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ELEZIONI REGIONALI

Il blocco giallo-rosso alla prova del voto locale

Tra Movimento Cinque Stelle e Pd è scoccata la scintilla. Si erano a lungo detestati, ma alle prossime elezioni regionali potrebbero presentarsi assieme. In due regioni rosse come l'Umbria e l'Emilia Romagna, oltre che in Calabria, ci saranno i primi test. Più facile l'alleanza in Emilia Romagna, meno nell'Umbria dello scandalo sanità

Politica 06_09_2019
Zingaretti e Di Maio

Per ora sono solo rumors, ma è probabile che nelle prossime settimane diventino segnali tangibili e, infine, accordi scritti. Tra Movimento Cinque Stelle e Pd è scoccata la scintilla. Si erano a lungo detestati, neppure tanto cordialmente, al punto che in Rete sono diventati virali i video nei quali fino a pochi giorni fa Luigi Di Maio assicurava “Mai con il partito di Bibbiano” e Nicola Zingaretti gli faceva eco sentenziando “Lega e Cinque Stelle sono la stessa cosa”.

Ora che hanno trovato il collante per un’alleanza di governo nazionale c’è chi non esclude che questo asse grillini-dem diventi politico e si riproduca anche su base locale e regionale. Nei giorni scorsi l’eurodeputato dem Massimiliano Smeriglio, vicinissimo al segretario Zingaretti, aveva lanciato il sasso, senza peraltro tirare indietro la mano: «Quella di governo dovrà essere una alleanza tutta politica da rilanciare immediatamente, anche in vista delle elezioni regionali. A partire da quelle in Umbria ed Emilia-Romagna. Potremmo insieme mettere definitivamente all'angolo Salvini».

In effetti, la posta in palio è corposa. Nei prossimi mesi andranno al voto due regioni storicamente rosse come l’Umbria (27 ottobre) e l’Emilia Romagna (tra novembre e gennaio) e un’altra, la Calabria, attualmente in mano al centrosinistra, che dovrebbe essere chiamata alle urne a novembre o al massimo a gennaio, in caso di primarie regolate da una legge regionale.

Insomma esistono tutte le premesse affinchè l’alleanza giallo-rossa venga replicata anche in ambito regionale, al fine di sconfiggere l’odiato Matteo Salvini, che altrimenti rischierebbe di fare il pieno. Se, dunque, a livello nazionale il nuovo governo è nato soprattutto in funzione anti-Carroccio, per frenare l’ascesa del Capitano, anche sui territori Pd e Cinque Stelle potrebbero stipulare patti di non belligeranza o addirittura accordi organici, al fine di impedire che quelle tre regioni e anche, in primavera, la Toscana, finiscano nelle mani leghiste.

Eppure a livello locale e regionale i personalismi e le rivalità personali rischiano di rendere più impervio il cammino verso un’intesa politica. Nei sondaggi il centrodestra resta lanciatissimo e le amministrazioni uscenti non stanno certamente regalando ai cittadini di quelle regioni esempi di buon governo. Il premier Giuseppe Conte sa bene che un dilagante successo leghista in quelle regioni riaprirebbe la partita anche a livello nazionale, perché confermerebbe il trend già ampiamente riscontrato nei sondaggi dell’ultimo anno in favore del centrodestra e avallerebbe l’idea di un governo nazionale scarsamente rappresentativo della volontà popolare.

Possibilista, in Calabria, il commissario regionale del Pd, Stefano Graziano: «Il quadro nazionale - ha dichiarato - cambia anche gli scenari locali. Abbiamo spiegato le ragioni per le quali riteniamo di dover cambiare e oggi possiamo farlo ancora di più con uno scenario nazionale che si può realizzare su base locale. Con i 5 Stelle siamo disponibili a fare un ragionamento, lavoriamo a un candidato presidente di scenario diverso da condividere e che rappresenti il cambiamento». Ma dal Movimento 5 Stelle, per ora, la risposta è negativa. Laura Ferrara, europarlamentare grillina, chiude a una prospettiva del genere: «Sperare che in Calabria si possa realizzare ciò che in queste ore va delineandosi a Roma è improbabile, così come lo era quando a governare con il M5S c'era la Lega».

Terreno più fertile per un dialogo costruttivo tra i due nuovi alleati di governo sembra esserci in Emilia Romagna, dove l’attuale governatore Stefano Bonaccini sembra in risalita. Paolo Calvano, segretario regionale dem, si dice pronto a dialogare con i 5 Stelle, anche sul tema dell’autonomia differenziata, che rischia peraltro di acuire peraltro la frattura tra governo nazionale e regioni del nord, in particolare Lombardia e Veneto, entrambe a guida leghista.

In Umbria, invece, il Pd parte davvero svantaggiato perché Lega e Movimento Cinque Stelle nei mesi scorsi si sono entrambi schierati apertamente contro i dem dopo l’inchiesta sulla sanità che ha portato all’arresto del segretario locale, Gianpiero Bocci. Per la base di un movimento come quello grillino, che ha fatto della lotta alla corruzione la sua bandiera identitaria, risulterebbe indigeribile un’alleanza con chi ha gestito la Regione per lungo tempo dimostrandosi inaffidabile sul piano della legalità.

In ogni caso lo stato maggiore del Pd e quello pentastellato continueranno ad annusarsi in queste settimane per trovare intese un po’ ovunque. L’idea stessa, lanciata ieri da Romano Prodi dalle colonne del Corriere della Sera, della reintroduzione del sistema elettorale maggioritario, altro non è che la premessa per un ritorno ad un bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra, con Pd e Cinque Stelle uniti contro Matteo Salvini e i suoi alleati.