Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
GIOVANNI LINDO FERRETTI

"Fedele alla Linea" e a ciò che si è incontrato

Fedele alla Linea è il docufilm appena, uscito nelle sale, su Giovanni Lindo Ferretti, l'icona punk dei CCCP convertitasi al cattolicesimo. «Sono un cattolico, ma solo gli sciocchi pensano che sia una dichiarazione ideologica. E non significa che sono a posto».

Cultura 13_05_2013
Fedele alla linea - Giovanni Lindo Ferretti

Fedele alla Linea racconta la storia di Giovanni Lindo Ferretti ma, come dice il regista Germano Maccioni, «non è propriamente una biografia. Tra questa e il film intercorre la stessa differenza che può esserci tra una carta d'identità e la storia personale». È quindi ben più di una semplice teoria di eventi, date, album e canzoni, ma una visione panoramica, a 360 gradi, su una delle personalità più grandi e controverse del nostro secolo: Giovanni Lindo Ferretti, frontman dei CCCP - Fedeli alla linea, gruppo musicale punk post '68, e poi dei CSI - Consorzio Suonatori Indipendenti – e dei PGR - Per Grazia Ricevuta –. Il documentario, appena uscito nelle sale e disponibile in diverse date, narra la storia di un uomo che diventa storia sociale di una lunga generazione di perdizione, per arrivare a un auspicato e desiderato – seppur forse non ben conosciuto – ritorno all'ordine, alla fede primigenia e al suo casolare in Cerreto Alpi, paesello in provincia di Reggio Emilia, e alla sua antica tradizione di pastore e di allevatore equestre. «Avrei voluto – dice Giovanni Lindo Ferretti – che il film fosse incentrato per il 90 per cento sui cavalli e il 10 per cento sulla mia persona. Germano Maccioni ha invertito le proporzioni, ma è il suo documentario, non il mio, e va bene così».

Così, ecco Fedele alla Linea: un film che si apre sugli stupendi paesaggi appenninici, sul lavoro quotidiano degli allevatori, con spezzoni di filmati inediti in cui un più giovane Ferretti dichiara all'intervistatore la sua insoddisfazione: «Sono stato allevato cattolico e felice. Con l'adolescenza ho scoperto il mondo moderno e la vita. Poi non ne potevo più». La mancanza della fede e di una dimensione di socialità genuina: ecco ciò che manca al mondo moderno, un mondo dove tutti sono «poveri e schiavi, mentre prima erano poveri e liberi». Un mondo che Ferretti viveva fin alle più radicali conseguenze come quando, per presenziare un concerto a Roma con 17mila paganti, saltò completamente la riabilitazione successiva a un importante intervento chirurgico, per poi strascicare qualche parola appoggiandosi con entrambe le mani all'asta del microfono. Uno dei ricordi peggiori della sua vita. La malattia ha segnato i momenti più importanti della vita di Giovanni Lindo Ferretti: quindicenne, fu costretto a un mese di riabilitazione per peritonite a Reggio Emilia, dove scoprì il Sessantotto, i movimenti studenteschi, la cultura dell'emancipazione e dell'immaginazione, con tutta la violenza successiva. E da lì il comunismo, i viaggi verso l'Ovest, Berlino, gli incontri che hanno creato il CCCP, la delusione di una madre cattolica e discreta, la libertà di un figlio.

«Sono un cattolico, ma solo gli sciocchi pensano che sia una dichiarazione ideologica. Sono cattolico, ma ciò non significa che sono a posto». Una frase per definire il cattolicesimo ortodosso, non "adulto", un cattolicesimo che si mette in discussione – dirà nel film: «C'è molto di male nella famiglia e nella Chiesa, ma senza famiglia e senza Chiesa non si vive» – e che discute e che l'ha visto sfociare nel 2008 nella campagna antiabortista guidata da Giuliano Ferrara, direttore de "Il Foglio". Le ragioni di questa presa di posizione si riflettono su una frase di Ferretti, rivolta a se stesso, in cui ammette: «Io non ho fatto nulla per vivere, ma sono qui, qualcuno mi ha voluto. E mi piace». La politica: altra pietra miliare della vita di un uomo, che però rischia di prendere derive radicali e autodistruttive, come egli stesso professa in Fedele alla Linea: «Mi spavento delle persone che fanno della politica una religione. Per me la politica è parte essenziale della socialità, ma non è parte essenziale dell'individualità. Più cresco, meno importanza do alla dimensione politica. Il suo valore continua ad averlo, ma più lo restringiamo e più stiamo meglio».

E poi la passione per i cavalli, vivente sin dall'infanzia e, con il ritorno alle origini, prosegue a tutt'oggi. Ferretti è orgoglioso di aver speso molti dei suoi soldi nel ristabilire l'antica tradizione di casa: l'allevamento, ricordando con tristezza quando sua madre, per mantenersi, ha dovuto vendere tutte le bestie. A Cerreto Alpi, adesso, Giovanni Lindo Ferretti ha creato una compagnia equestre con il quale raccontare, a teatro, saghe e racconti di una tradizione ormai perduta. Una compagine di uomini e cavalli, che ristabilisce la distanza tra civiltà e natura, fra uomo e storia. Fedele alla linea è, insomma, un centone di intuizioni, di scelte di vita, di incontri, di conversioni e riconversioni.Chi si aspetta un documentario monotematico con una trama lineare rimarrà deluso: perché la vita non è così. Non è lineare, ma ciclicamente ritorna sulle piaghe a pungere, è soggetta a ritorsioni e slittamenti. Non ha un solo tema: non è solo fede, non è solo musica, non è politica e non è poesia. È quel tutto che ha formato, attraverso circostanze e svolte, la vita di un uomo ferito da una bellezza che solo la presenza di Cristo ha saputo allietare.