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Giudicare tutti i giornalisti, senza doppi pesi

Per Ferruccio De Bortoli si apre un procedimento disciplinare presso l'Ordine dei Giornalisti. Perché ha pubblicato un'inserzione a pagamento sul Corriere di solidarietà a Dell'Utri. Apologia di reato? E che dire di Sofri? E delle telecamere nascoste?

Politica 02_07_2014
Ferruccio De Bortoli

Nei giorni scorsi il direttore del Corriere della Sera si è visto recapitare una lettera del Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia in cui si preannunciava la richiesta al Consiglio di disciplina territoriale di apertura di un procedimento disciplinare a suo carico per non aver impedito la pubblicazione di una pagina di solidarietà a Marcello Dell’Utri, condannato a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente detenuto nel carcere di Parma.

Nella lettera indirizzata a Ferruccio de Bortoli si ipotizza addirittura l’apologia di reato. Anche il comitato di redazione del quotidiano di via Solferino ha censurato la condotta del direttore che, a detta dei giornalisti, avrebbe dovuto opporsi alla pubblicazione di quella pagina o quanto meno dissociarsi pubblicamente dalla scelta del suo editore.

Si trattava di una pagina pubblicitaria pagata dalla moglie e dagli amici dell’ex parlamentare berlusconiano e contenente, non già insulti ai magistrati o giudizi sulla sentenza che ha stabilito la pena definitiva che dovrà scontare, bensì attestati di solidarietà umana all’uomo Dell’Utri, con riferimento alle sue passioni, ai suoi tratti caratteriali, ai suoi trascorsi di manager Publitalia e di organizzatore di eventi culturali e teatrali.

Le pagine degli inserzionisti sono, anche in virtù di sacrosanti principi deontologici, nettamente distinte dai contenuti giornalistici e la loro valutazione spetta esclusivamente all’ufficio marketing della testata. Il direttore ha potere di veto su quelle pagine, qualora ravvisi gli estremi di un reato. De Bortoli non li ha ravvisati e si è limitato a pubblicare contestualmente un articolo di Felice Cavallaro, a chiarimento di ogni possibile equivoco.

L’iniziativa dell’Ordine della Lombardia appare quanto meno azzardata. Non è mai accaduto che una redazione abbia rifiutato la pubblicazione di una pagina pubblicitaria, soprattutto quando ben evidenziata, come nel caso di quella di solidarietà “Al tuo fianco Marcello”, aperta dall’indicazione “avviso a pagamento”. Perché mai si dovrebbe poter solidarizzare con un condannato attraverso un’intervista o un articolo e non con messaggi pubblicitari che peraltro portano soldi nelle casse dell’editore e non possono assolutamente confondersi con le news? E perché ostacolare in questo caso la libertà d’impresa (e quindi anche di procacciarsi pubblicità), garantita dall’art.41 della Costituzione?

Molti dimenticano, peraltro, che Adriano Sofri, già leader di Lotta Continua e condannato a 22 anni per l’omicidio di Mario Calabresi, ha scritto per anni (dal carcere) per varie testate di primo piano (L’Unità, L’Espresso, Il Foglio, La Repubblica, Panorama) e mai nessuna redazione giornalistica ha osato insorgere contro queste collaborazioni. Uno schieramento trasversale di intellettuali di destra e di sinistra ha sempre difeso la libertà di manifestazione del pensiero di Adriano Sofri e mai è stata balenata l’ipotesi di sanzioni disciplinari a carico dei direttori che ospitavano pezzi a sua firma.

La deontologia, in verità, andrebbe richiamata con perentorietà in ben altre occasioni. Due giorni fa è stato diffuso un video, girato di nascosto con un telefonino da Stefano Apuzzo, giornalista di Repubblica, infiltrato, che ha ripreso alcune scene riguardanti una seduta di Silvio Berlusconi nel Centro anziani di Cesano Boscone presso cui l’ex premier sta svolgendo il suo periodo di prova in affidamento ai servizi sociali.

Apuzzo, esponente ambientalista, oggi assessore renziano nella giunta di Rozzano, nell’hinterland sud di Milano e a un tiro di schioppo da Cesano Boscone, si è infilato il camice bianco, si è piazzato una microcamera all'occhiello e si è presentato alla “Sacra Famiglia”, spiegando di fare il volontario in un'altra struttura e di essere interessato a trasferire lì una conoscente. Da infiltrato, ha ripreso quelle scene senza dichiarare le finalità della raccolta di quelle immagini.

Il video è stato pubblicato sul sito di Repubblica. In verità, nessun volto è riconoscibile oltre quello del leader del centrodestra. Le scene di per sé non riproducono nulla di compromettente e svelano un ex premier a suo agio con gli ospiti di quella struttura, peraltro piacevolmente interessati alla sua presenza. Nulla di disdicevole, dunque, se non che l’utilizzo dei mezzi fraudolenti da parte di un giornalista non si giustifica se non in nome di un interesse pubblico. Che in quella circostanza sembra non sussistere.

Il codice deontologico del 1998 sul rapporto tra diritto all’informazione e tutela della privacy precisa che nei luoghi di detenzione (carcere) e riabilitazione e nelle strutture sanitarie in generale come quella di Cesano Boscone, la tutela della privacy dev’essere pari a quella garantita nel domicilio privato di ciascuno: nessuna intrusione, nessun mezzo fraudolento per estorcere informazioni o immagini all’insaputa dei protagonisti.

L’utilizzo di telecamere nascoste è lecito solo in caso di inequivocabile interesse pubblico del cittadino a conoscere quella situazione. Se, ad esempio, un cronista, con una telecamera nascosta o un teleobiettivo a distanza o un telefonino, riesce a documentare un disservizio in una struttura pubblica o un reato, l’esercizio della sua funzione informativa prevale su tutto, anche sulla riservatezza delle persone filmate. In questo caso, la violazione della privacy di Berlusconi e dei malati di Alzheimer ricoverati in quella struttura non si giustifica in nome di un interesse pubblico e del principio di essenzialità della notizia (il video non aggiunge nessun particolare alla completezza della notizia).

I legali dell’ex Cavaliere hanno preannunciato una segnalazione al Garante della privacy e minacciano di adire le vie legali. E del giornalista che ha violato il suo codice deontologico il Consiglio di disciplina territoriale si occuperà o chiuderà per l’ennesima volta un occhio?