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Chiesa

Il cardinale Becciu cambia la dottrina

In una intervista il prefetto della Congegazione per le cause dei Santi, cardinale Becciu, ha contraddetto Magistero e buon senso a proposito di omosessualità.

Gender Watch 15_06_2019

Il diverso, perfino opposto, atteggiamento dei vescovi e dei sacerdoti riguardo all’omosessualità è l’emblema della grande confusione che regna nella Chiesa. Al punto che un cardinale, molto vicino a papa Francesco, su preti e omosessualità si permette di contraddire sia il magistero tradizionale della Chiesa sia specifiche indicazioni confermate da papa Francesco, il tutto con la massima naturalezza, come se stesse dicendo la cosa più normale del mondo. E tutto passa senza che a nessuno in Vaticano venga in mente come minimo di chiedere ragione al prelato di cosa abbia detto.

Stiamo parlando del cardinale Angelo Becciu, una carriera fulminea in questo pontificato, uomo di fiducia di papa Francesco, che lo ha prima chiamato a fare il numero 2 della Segreteria di Stato e poi a ricoprire il ruolo di prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Domenica scorsa Becciu è stato intervistato a Rep Idee (manifestazione culturale organizzata dal quotidiano Repubblica), e tra le altre cose – tra cui la solita tirata contro Salvini nel giorno del voto – ha pontificato su preti e omosessualità: «Essere gay non è un peccato – ha detto Becciu -, ma più che un'approvazione del mondo gay si tratta di rispetto, si può essere gay e vivere da bravo sacerdote. L'importante è rispettare il voto di castità, perché quella è la vera scelta».

È disarmante notare come un cardinale, un rappresentante di primo piano nella Chiesa, uno stretto collaboratore del Papa, possa usare un linguaggio mistificatorio e contraddire così apertamente il Magistero. Intanto l’uso del termine gay: va bene la semplificazione, ma il cardinale Becciu non può ignorare che, malgrado ciò che dice il mondo, parlare di gay è cosa ben diversa dal parlare di una persona con tendenze omosessuali. L’omosessualità è la descrizione di un orientamento sessuale che può avere diverse cause psicologiche, gay è invece un’identità socio-politica, l’affermazione di uno stile di vita. Usare le due parole come sinonimo è già un cedimento grave alla mentalità omosessualista.

Ma il peggio viene dopo: «Si può essere gay e vivere da bravo sacerdote». Non è questo che insegna la Chiesa. Il catechismo parla di «inclinazione oggettivamente disordinata», vale a dire che c’è un problema nella sfera affettiva che è ben più profondo della capacità di mantenersi casti. Non per niente la Ratio Fundamentalis Istitutionis Sacerdotalis, riaggiornata nel 2016 con il beneplacito di papa Francesco (clicca qui), prescrive che è inconciliabile una omosessualità radicata con la vocazione sacerdotale. Ed è ancora papa Francesco, nel libro “La forza della vocazione” pubblicato nel dicembre scorso, a ribadire il suo no ai preti-omosessuali: «È qualcosa che mi preoccupa, perché forse a un certo punto non è stato affrontato bene. Sempre sulla linea di quello che stavamo dicendo, ti direi che nella formazione dobbiamo curare molto la maturità umana e affettiva. (…) Quella dell’omosessualità è una questione molto seria, che occorre discernere adeguatamente fin dall’inizio con i candidati, se è il caso. Dobbiamo essere esigenti. Nelle nostre società sembra addirittura che l’omosessualità sia di moda e questa mentalità, in qualche modo, influisce anche sulla vita della Chiesa».

Nell’affermare che non c’è problema a essere sacerdote e anche gay, è inoltre implicito riconoscere l’omosessualità come una variante naturale, una delle tante possibili identità sessuali. È la negazione del progetto creatore di Dio che ha voluto l’uomo “maschio e femmina”, come ci ha ricordato il documento pubblicato nei giorni scorsi dalla Congregazione per l’educazione cattolica.

La domanda sorge spontanea: è tollerabile che un cardinale di Santa Romana Chiesa, uno stretto collaboratore del Papa, vada in giro a diffondere errori, mistificando anche le parole del Papa stesso?

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