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RINVIO ANOMALO

Ecco perché la beatificazione di Sheen è stata posticipata

A chiedere il rinvio della beatificazione di Fulton Sheen è stato il vescovo di Rochester, Salvatore Matano, insieme ad altri “pochi membri della Conferenza episcopale” Usa, che sarebbero preoccupati da nuovi scandali. La questione riguarda un ex prete accusato di abusi verso adulti. Ma la diocesi di Peoria conferma il corretto operato di Sheen e spiega che Roma aveva già verificato tutto.

Ecclesia 06_12_2019

Tutto era pronto per la beatificazione di Fulton Sheen (1895-1979), vescovo ausiliare di New York dal 1951 al 1966 e vescovo di Rochester dal 1966 al 1969, nonché celebre telepredicatore nell’America degli anni Cinquanta e Sessanta. La cerimonia era stata fissata per il prossimo 21 dicembre dopo che lo scorso 5 luglio era arrivata l'autorizzazione papale alla promulgazione del decreto relativo a un miracolo ottenuto per sua intercessione. Nelle ore precedenti, però, il colpo di scena che ha fatto fermare i preparativi già in corso nella cattedrale di Santa Maria dell'Immacolata Concezione. Sarebbe stato il vescovo di Rochester, monsignor Salvatore Matano, a richiedere il rinvio della beatificazione del suo predecessore.

Secondo quanto appreso dalla Catholic News Agency (Cna) da una fonte anonima vicina alla Segreteria di Stato, il presule italoamericano avrebbe chiamato il nunzio apostolico dicendosi preoccupato per la possibilità che il nome di Sheen potesse emergere nel rapporto del procuratore generale di New York su un’indagine relativa alla copertura di presunti abusi sessuali commessi da sacerdoti. Un eccesso di prudenza spiegato probabilmente anche col fatto che la diocesi di Rochester ha recentemente presentato istanza di fallimento per far fronte alle cause legali su crimini risalenti ai decenni precedenti.

Il 3 dicembre, nel comunicato della diocesi di Peoria, dove si sarebbe dovuta tenere la cerimonia, il vescovo Daniel Jenky aveva fatto sapere di “essere stato informato dalla Santa Sede che la beatificazione di Fulton Sheen sarà rinviata” e che tale decisione sarebbe stata provocata dalla richiesta “di alcuni membri della Conferenza episcopale che hanno chiesto ulteriori approfondimenti”. Nella nota, monsignor Jenky non nascondeva l’amarezza per questo rinvio arrivato all'improvviso: il vescovo di Peoria si è infatti battuto lungamente per la causa di beatificazione del telepredicatore cattolico, non esitando ad arrivare ad un 'braccio di ferro' con l'arcidiocesi di New York per la traslazione delle spoglie dalla Cattedrale di San Patrizio a quella di Peoria, città dove Sheen si trasferì da bambino con la sua famiglia.

Il comunicato diocesano, inoltre, ha voluto difendere la memoria dell'arcivescovo morto nel 1979 specificando che monsignor Jenky resta “fermamente convinto della grande santità” e “rimane fiducioso" sulla futura beatificazione. "Nel nostro clima attuale - si legge nella nota - è importante che i fedeli sappiano che non c'è mai stata, né esiste ora alcuna accusa contro Sheen che implichi l’abuso di un minore".

Resta da capire perché quei membri della Conferenza episcopale Usa, che hanno avanzato le loro preoccupazioni a meno di un mese dalla cerimonia già programmata, non si siano mossi prima facendo presenti le stesse perplessità alla Congregazione delle Cause dei Santi, che il 6 luglio scorso, dopo l'autorizzazione di papa Francesco, aveva pubblicato il decreto di promulgazione relativo al miracolo attribuito all'intercessione del già Venerabile Fulton Sheen.

