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OSTIA

Il don lascia la parrocchia per entrare in politica

Nonostante gli avvertimenti dei superiori, don Franco di Donno lascia la parrocchia di cui è vice a Ostia per candidarsi in una civica sostenuta dal Pd. Sarà sospeso a divinis e potrà rientrare nei ranghi dopo l'esperienza politica. Intanto però il prete barricadero ha utilizzato la comunità ostiense come taxi per la sua avventura politica. 

Politica 25_08_2017
don Franco Di Donno

Il prete barricadero di Ostia, don Franco De Donno, 71 anni, vice-parroco della Chiesa Santa Monica dal 1981, ha sciolto le ultime riserve e ha ufficializzato la sua candidatura alla presidenza del X Municipio di Roma, che comprende tutto il popoloso territorio del litorale capitolino (circa 200mila abitanti).

Il tira e molla, di cui ha dato notizia la Nuova Bq, andava avanti dallo scorso gennaio quando alle prime voci di una sua discesa in campo seguirono i richiami del Vicariato. Il vescovo di settore di Roma sud, Paolo Lojudice, e l’allora cardinale vicario Agostino Vallini si opposero fermamente al suo impegno diretto in politica e convocando immediatamente il diretto interessato. Intervistato dal Il Messaggero lo stesso monsignor Lojudice bocciò senza mezzi termini l’eventualità della candidatura: “E’ un gesto improprio, vogliamo chiarire meglio. La notizia aleggiava nell’aria, ma non pensavamo fosse una cosa di questa portata”.

Il sacerdote dimostra però di essere più animato dal desiderio di gettarsi nell’agone politico che dal voto di obbedienza verso la Chiesa. Don De Donno ignora i richiami e va avanti come un treno spiegando alla stampa il suo programma: “Non intendo cambiare vita, ma diventare presidente del X Municipio per tre anni e riconsegnare così un territorio più sano alla politica”.

A sostenerlo sono i ragazzi che ora animeranno la sua lista civica, giovani che hanno già dato vita al Laboratorio civico X e all’Alternativa Onlus, realtà nelle cui fila militano personaggi vicini alla sinistra del Lido di Roma. In febbraio le due sigle organizzarono una marcia antifascista salutata anche dal prete e alla quale parteciparono esponenti dei Giovani democratici, di Sel, dell’Anpi e di alcuni centri sociali della capitale. Tutti insieme per chiedere la chiusura della sede di Ostia di Casa Puond, un atto che non va di certo nella direzione degli atteggiamenti di dialogo e di non conflittualità professati da Chiesa cattolica.

Considerato il contesto e vista la fermezza di don Franco manifestata a tutte le autorità ecclesiastiche, il Vicariato di Roma disse chiaramente che non avrebbe dato alcuna autorizzazione per svolgere contemporaneamente la missione sacerdotale e l’impegno amministrativo. D’altra parte così prevede il diritto canonico, che nel capitolo riferito ai doveri e ai diritti dei chierici afferma “è fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all'esercizio del potere civile” (canone 285). Mentre nel canone 287 si legge: “Non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella direzione di associazioni sindacali, a meno che, a giudizio dell'autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune ...".

Si arriva così a domenica scorsa, quando durante la messa delle 10 il parroco don Giovanni Falbo ha riferito a tutti i fedeli che don Franco lascerà la parrocchia. Annuncio fatto alla presenza del prete lanciato alla poltrona di mini-sindaco, che poi saluterà tutta la comunità domenica 27, in occasione della celebrazione festa patronale di Santa Monica. Il Vicariato non ha rilasciato spiegazioni, ma l’ipotesi più probabile è che il sacerdote sarà sospeso a divinis, un atto che può essere revocato al termine del mandato politico, consentendogli un comodo rientro nei panni dell’abito talare.

L’ex vice-parroco è atteso ora da una campagna elettorale molto difficile. Ostia infatti tornerà al voto nei prossimi mesi (non è stata ancora fissata la data) dopo due anni di gestione commissariale dovuta alla caduta della giunta di centro-sinistra coinvolta nello scaldalo di Mafia capitale. L’ex presidente Andrea Tassone (Pd) è stato condannato a cinque anni di carcere nel maxi processo, che vedeva impuntati anche Buzzi e Carminati, conclusosi lo scorso luglio. Il Partito democratico è alla disperata ricerca di un candidato e, secondo le indiscrezioni, i dem potrebbero appoggiare don De Donno qualora non trovassero nessuna figura di peso.

Ad ogni modo la vicenda del prete di Ostia richiede delle riflessioni di metodo e di merito che si impongono con forza anche per via delle perplessità e dei sentimenti confliggenti suscitati nella comunità locale dei fedeli. Come responsabile diocesano della Caritas, Don Franco si è sempre distinto per il suo accanito sostegno per immigrati. Un impegno che lo ha portato a schierarsi anche in favore di alcune occupazioni, come quella dell’ex colonia marina Vittorio Emanuele II, edificio occupato da alcune centinaia di immigranti che è diventato covo di traffici illeciti e dello spaccio. Don Franco si oppone allo sgombero, sebbene nell’ultimo blitz della polizia sono stati ritrovare ingenti quantità di droga e oltre 80 persone senza permesso di soggiorno. Il prete si è opposto anche alla rimozione degli accampamenti abusivi nella pineta di Ostia, altra sacca di illegalità più volte finita al centro delle cronache (vi fu consumata anche una violenza sessuale). Il suo impegno sincero per i senza fissa dimora (si è occupato anche del piano freddo) si è quindi scontrato con i cittadini che chiedono sicurezza. Per questi motivi è in aperto contrasto con gli esponenti dei partiti di destra del territorio. Dicono che nel 2012 si sarebbe rifiutato di benedire la targa di Alberto Giaquinto, giovane missino ucciso negli anni Settanta.

Insomma se da una parte c’è chi apprezza il suo attivismo e parla di lui come l’erede dei due fratelli Cardenal - ministri in Nicaragua in seguito la rivoluzione sandinista e tra i massimi esponenti della teologia della liberazione - dall’altra viene descritto come un militante della sinistra radicale.

Molto controversa anche la lunga tempistica che ha portato al lancio della sua candidatura. Per diversi mesi il vice parroco ha continuato a godere dell’agibilità all’interno della parrocchia. La visibilità offerta dal pulpito, dall’altare e dal suo ruolo di vice-parroco non è mancata mentre don Franco metteva a punto la sua lista insieme ai giovani del movimento L’Alternativa. Si corre il rischio dunque di far sembrare la Chiesa un taxi che offre passaggi verso altre cariche pubbliche.  Chi varca il portone di una Chiesa cerca risposte assolute che non possono essere demandate in campagna elettorale.