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L'ARRESTO DI JIMMY LAI

Hong Kong, la nuova legge per reprimere la stampa

Con un raid spettacolare, trasmesso in diretta video, un centinaio di agenti della polizia di Hong Kong ha fatto irruzione nella sede del quotidiano Apple Daily, il principale punto di riferimento della rivolta democratica. L’editore, l’imprenditore cattolico Jimmy Lai, è stato arrestato in base alla nuova legge sulla sicurezza nazionale

Libertà religiosa 11_08_2020 English Español
La polizia nella sede dell'Apple Daily

Con un raid spettacolare, trasmesso in diretta video, un centinaio di agenti della polizia di Hong Kong ha fatto irruzione nella sede del quotidiano Apple Daily, il principale punto di riferimento della rivolta democratica. L’editore, l’imprenditore cattolico Jimmy Lai, è stato arrestato assieme al figlio Ian. L’altro figlio, Simon, è ricercato, così come è ricercato un altro dirigente della casa editrice Next Digital, Mark Simon, che per primo ha dato la notizia del raid e degli arresti. Jimmy Lai è la prima vittima eccellente della nuova Legge per la sicurezza nazionale, imposta da Pechino all’enclave di Hong Kong. La polizia honkonghese sta dunque incominciando ad eseguire gli ordini del governo centrale.

Le autorità cinesi accusano Jimmy Lai e i suoi soci di essere degli infiltrati dell’Occidente, dei sovversivi e dei propagandisti nemici. Secondo il quotidiano cinese (fedele a Pechino) in lingua inglese Global Times, le pubblicazioni di Jimmy Lai servono a “instillare odio, diffondere voci, offendere le autorità di Hong Kong e della madrepatria per anni”. La nuova legge securitaria cinese, in teoria, dovrebbe punire chi si macchia di colpe quali “sovversione, secessione, tradimento, sedizione”, ma un raid così pubblicizzato nella sede del principale quotidiano d’opposizione è la dimostrazione che la norma verrà usata anche per porre fine alla libertà di espressione. E soprattutto per colpire le figure chiave del dissenso. L’imprenditore ed editore era già stato arrestato tre volte prima di questa. E su di lui pendevano quattro capi di imputazione, soprattutto per organizzazione di assemblee illegali, durante la Rivoluzione degli ombrelli (2014) e le proteste contro la legge sull’estradizione del 2019. Ora, con la nuova legge, rischia il carcere con la pesante accusa di “collusione con un Paese estero”.

Jimmy Lai fuggì dalla Cina per rifugiarsi ad Hong Kong quando aveva 13 anni. “Non ho mai visto così tanto cibo a colazione come quando sono arrivato a Hong Kong – confidava nella sua lunga intervista rilasciata a Robert Sirico, per l’Acton Institute, in giugno - Da quei giorni ho iniziato ad accostare il concetto di libertà con quello dell’abbondanza di cibo. Libertà vuol dire anche non aver più fame”. Partito dal nulla, Lai era riuscito a costruire un vero impero di vendite al dettaglio, che ha sempre concepito come “un servizio per i bisogni del prossimo”. Molto ottimista sugli sviluppi della Cina continentale, con cui continuò a fare la spola, cambiò radicalmente atteggiamento e idee con il massacro di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989. Da allora iniziò la sua militanza per la libertà. Nel 1990 lanciò i suoi giornali che ebbero un immediato successo. Li aprì per colmare un vuoto: tutti avevano paura del regime comunista e cercavano di autocensurarsi per non offenderlo. Il suo impegno apertamente anticomunista fu dunque “Un insieme di passione per la libertà e un’opportunità di business, perché nessuno osava parlare apertamente del potere in Cina”.

Il 1997 fu l’anno della restituzione di Hong Kong alla Cina e molti incominciarono ad aver paura seriamente. In quell’anno Jimmy Lai, già affermato imprenditore ed editore, si convertì al cattolicesimo. “L’influenza maggiore è venuta da mia moglie, che pregava tutti i giorni”, dice di quel grande passo. “Nel 1997 la conversione mi apparve del tutto naturale, anche se non ci avevo mai pensato prima. Avevo sempre lottato per la libertà, ma non avevo mai concepito prima di allora la mia lotta come parte di una missione superiore. Sapevo fosse giusto, non avevo ancora realizzato il perché”. Era già amico del Cardinal Joseph Zen, allora arcivescovo di Hong Kong: fu lui a battezzarlo.

La vicenda di questo imprenditore ed editore è la dimostrazione che nessuno può dirsi al sicuro. Da Vip inseguito dai paparazzi e dalle riviste di gossip, divenne dissidente inseguito dalla polizia, che ha tenuto sempre sotto controllo casa sua e intimidito chi andava a visitarlo. Per il reato di assemblea illegale, nel passato recente, si pagava una multa di un migliaio di dollari. Adesso si viene arrestati, scatta il divieto di viaggiare al di fuori di Hong Kong. “Quel che le autorità fanno, di recente, è arrestare i dissidenti più in vista, così da intimidire tutti gli altri. Per impedire che due milioni di persone scendano in piazza un’altra volta”, spiegava Jimmy Lai. Inoltre, “La sola esistenza della nuova Legge per la sicurezza nazionale, sta spaventando la gente, che ora è diventata molto più prudente. La parola più ricercata su Google è 'emigrazione'. La gente sta cercando il modo di emigrare. Fortunatamente Boris Johnson ha promesso di concedere almeno 3 milioni di passaporti. E’ stato di grande aiuto, almeno gli honkonghesi sanno che esiste un posto in cui andare”.

La piccola Hong Kong, la cui popolazione è circa un centesimo di quella della Repubblica Popolare Cinese, è comunque molto pericolosa agli occhi di Xi Jinping. “Siamo come un avamposto dei valori occidentali in Cina – spiegava Lai nella sua intervista - E possiamo diffondere questi valori ai cinesi della Cina continentale”. Finora è anche stato l’unico luogo in cui la religione era veramente libera, dove i cristiani potevano pregare senza sottostare alle normative sulla “sinizzazione” (religione con caratteristiche cinesi, cioè comuniste). Finora. Ma d’ora in avanti la musica sta cambiando anche per la Chiesa. Come dimostra la lettera ai presidi delle scuole cattoliche inviata dalla Diocesi di Hong Kong, in cui si chiede di insegnare agli studenti la nuova Legge per la sicurezza nazionale e la nuova norma per l’inno nazionale cinese, coltivare i “valori corretti” sull’identità nazionale e proibire ogni “politicizzazione”. La repressione del pensiero, dunque, arriva nelle scuole cattoliche, che finora erano state all’avanguardia nella protesta del 2019.

Tutto ciò avviene alla vigilia del rinnovo degli accordi fra Cina e Vaticano, previsto per fine settembre. C’è da chiedersi con che spirito lo affronterà la Cina, che sta palesemente violando un trattato internazionale che garantiva piena autonomia a Hong Kong. E con che predisposizione lo affronterà il Vaticano, dopo aver visto con quale facilità Pechino viola gli accordi, o li usa a proprio vantaggio, cercando di trasformare la Chiesa in un altro organo di propaganda del Partito.