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IL CONVEGNO

Il divorzio è un problema di salute. Dicono al Ministero

La separazione con bambini è un problema di salute pubblica”, su questo tema si sono confrontati all’auditorium del Ministero della Salute, giuristi, esponenti della comunità medico-scientifica, psicologi, mediatori familiari e responsabili. Con il saluto del ministro Lorenzin è stata presentata una ricerca pubblicata sull'Health Psychology Open. Che cosa dice? Dati clinici alla mano che i bambini senza padre o madre uniti soffrono terribilmente. 

Famiglia 25_05_2017

“La separazione con bambini è un problema di salute pubblica”, su questo tema venerdì scorso si sono confrontati a Roma, presso l’auditorium del Ministero della Salute, giuristi, esponenti della comunità medico-scientifica, psicologi, mediatori familiari e responsabili di strutture che operano nel sociale.

L’iniziativa, la prima in Italia di questo genere, prende spunto dall’articolo ‘New approaches to divorce with children: A problem of public health’ curato dal pediatra Vittorio Carlo Vezzetti e pubblicato lo scorso novembre dalla prestigiosa rivista internazionale Health Psychology Open.

Il testo rappresenta la più vasta metanalisi sulle conseguenze sanitarie delle separazioni nelle coppie con figli, soprattutto rispetto a quei casi in cui avviene la perdita di una delle due figure genitoriali o vi è una situazione di conflitto protratto.

In questi mesi, l’articolo di Vezzetti ha fatto molto discutere poiché, mettendo a fuoco i danni organici subiti da bambini e adolescenti a seguito della perdita separativa, ha di conseguenza implicitamente additato i nuovi stili di vita delle società occidentali che inneggiano ad una libertà individuale scevra di ogni responsabilità relazionale nonché i costumi giurisprudenziali che prediligono un approccio monogenitoriale.

Dalla ricerca di Vezzetti emerge quindi una verità scomoda, ovvero che i bambini soffrono terribilmente se vengono separati dalla madre o dal padre. Preso atto di questo dato incontestabile e alla luce dei 10 milioni di bambini che in Europa sono condannati a vivere senza uno dei due genitori (circa un milione e mezzo in Italia), molti ora concordano nell’affermare che la separazione che coinvolge dei minori è un fattore di grande rischio per la salute pubblica.

Fatto sta che il convegno è stato ospitato nei locali della sede centrale del Ministero della Salute e ha ricevuto anche un messaggio di saluto del ministro, Beatrice Lorenzin, secondo la quale “l’argomento, purtroppo, riveste grande attualità e merita attenzione non solo dal punto di vista giuridico, ma anche per le innegabili implicazioni sulla salute e sul benessere dei soggetti coinvolti”.

Tra i relatori dell’evento lo stesso pediatra Vittorio Carlo Vezzetti; l’avvocato familiarista patrocinante in Cassazione, Simone Pillon; Giorgio Vaccaro, avvocato e mediatore familiare; Ugo Sabatello, Neuropsichiatra infantile, ricercatore confermato presso Sapienza Università di Roma; Giovanni Camerini, Neuropsichiatra infantile e psichiatra, docente di psicologia giuridica presso le Università di Padova; Marco Pingitore, Psicologo psicoterapeuta, Presidente Società Italiana Scienze Forensi e Giovanni Lopez, Psicologo psicoterapeuta, responsabile dell’Area di psicologia clinica e giuridica de La Casa di Nilla. Vasta la platea di operatori in diversi settori convolti nella cura e nella custodia dei minori.

Tutti gli esperti intervenuti si sono soffermati sul diritto imprescindibile del bambino a trascorrere tempi adeguati con la mamma e con il papà. Per questo motivo l’avv. Pillon, membro fra l’altro del comitato promotore del Family day, ha sottolineato la necessità di aiutare i genitori a restare uniti e a crescere i loro figli insieme, anziché condurre subito la coppia verso la separazione all’insorgenza delle prime incomprensioni. “Di fronte alle crisi delle coppie – ha spiegato Pillon – il primo obiettivo della società deve essere quello di trovare soluzioni per salvaguardare il superiore interesse del minore”.

