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E Gesù sorrise ai Magi

La tradizione attribuisce agli Anscarici, marchesi di Ivrea, la costruzione del complesso plebano di Settimo Vittone: vi sarebbe sepolta la beata Ansgarda, sorella di Anscario, che si rifugiò qui dopo essere stata ripudiata dal re di Francia. L'incantevole sorriso di Gesù ai Magi. 

Cultura 16_12_2017

La tradizione attribuisce agli Anscarici, marchesi di Ivrea, la costruzione del complesso plebano di Settimo Vittone: vi sarebbe sepolta la beata Ansgarda, sorella di Anscario, che si rifugiò qui dopo essere stata ripudiata dal re di Francia, Ludovico II il Balbo. Siamo sul finire del IX secolo: immersi in un anfiteatro naturale di colline moreniche e circondati da secolari ulivi, la chiesa di San Lorenzo e il battistero intitolato a San Giovanni sono dunque da annoverare tra le più importanti e integre architetture di età preromanica del Piemonte. 

Strategica era la loro posizione lungo la via di penetrazione dei Franchi in Italia, la Francigena. La pieve assolveva la funzione di chiesa castrense e, per concessione dei signori del luogo, anche di parrocchia. Pieve e battistero sono accomunati dallo stesso materiale, ciotoli e schegge di pietra locale, di cui sono fatte anche le lastre utilizzate per le coperture. Nato distaccato dal corpo della chiesa il battistero fu ad essa successivamente collegato tramite un corridoio di raccordo che modificò le rispettive strutture. La sua planimetria è un ottagono su cui si affacciano delle nicchie scavate all’interno dello spessore delle mura. Un basso campanile quadrato vi fu sovrapposto in epoca romanica, periodo cui risale anche la piccola abside.

Sul prospetto della chiesa si apre solo un’ampia bifora in posizione centrale, mentre l’accesso allo spazio sacro avviene attraverso la torre campanaria addossata.  L’aula è unica e confluisce in un’arcaica abside rettangolare intersecandosi con due cappelle laterali che fungono da transetto. Le pareti di questa chiesetta sono rivestite da molteplici affreschi che, coprendo un arco di tempo di trecento anni, documentano ampiamente l’evoluzione della pittura nel territorio del Canavese.  I brani più antichi, della prima metà del XII secolo, sono quelli dell’arco absidale dove si legge una scena di Giudizio Universale, caratterizzata da figure romaniche, con gote arrossate e occhi sgranati. 

Una moltitudine di Santi popola le pareti: San Michele Arcangelo che pesa le anime, San Cristoforo che tiene in mano un ramo con frutti, San Nicola di Bari  che compie un miracolo, San Francesco che riceve le stimmate e un Santo vescovo regale e ieratico assiso su un trono. 

Il ciclo meglio conservato è quello che interessa la cappella Avogadro, a destra del presbiterio. Il programma iconografico è il più elaborato: l’Annunciazione occupa l’arco di ingresso mentre sulla volta a botte, in una mandorla di luce, il Cristo benedicente è circondato dal Tetramorfo, ovvero i simboli dei quattro Evangelisti. San Lorenzo e San Martino che divide il mantello con un povero sono riprodotti sulla parete di fondo e sui lati le tre figure di sante, Marta, Lucia e Caterina di Alessandria, sono identificabili dai rispettivi attributi iconografici: il secchiello di acqua benedetta, gli occhi sul palmo della mano e il libro aperto.

Una dolcissima Adorazione dei Magi si ammira nella manica di raccordo tra i due edifici. Colpisce la figura del Bambino Gesù ritratto in atteggiamento sorprendentemente sorridente che si riflette e contagia tutti coloro che partecipano a questa scena che ingenuamente trasmette la gioia del Santo Natale.