Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico

MEDIO ORIENTE

Hezbollah "terrorista"? La piazza araba si ribella

Il Consiglio di Cooperazione del Golfo, che include le monarchie sunnite del Golfo Persico, ha deciso di inserire il partito Hezbollah (sciita) nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. Ma le opinioni pubbliche arabe insorgono, anche quelle laiche e progressiste. Perché il loro odio per Usa e Israele supera la causa della lotta al terrorismo.

Esteri 06_03_2016
Hezbollah in parata

La definizione di terrorismo, se si esclude il significato letterale di “incutere terrore”, rimane una delle più dibattute e soggettive. Nel mondo arabo lo è ancor di più considerata l’elevata percentuale di regimi totalitari, a base religiosa e non, che sovrappongono a motivazioni di sicurezza interna ed esterna, i settarismi, e l’altrettanto elevata ideologizzazione della sua popolazione. 

Il dibattito si è scatenato a seguito della decisione, lo scorso 2 marzo, del Consiglio di Cooperazione del Golfo di inserire l’organizzazione sciita Hezbollah tra le organizzazioni terroristiche. Il Consiglio, al quale siedono Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar, ha altresì comunicato che non si è ancora stabilita una modalità per procedere. Per il momento l’unico Stato del Consiglio, che è anche l’unico Stato arabo, ad avere ufficialmente inserito nell’aprile 2013 Hezbollah tra le organizzazioni terroristiche è il Bahrein, dove una dinastia sunnita governa una popolazione il cui 70% è sciita. Il segretario generale del Consiglio Abd al-Latif al-Zayani ha dichiarato che “le nazioni del Consiglio di Cooperazione del Golfo considerano tutte le azioni di Hezbollah nei paesi del Golfo e gli atti provocatori che compie in Siria, Iraq, Yemen in contrasto con il diritto internazionale e i valori umani che minacciano l’unità araba.”

Attualmente Hezbollah è considerato un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Francia, Australia, Canada, Paesi Bassi e Israele. L’Unione Europea, la Nuova Zelanda e il Regno Unito considerano terrorista solo la sua ala militare. Nel mondo arabo, oltre al Bahrein, solo l’Egitto nel 2009 dopo un fallito attentato sul proprio territorio ha momentaneamente posizionato nella lista nera l’organizzazione sciita. 

La decisione dello scorso 2 marzo ha evidenti motivazioni politiche considerato che i paesi membri del Consiglio da un lato appartengono alla coalizione anti-terrorismo sunnita - lanciata lo scorso dicembre dall’Arabia Saudita e dall’altro sono confinanti o dirimpettai dell’Iran. 

La coalizione sunnita che ha come obiettivo primario la lotta contro lo Stato Islamico include Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Giordania, Yemen, Bangladesh, Benin, Ciad, Togo, Gibuti, Senegal, Sudan, Malaysia, Pakistan, Sierra Leone, Somalia, Gabon, Guinea, Palestina, Comore, Costa d'Avorio, Kuwait, Libano, Mali, Mauritania, Marocco, Libia, Niger, Bahrein, Tunisia, Nigeria e Maldive, ma esclude Siria e Iraq. Ebbene la denominazione di Hezbollah come organizzazione terroristica e le successive reazioni, ufficiali e non, da parte di alcuni paesi della coalizione ne conferma in primo luogo la fragilità in presenza di molteplici priorità per i singoli paesi. 

Come già affermato, per i paesi del Golfo, ma soprattutto per l’Arabia Saudita, l’asse sciita rappresenta il pericolo prioritario considerata la precarietà della situazione nel confinante Yemen dove le milizie sciite houthi intrattengono rapporti ideologici, ma anche logistici e finanziari con l’Iran e considerata la presenza sciita nel nord-est del paese, che rappresenta l’area dei principali giacimenti di petrolio. Quella stessa area confina con Kuwait e si affaccia anche sul Golfo Persico. L’accordo su Hezbollah tra i paesi del Golfo non poteva che essere unanime. 