Pillon ha quindi indicato alcune strade da percorrere. Il tentativo di riconciliazione può essere affrontato in delle strutture apposite come la ‘Casa della tenerezza’ a Perugia, che propone un percorso di riconciliazione superato da circa il 60% delle coppie che finora vi si sono rivolte. Ma quando questo è proprio impossibile non resta che supportare in ogni modo l'affidamento materialmente condiviso con tempi equipollenti.

Nei Paesi in cui è stata attuata la politica dei tempi equipollenti, infatti, il conflitto si è drasticamente ridotto e la probabilità per un minore di perdere un genitore è crollata. Visto la mancanza di strumenti normativi adeguati, Pillon ha suggerito di promuovere presso tutti i 136 tribunali italiani un protocollo d’intesa sulla scorta di quello già concordato con il tribunale di Perugia, che fissa tempi equipollenti di frequentazione dei figli minorenni.

A ricordarci quanto sia importate questo aspetto è stata di nuovo la Corte di Strasburgo che ad inizio maggio ha condannato l’Italia per l'ennesimo caso in cui il nostro Paese non è riuscito a garantire la relazione figlio minorenne-genitore escluso dall'altro genitore. La sentenza (Improta c. Italia, 4 maggio 2017) giunge a meno di due mesi di distanza dalle altre due in ambito di relazioni familiari.

Ad oggi, come ha ricordato il pediatra Vezzetti al convegno, la separazione dei genitori è infatti il primo fattore dei perdita genitoriale per i bambini occidentali. Ad alcuni anni dalla separazione il 30% dei bambini italiani perde il contatto con una delle due figure mentre, grazie a politiche di affido materialmente condiviso, in Danimarca si è scesi al 12% e in Svezia al 13. Nei decenni passati la parental loss   era dovuta alle guerre o agli incidenti.

Gli studi sui grandi numeri condotti da Vezzetti dicono “che le conseguenze sulla salute sono potenzialmente gravi che possono arrivare sotto forme insospettabili dopo decenni”. Partendo dai modelli animali e poi passando in rassegna gli studi sui bambini che hanno subito questo topo di evento avverso, l’opera di Vezzetti ha dimostrato la base biologica del problema e le conseguenze indiscutibili sul benessere e la salute dei minori.

Il trauma della separazione e in particolare la perdita di una delle due figure genitoriali porta a gravi alterazioni del sistema nervoso, ormonali e persino cellulari con un indebolimento ed invecchiamento precoce dei cromosomi. Si riscontrano poi danni legati all’alterata produzione delle citochine, che sono dei mediatori endogeni correlati con un vasto spettro di malattie. Sono stati inoltre documentati effetti sulla crescita e la statura, sull’insorgenza del morbo di Alzheimer, mieloma, artrite reumatoide e altre gravissime malattie. 

A tutto questo si aggiungono gli effetti già noti sulla salute psichica del bambino costretto a crescere senza un genitore: aumento dell’incidenza delle depressioni e insorgenza sindromi di iperattività e deficit di attenzione. Nel caso in cui la separazione avviene entro i nove anni questi effetti hanno il massimo dell’incidenza, l’impatto si attenua se l’evento traumatico avviene nell’adolescenza.

Vezzetti arriva quindi a desumere dalla letteratura scientifica internazionale che è peggio perdere un genitore per divorzio che per morte, perché nel primo caso il figlio prendendo coscienza della situazione nutrirà rabbia contro il genitore che ha determinato la perdita dell’altra figura genitoriale.

Anche Vezzetti concorda quindi nell’affermare che l’unico modello che attenua questi effetti e il rischio di perdita genitoriale è l’affido materialmente condiviso. Solo con esso si riscontra una netta diminuzione del grado di conflittualità.

Come dicevamo all’inizio, l’aspetto più significativo di questa ricerca è che il tema separazione, a causa della sua frequenza e gravità, è da trattarsi prevalentemente come un problema di salute pubblica. E ora che anche la scienza afferma che i bambini che crescono privati dell'apporto paterno o materno rischiano seri problemi di salute, è necessario che le istituzioni smettano di trattare questo fenomeno sociale come una questione meramente giuridica. Il problema è anzitutto culturale e antropologico e chiede uno sforzo politico per rimettere al centro il benessere della coppia e il supremo interesse del bambino.