Contro il telepredicatore c'era stata in passato una vecchia e ambigua accusa - già archiviata dalla magistratura - accusa sostenuta dall'ex sacerdote Robert Hoatson. Quest'ultimo nel 2007 aveva presentato, assistito dal suo avvocato John Aretakis, una denuncia - poi finita nel portale specializzato BishopAccountability.org - su casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti di cui aveva sentito parlare. Nell'ambito di una serie di accuse mosse contro la presunta omertà della Chiesa americana, Hoatson aveva puntato l'indice anche contro Fulton Sheen, raccontando di un presunto episodio che gli sarebbe stato riferito e che sarebbe avvenuto negli uffici della Propaganda della Fede a New York City: l'allora vescovo ausiliare della Grande Mela, cogliendo in flagrante un sacerdote durante un abuso, si sarebbe limitato a invitare lo stupratore a indossare i pantaloni e avrebbe apostrofato la presunta vittima, senza poi denunciare il fatto. In questo caso, però, non esiste alcuna prova né testimonianza diretta che possa confermare la parola di Hoatson; la sua, poi, non è certo una parola inattaccabile: una causa su fatti analoghi presentata dall'ex prete con relativa richiesta di risarcimento pari a 5 milioni di dollari è stata appunto archiviata nell'ottobre del 2009 con pagamento delle spese processuali a carico dell'accusatore. Inoltre, anche la credibilità stessa dell'avvocato Aretakis e del suo modus operandi nelle richieste di risarcimento sembra essere stata messa in discussione da una sentenza del giudice Paul Crotty nella quale si sosteneva che la sua intenzione appariva quella di "continuare a umiliare e mettere in imbarazzo la Chiesa".

Comunque, secondo una fonte consultata dalla Cna e coinvolta nel processo di beatificazione, nella decisione del rinvio non ha influito l’accusa di Hoatson, di cui appare a tutti acclarata la falsità.

A spingere i "pochi membri della Conferenza episcopale" citati nel comunicato della diocesi di Peoria a richiedere ulteriori approfondimenti e quindi ad ottenere lo stop momentaneo alla beatificazione di Fulton Sheen, che ha rovinato la festa alla comunità cattolica locale già pronta per il grande appuntamento, sarebbe stato invece un altro caso, quello dell'ex sacerdote di Rochester, Gerard Guli.

In base a un documento della diocesi di Wheeling-Charleston, riferisce ancora la Cna, la diocesi di Rochester aveva ricevuto nel 1963, quindi prima dell’insediamento dell’oggi Venerabile, un’accusa secondo cui Guli si sarebbe reso responsabile nel 1960 di comportamenti illeciti o cattiva condotta nei confronti di adulti, non minori dunque. A Sheen verrebbe contestato il fatto di avergli affidato un incarico nel territorio della diocesi di Rochester tre anni dopo, nel 1966, nonostante la conoscenza di quel dossier sul suo conto. Il timore di monsignor Matano (e degli altri) è che la presunta tolleranza dimostrata dal suo predecessore nei confronti dell’ex prete sospettato di condotte illecite possa finire nel rapporto che sta preparando il procuratore generale di New York, rischiando di mettere in imbarazzo la Chiesa statunitense - già duramente provata dai recenti scandali - in coincidenza con i festeggiamenti per il suo nuovo Beato.

Parlando con la Catholic News Agency, monsignor James Kruse, direttore degli Affari canonici nella diocesi di Peoria, ha confermato che - riguardo al rinvio chiesto dall’attuale vescovo di Rochester - “Guli è il problema”, ma al tempo stesso Kruse ha spiegato che Sheen non ha mai affidato nessun compito all'ex prete sospettato di abusi, precisando: “Abbiamo studiato a fondo le decisioni amministrative di Sheen riguardo a Guli e non ha mai messo in pericolo i bambini”.

Questa situazione, inoltre, continua Kruse, era già nota al Vaticano senza che fosse ritenuta finora d'impedimento per la causa di beatificazione. Dal 1966 al 1969, nei tre anni cioè in cui il telepredicatore cattolico guidò la diocesi di Rochester, non risulta che Guli abbia commesso alcun crimine. L'ex prete venne ridotto allo stato laicale dopo che fu arrestato nel 1989, quando ricopriva da 10 mesi l'incarico di parroco vicario della chiesa locale del Santo Rosario, per aver aggredito sessualmente un’anziana. In quell'occasione, sin da subito, la diocesi competente intervenne proibendo a Guli, all'epoca sessantunenne, di celebrare i sacramenti e indossare l’abito.

La paura di esporsi alle critiche dell'opinione pubblica in questi tempi difficili per la Chiesa cattolica a stelle e strisce, reduce dallo scandalo McCarrick, però, deve aver spinto i “pochi” vescovi citati nel comunicato della diocesi di Peoria a giudicare “imprudente” il completamento dell'iter che il 21 dicembre avrebbe visto il grande comunicatore diventare Beato.