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IL DOCUMENTO

E 150 pastori evangelici "fanno" i cattolici

Pubblicata nei giorni scorsi la Dichiarazione di Nashville, in cui oltre 150 tra pastori, scrittori e studiosi evangelici riaffermano la bellezza della morale sessuale secondo il progetto di Dio, denunciando le distorsioni nel concetto di famiglia e la legittimazione dell'omosessualità.

Famiglia 02_09_2017
La Dichiarazione di Nashville

Non solo l’articolo del cardinale Robert Sarah, pubblicato giovedì dal Wall Street Journal, per ricordare l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla sessualità. Due giorni prima dell’intervento del prefetto per il Culto Divino, negli Usa è stato diffuso un documento firmato da oltre 150 tra pastori, scrittori e studiosi evangelici, concordi nell’affermare la bellezza della morale sessuale secondo il progetto di Dio e nel definire l’approvazione degli atti omosessuali e del transessualismo una “deviazione” dalla “fedeltà cristiana”.

Il documento si intitola Dichiarazione di Nashville, dal nome della capitale del Tennesee dove si è riunito il Council on Biblical Manhood and Womanhood, un gruppo evangelico fondato nel 1987 per rispondere agli errori dell’egualitarismo femminista e ricordare il caposaldo della Creazione, “maschio e femmina li creò”, che riconosce al contempo la differenza sessuale e l’uguale dignità di uomo e donna.

Nel preambolo della Dichiarazione, i firmatari (tra cui figurano alcuni consiglieri di Trump come Tony Perkins e il pastore Jack Graham) denunciano il vuoto culturale che caratterizza la nostra epoca. “Poiché la cultura occidentale è diventata sempre più post-cristiana, si è avventurata in una massiccia revisione del significato di essere umano”. Questo sconvolgimento fa sì che “è diventato comune pensare che l’identità umana come maschio e femmina non sia parte del bel piano di Dio, ma sia piuttosto espressione delle autonome preferenze dell’individuo”. La sapienza del progetto divino è stata sostituita con “alternative miopi, che presto o tardi rovinano la vita umana”, facendo dimenticare il rapporto tra creature e Creatore, con inevitabili conseguenze: “Non possiamo conoscere veramente noi stessi senza conoscere veramente Colui che ci ha fatto”.

Al preambolo fanno seguito quattordici articoli, dove si afferma innanzitutto la verità sul matrimonio come unione consensuale e aperta alla procreazione tra un uomo e una donna, immagine dell’amore eterno “tra Cristo e la sua sposa, la Chiesa”. Assieme alla monogamia e alla fedeltà nel matrimonio, gli evangelici riaffermano il valore della castità secondo la volontà di Dio, nella quale non può rientrare nessun rapporto sessuale prematrimoniale. Dopo aver ricordato che Dio ha creato Adamo ed Eva “a sua immagine”, si esalta la complementarità tra i sessi: “Le differenze divinamente ordinate tra maschi e femmine riflettono l’originario disegno della creazione di Dio e sono dirette al bene e alla prosperità dell’essere umano”.

Riguardo all’omosessualità, la Dichiarazione di Nashville contiene principi simili al Catechismo della Chiesa cattolica, come la distinzione tra gli atti e l’inclinazione della persona, a cui si indica la via della castità. “Le persone che sperimentano attrazione sessuale per lo stesso sesso possono vivere una vita ricca e fruttuosa, piacendo a Dio attraverso la fede in Gesù Cristo, quando loro, come tutti i cristiani, camminano nella castità di vita”.

E subito dopo si collega il peccato alla traduzione di desideri sessuali in condotte immorali fuori dal matrimonio, definite “una distorsione che include sia l’immoralità eterosessuale che omosessuale”. Di fronte all’annacquamento attuale della verità per fini falsamente misericordiosi, gli estensori della Dichiarazione affermano “il nostro dovere di dire la verità nella carità” e dedicano tutti gli ultimi tre articoli per ricordare che la grazia divina si manifesta tanto nel perdono di chi si pente quanto nell’autentica trasformazione di chi si impegna a seguire Cristo, che rende capaci di abbandonare le condotte e i pensieri peccaminosi. “Affermiamo che Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori e che attraverso la morte e resurrezione di Cristo il perdono dei peccati e la vita eterna sono disponibili per ogni persona che si pente del peccato e si affida a Cristo unico Salvatore, Signore, e tesoro supremo”.

Nel giro di pochi giorni si è perciò realizzata un'altra piacevole convergenza tra cattolici ed evangelici su questioni fondamentali della morale cristiana, anche se è chiaro che con i tempi che corrono molti non avranno gradito. Di certo non ha gradito il gesuita James Martin, tra i più attivi nel contribuire allo sdoganamento dell’omoeresia e da aprile consultore vaticano del Segretariato per le comunicazioni, che ha risposto subito sia al cardinale Sarah che agli evangelici, strumentalizzando a suo modo il principio del “non giudicare”, sempre più evocato quando si vuole mettere a tacere chi ricorda la verità sull’esistenza di un qualche peccato, specie se di natura sessuale.

Come probabilmente non hanno gradito gli inventori dell’espressione “ecumenismo dell’odio”, ossia padre Antonio Spadaro e il suo alter ego presbiteriano Marcelo Figueroa, autori a luglio di un articolo da far cadere le braccia, in cui bollavano di fatto come “odio” l’affermazione dei principi non negoziabili in tema di aborto e unioni omosessuali, su cui diversi cattolici ed evangelici statunitensi stanno facendo da tempo fronte comune per contrastare il relativismo dominante. Come dire: dateci tutti i tipi possibili di ecumenismo, tranne quello fondato sulla verità. Già il profeta Isaia era stato chiaro: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene”.