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LO STUDIO

Gli arabi: Trump meglio di Obama. Il nemico è l'Iran

Gli arabi odiano Trump e rimpiangono Obama? No. Uno studio sui tweet del mondo arabo rivela che l'unico vero nemico è l'Iran sciita. Trump piace di più rispetto a Obama, precisamente perché è più duro con l'Iran. Ne parliamo con Matteo Colombo, uno dei ricercatori milanesi autori dello studio.

Esteri 06_10_2017
Trump e la danza tradizionale delle sciabole a Riad

Trump è il presidente più impopolare di sempre nel Medio Oriente e nel mondo arabo in particolare? E’ odiato in particolar modo per il suo “muslim ban”? Gli arabi rimpiangono Obama e la sua filosofia di politica estera espressa nel suo discorso del Cairo del 2009? Queste sono cose che pensiamo stando qui, in Italia, in Europa. La realtà, là fuori, nel mondo arabo, è molto diversa, quasi opposta. Lo rivela uno studio che prende in considerazione oltre 6 milioni di tweet in lingua araba sugli Stati Uniti e la guerra contro l’Isis, pubblicati da ottobre 2014 a fine giugno 2017 e analizzati attraverso la piattaforma Voices Analytics di Voices from the Blogs (Università degli Studi di Milano) effettuato da Matteo Colombo, Luigi Curini, Andrea Ceron e Stefano M. Iacus.

La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato con uno dei ricercatori autori dello studio, Matteo Colombo, Dottorando Nasp, il quale ci conferma che la realtà è molto differente, a partire proprio dal dato più eclatante che emerge dall’enorme studio sulla comunicazione social nel mondo arabo: “L’aspetto che colpisce di più, è stato quello di trovare tantissimi tweet relativi all’amministrazione Trump che abbiamo catalogato come ‘positivi’. Tendenzialmente sono positivi, perché si parla di Trump in contrapposizione a Obama e molti di questi, infatti, risalgono al periodo della campagna elettorale”. I motivi per cui il presidente repubblicano viene preferito al premio Nobel per la Pace, sono essenzialmente due: “Prima di tutto perché il 49% dei tweet arriva dai Paesi del Golfo e molti utenti del Golfo imputavano a Obama la grande colpa di aver fatto l’accordo con l’Iran. Per ironia, molti lo chiamavano ‘Hussein Obama’. L’idea era quella che Obama avesse fatto troppe concessioni all’Iran e circolavano tante teorie della cospirazione su di lui. Ad esempio si diceva che Usa e Iran si fossero segretamente alleati per combattere l’Isis. Come ‘prova’ di questa teoria cospirativa c’era anche la constatazione che gli Usa di Obama non avevano mai realmente attaccato Assad, alleato dell’Iran. Di Trump, invece, venivano sottolineate soprattutto le dichiarazioni dure contro l’Iran, fatte anche in campagna elettorale. Un altro elemento molto condiviso era la sua velata accusa che Obama e la Clinton fossero i ‘creatori’ dell’Isis. Trump lo intendeva come: la loro strategia fallimentare ha portato alla nascita dell’Isis. Ma alcuni l’hanno intesa come una conferma della loro teoria cospirativa sulla presunta alleanza Usa-Iran. Trump, nonostante le sue dichiarazioni sui musulmani, suscitava più speranze di un cambio di politica americana in senso anti-iraniano”.

Quante persone condividono questi pareri? Le masse sono ancora in larga misura all’oscuro. Non per caso il grosso del traffico dei social network riguarda i Paesi del Golfo Persico, ricche monarchie dove gli uomini hanno sia il tempo che i soldi per seguire questi dibattiti ed esprimere i loro pareri in rete. “In Egitto abitano 90 milioni di persone, ma i tweet sono in percentuale bassissima, in rapporto al numero di abitanti. La parte del leone la fa l’Arabia Saudita e i paesi del Golfo”. Soprattutto, lo studio ha seguito il parere e l’evoluzione degli influencer del Golfo: imam popolari in televisione, imprenditori, uomini di fiducia della corte saudita e intellettuali, persone con milioni di followers e la capacità di dominare il dibattito. “Su Twitter si vede chiaramente che esiste un network di persone influenti legate alla monarchia saudita che portano avanti questa tesi: Trump può anche non piacere per le sue opinioni sui musulmani, ma intanto è inflessibile con l’Iran. Vediamo se nei prossimi mesi si conferma questo ‘matrimonio di interesse’”.

Quando si parla di Stato Islamico? “Anche in questo caso, per la popolazione del Golfo, il nemico numero 1 è sempre l’Iran. Si riconosce che ‘nell’Isis sono terroristi’, però si aggiunge ‘ma anche l’Iran commette crimini, sta uccidendo civili’. Questa è la tendenza più diffusa. Visto che l’Iran è molto esposto, sia nel conflitto siriano che in quello iracheno, assume il ruolo del cattivo per eccellenza nei tweet arabi. Spesso si constata che ‘nessuno dice nulla’ sui crimini commessi dalle milizie sciite in Iraq, per esempio”. Ma l’Isis, in sé, come viene percepito? Non è questo l’oggetto principale dello studio milanese, ma incidentalmente si scopre che: “Solo una percentuale molto bassa dimostra simpatie per gli jihadisti di Al Baghdadi, circa il 4% dei tweet. Per il resto è diffusa una condanna dell’Isis, ma per motivi diversi dai nostri. Circolano molte teorie della cospirazione, secondo cui è stato creato dagli Usa o dall’Iran, ancora. Non c’è una simpatia ideologica diretta, ma la condanna all’Isis viene accompagnata anche dalla condanna ad altri attori regionali, insomma”. C’è sempre un ‘ma anche’ che segue la denuncia ai crimini dell’autoproclamato Califfato. Inoltre: “la premessa ideologica su cui si fonda l’Isis, quella secondo cui è in corso una guerra contro l’islam sunnita, è abbastanza condivisa. Che poi l’Isis sia un difensore legittimo della causa sunnita, invece, è molto poco condiviso”.

Se l’Iran è visto come nemico numero uno e l’Isis è considerato come un difensore illegittimo (ma pur sempre difensore) della causa sunnita, è la guerra millenaria fra sunniti e sciiti quella che cattura l’attenzione dell’opinione pubblica araba, dominata dagli influencer sauditi. I sentimenti anti-sciiti sono evidenti soprattutto nell’uso delle parole: “Ci sono definizioni che vengono attribuite agli sciiti che, fino a pochi anni fa erano quasi un’esclusiva dei jihadista. Un esempio è la parola: ‘rafidah’, che vuol dire colui che ha rifiutato il Califfato, praticamente un apostata. Prima solo i jihadisti sunniti davano del ‘rafidah’ agli sciiti, adesso è pratica comune a molte persone qualunque in tutto il mondo sunnita”.