Il paese colpito più direttamente dalla decisione del 2 marzo è senza dubbio il Libano dove Hezbollah ha dodici seggi al Parlamento e il cui leader Hasan Nasrallah il 1 marzo aveva accusato l’Arabia Saudita “di provocare una guerra settaria tra sunniti e sciiti nel mondo arabo”. Già il 19 febbraio scorso l’Arabia Saudita ha annunciato la sospensione del finanziamento di tre miliardi di dollari a favore dell’esercito libanese e di quello di circa un miliardo di dollari per la sicurezza. Pochi giorni dopo il Ministero degli Affari Esteri Saudita ha invitato i propri cittadini a non recarsi in Libano. Quest’ultimo punto, che potrebbe sembrare meno rilevante, potrà avere gravi conseguenze sull’economia libanese che è alimentata in modo consistente dal turismo di cittadini del Golfo che hanno immobili e che sono soliti trascorrere lunghi e brevi periodi nella capitale Beirut. In un momento in cui il Libano è in ginocchio per la presenza sul proprio territorio di circa un milione e duecentomila rifugiati siriani. 

Ma anche le reazioni di altri paesi membri della coalizione sunnita anti-ISIS confermano che il mondo arabo è ben lontano da avere raggiunto la tanto agognata unità di intenti, anche su un tema così importante e scottante come il terrorismo. Il portavoce del Ministero degli Affari Esteri algerino ha comunicato che solo i libanesi possono esprimersi su Hezbollah, che è “un movimento politico-militare che appartiene al paesaggio sociale e politico del Libano”. Il Presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha preso le distanze dalla decisione, che inizialmente sembrava essere a favore dell’inclusione di Hezbollah nelle organizzazioni terroristiche, con molta probabilità a fronte della forte reazione della società civile tunisina, in modo particolare quella laica di sinistra.

Due membri del Quartetto tunisino vincitore del Premio Nobel per la Pace hanno espresso la loro contrarietà. L’UGTT – l’Unione Generale Tunisina del Lavoro – ha emesso un comunicato dal titolo “Terrorista è chi considera Hezbollah terrorista” in cui dichiara di “rifiutare la decisione” poiché è “un servizio all’entità sionista”. L’Ordine Nazionale degli Avvocati di Tunisia ha espresso stupore poiché Hezbollah è “un simbolo della resistenza” e non si può “concedere al nemico sionista quel che quest’ultimo nega agli altri”. Sul sito Petitions 24 è stata lanciata una petizione “Sono tunisino/a e sono fiero/a di Hezbollah”. Molti tunisini hanno sostituto il loro profilo con la bandiera di Hezbollah o l’immagine di Nasrallah. L’intellettuale Olfa Youssef sul proprio profilo Facebook ha scritto: “Se Hezbollah è terrorista, allora sono fiera di portare lo stendardo del terrorismo”. Le parole della Youssef ricordano i versi scritti dal poeta siriano Nizar Qabbani nel 1997: “Sono con il terrorismo/sinché questo nuovo mondo sarà/spartito/tra l’America e Israele/metà a metà.” Dopo la reazione appena descritta, Nasrallah rivolgerà domenica 6 marzo un messaggio ai tunisini. 

Ebbene, Qabbani, la Youssef al pari dell’UGTT dimostrano come lo spirito anti-americano e anti-israeliano rappresenti un collante per le masse e le élites arabe e come il concetto di terrorismo sia ben lungi dall’essere definito e chiaro nel mondo arabo, dove laici che si oppongono all’estremismo islamico dei Fratelli musulmani rifiutano la designazione di Hezbollah come organizzazione terroristica. 

Il mondo arabo è purtroppo affetto da una forma acuta di schizofrenia ideologica e politica che non ha consentito sinora e non consentirà a breve termine di concentrarsi sulla vera lotta contro il terrorismo che dovrebbe partire dalla messa al bando delle ideologie dell’islam politico, dall’Arabia Saudita all’Iran, da Hezbollah all’ideologia wahhabita e alla Fratellanza musulmana. Ha ragione lo scrittore tunisino Salah Al Gharbi quando scrive che “da decenni le opinioni pubbliche arabe son vittime della manipolazione dei mezzi di comunicazione, ma al contempo di un discorso politico che cerca di sfruttare la simpatia e l’adesione sincera dei popoli arabi alla causa palestinese”, causa che pochi governi arabi hanno voluto risolvere e che dai più è considerata la vera valvola di sfogo, lo specchietto per le allodole che distrae dai problemi interni.