. E’ invece proprio questo che Renzi e il suo governo stanno facendo fino a correre il rischio del ridicolo. 

Citiamo ad esempio dalle cronache una notizia di qualche giorno fa che – se la politica oggi  nel nostro Paese non si riducesse troppo spesso a una farsa - avrebbe dovuto riempire le prime pagine dei giornali e provocare aspri dibattiti in Parlamento: una motovedetta della Guardia Costiera, dopo aver fermato in alto mare un gommone carico di migranti irregolari ed esserseli presi a bordo, di fronte alle armi spianate degli “scafisti” non ha opposto la minima resistenza lasciando che tornassero indisturbati con il loro gommone da dove erano venuti. Si sarebbe potuto credere che la motovedetta fosse disarmata, e ciò sarebbe già stato inconcepibile. Invece peggio ancora: era armata ma non ha reagito, a quanto è stato ufficialmente detto, per non mettere in pericolo i migranti appena trasbordati che erano ancora sul ponte.  Fatto sta insomma che da operazione di polizia l’abbordaggio si è trasformato in un semplice trasbordo.

Siccome non si ha notizia che perciò il comandante della motovedetta sia stato oggetto di qualche  richiamo ciò significa che in circostanze del genere le unità della Guardia Costiera hanno istruzioni di procedere in tal modo. Oppure non hanno al riguardo istruzione alcuna; e quindi quel comandante ha legittimamente fatto come gli pareva. Non si sa in quale ipotesi sperare dal momento che sono una peggio dell’altra. Visto come sono andate le cose c’è da temere che la prossima volta, imbaldanziti dal successo, gli “scafisti” per non perdere tempo in complicati trasbordi intimino subito ad armi spianate all’equipaggio della motovedetta di scendere nel gommone al loro posto; e poi facciano confortevolmente ritorno in Libia al timone della motovedetta lasciando agli uomini della Guardia Costiera il compito di pilotare il gommone verso Lampedusa col suo carico di migranti. 

L’intera vicenda della gestione dell’afflusso di migranti irregolari dall’Africa verso le nostre coste è peraltro un monumento all’inefficienza, all’improvvisazione e all’incapacità di affrontare il problema in tutti i suoi aspetti: tutto funziona (si fa per dire…) perché non si registrano né si filtrano le persone che arrivano ma in pratica se ne facilita la fuga dai centri di raccolta verso  il Nord Europa. Ciò poi non toglie che, tanto più in una vicenda di evidente drammaticità come questa, l’inefficienza e l’improvvisazione non possano venire compensate, ma inevitabilmente solo in parte, dalle qualità umane del personale coinvolto: questa però è un’altra questione. Si potrebbero comunque citare molti altri esempi, anche di più normale amministrazione, ma il nocciolo del problema è sempre lo stesso. E’ pur vero che i precedenti governi non hanno fatto di meglio;  però l’attuale, che pretende di essere quello che cambierà l’Italia in quattro e quattr’otto, è della medesima pasta.

Senza porre mano ai problemi fondamentali del Paese, a partire dal primo fra tutti, si concentra testardamente su una sua riforma costituzionale di marcata impronta neo-centralista e su una legge elettorale di dubbia democraticità che se entreranno in vigore ci riporteranno indietro di un secolo, all’Italia dei prefetti dell’epoca di Giolitti. E’ vero tuttavia che la crisi della democrazia italiana non sta solo nella maggioranza di governo. Sta anche in un’opposizione che non apre alcun dibattito sulla nefasta sostanza della riforma sul tappeto, su tutti gli spazi di libertà e di autonomia responsabile che riduce o anche elimina. E’ un’opposizione che pur di contare un po’ di più nell’immediato è disponibile a non contare più nulla nel futuro. Tanto chi vivrà vedrà.