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SIRIA

Ginevra2, negoziato fallito prima ancora di iniziare

Siria, chi ha interesse a sedersi attorno a un tavolo a Ginevra? Non i ribelli jihadisti, che vogliono la guerra a oltranza. Non i sauditi, né i turchi, delusi dal mancato intervento Usa. Non i governativi, che stanno ottenendo vittorie.

Esteri 06_11_2013
Siria, soldato di Assad

La conferenza per la pace in Siria slitta o forse naufraga. Ginevra 2 ha subito ieri un  nuovo slittamento con la cancellazione della data del 23 novembre per un’altra, ancora imprecisata, in dicembre. La notizia l’hanno fatta trapelare fonti russe ma questa volta le difficoltà a mettere intorno a un tavolo governativi e ribelli siriani non sembrano dipendere dal confronto tra Mosca e Washington. Anzi, le due potenze che avevano messo a punto la risoluzione sul disarmo chimico di Bashar Assad, scongiurando l’intervento internazionale contro Damasco, sembra mantengano ottimi rapporti sulla vicenda siriana.

Insieme all'inviato dell’Onu per la Siria, Lakhdar Brahimi, russi e statunitensi hanno trovato un accordo sul testo dell'invito ai partecipanti a Ginevra 2 tra i quali il governo siriano, le forze di opposizione e altri Paesi toccati o coinvolti nel conflitto. Il rinvio è però imposto dall’indisponibilità dell’opposizione a prendere parte ai colloqui. Del resto, Brahimi aveva ammonito che la conferenza di pace, per essere credibile, avrebbe dovuto contare sulla presenza di una forte rappresentanza dell'opposizione, la quale sembra voler far tramontare (per ora) ogni ipotesi di dialogo.

Ginevra 2 avrebbe dovuto tenersi a maggio, ma era già slittata un paio di volte durante l'estate e ora potrebbe addirittura fallire prima ancora di cominciare anche a causa della Turchia e delle monarchie del Golfo, pronte a far pagare a russi e occidentali la “colpa” di essersi accordati sul disarmo chimico di Assad, rinunciando a quell’intervento militare indispensabile a far cadere il regime di Damasco.

Obbedendo agli ordini dei sauditi, i miliziani islamisti dell’Esercito di Allah hanno già annunciato il boicottaggio di Ginevra 2 e puntano esclusivamente sulla jihad per far cadere Assad. Anche i cosiddetti “moderati” raggruppati nel Consiglio Nazionale Siriano pongono condizioni impossibili per partecipare ai colloqui come l’assenza dell’Iran dalla conferenza e la deposizione di Bashar Assad. Richieste ribadite dal leader del Cns, Ahmed Jarba, uomo vicino a Riyadh che sembra puntare a silurare la conferenza.

«Non andremo a Ginevra per cedere il potere come vorrebbero i sauditi e alcuni oppositori», ha ribadito il ministro dell'Informazione di Damasco, Omran al-Zohbi, aggiungendo che «Assad resterà il Capo dello Stato». A influire negativamente su Ginevra 2, rafforzando sui due fronti le posizioni oltranziste, contribuiscono anche i successi militari che il regime sta conseguendo in tutti i settori e soprattutto nell’area di Aleppo (roccaforte storica dei ribelli) dove i governativi hanno riconquistato a inizio novembre la città di al-Safira approfittando dei dissidi tra le brigate moderate e jihadiste dei ribelli.

Il colonnello Abdul Jabbar Akaidi, uno dei comandanti dell'Esercito siriano libero, si è dimesso dopo aver constatato che ad al-Safira le milizie qaediste hanno preferito perdere la città piuttosto che aiutare le brigate Tawheed dei Fratelli Musulmani, schiacciate dall’offensiva dei lealisti. Gli jihadisti del  Fronte al-Nusra e dello Stato Islamico di Iraq e Siria devono fare i conti anche con le brigate curde che nel Nord della Siria hanno strappato agli islamisti il controllo di 19 villaggi. Un contesto di tutti contro tutti che avvantaggia ulteriormente le truppe di Assad rafforzate da nuove armi russe e migliaia di combattenti iracheni, iraniani e libanesi della cosiddetta “internazionale sciita”. Con questi rinforzi Bashar Assad sta preparando altre offensive nei sobborghi di Damasco, nel settore di Homs e a Sud, nell’area di Deraa al confine giordano.

Una fonte dei ribelli, che ha chiesto l'anonimato, ha affermato che l'opposizione sarà meno incline a partecipare alla conferenza in un momento in cui perde posizioni, mentre «Assad non ha motivo di cercare un compromesso», visto che è dominante sul campo di battaglia. Alla guerra non sembrano quindi esserci alternative.