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ALLE ORIGINI

Il gender? Chiedere a quello schiavista di De Sade

C'è chi dice che l'ideologia di genere (pardon: i gender studies) siano nati per tutelare i diritti delle donne. Ma ben prima della nascita dell'ideologia di genere è stata la Chiesa a tutelare i diritti delle donne. Qualcuno sostiene, invece, che sia stato l'Illuminismo a svolgere questo ruolo. Non è così.

Cultura 30_09_2015
Donatien Alphonse François de Sade

C'è chi dice che l'ideologia di genere (pardon: i gender studies) siano nati per tutelare i diritti delle donne. Come abbiamo visto (clicca qui), ben prima della nascita dell'ideologia di genere è stata la Chiesa a tutelare i diritti delle donne. Qualcuno sostiene, invece, che sia stato l'Illuminismo a svolgere questo ruolo. Come dimenticare, infatti, la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina scritta da Olympe de Gauges (Marie Gouze) nel 1791? Oppure la Rivendicazione dei diritti della donna, scritta da Mary Wallstonecraft nell'anno seguente? Oppure questa frase, del Marchese de Sade: «Possedere in esclusiva una donna è ingiusto quanto possedere degli schiavi»?

Cominciamo con il fare un po' di ordine, ricordando, ad esempio, che Olympe de Gauges è stata ghigliottinata durante la Rivoluzione Francese proprio perché «aveva dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso». Evidentemente i repubblicani non condividevano la sua Dichiarazione. Mary Wallstonecraft giunse a trent'anni a Parigi per documentare ai britannici le meraviglie della Rivoluzione. Vi trovò solamente gli orrori del Terrore, ai quali sfuggì – essendo cittadina britannica – solo derogando ai suoi principi, cioè sposandosi con un avventuriero statunitense. Mary rimase incinta e Gilbert Imlay - questo il nome dell'americano – l'abbandonò nella Parigi inondata di sangue umano per rifugiarsi a Londra. Nel tentativo di piegare Imlay alle proprie responsabilità (ma come? E il “libero amore”?), Mary tentò due volte il suicidio: la prima, a Parigi, con il laudano; la seconda – una volta scoperto che Imlay aveva intrapreso una relazione con un’attrice londinese – gettandosi nel Tamigi. 

Per dare stabilità e protezione alla figlia non trovò di meglio che il tanto vituperato istituto matrimoniale, e si sposò una seconda volta; questa volta con un vecchio rivoluzionario, William Godwin, che qualche anno prima aveva scritto peste e corna sul matrimonio. Da questa unione nacque Mary Godwin che, qualche anno più tardi, decise di seguire le orme della madre gettandosi in una ulteriore e altrettanto drammatica rivoluzione. Il parto della secondogenita, tuttavia, fu fatale a Mary Wallstonecraft, che morì di setticemia il 30 agosto 1797. Anche la vita di questa donna dimostra come i principi rivoluzionari le abbiano portato solo sfruttamento sessuale, dolore e morte.

Veniamo dunque al più rivoluzionario dei rivoluzionari, il divin marchese. Il quale, è vero, scrisse che «Possedere in esclusiva una donna è ingiusto quanto possedere degli schiavi». Ma leggendo questa affermazione nel suo contesto possiamo coglierne il vero significato: «Tutti gli uomini hanno dunque un diritto di godimento uguale su tutte le donne; non c'è dunque nessun uomo che, secondo le leggi della natura, possa arrogarsi un diritto unico e personale su una donna. La legge che le obbligherà a prostituirsi finché noi lo vorremo, nelle case di piacere di cui abbiamo parlato, e che le costringerà se vi si rifiutano, che le punirà se vi mancano, è dunque una legge delle più eque, contro la quale nessun motivo legittimo o giusto potrebbe essere sollevato». (La filosofia del boudoir). Altro che liberazione della donna: schiavitù (sessuale), addirittura per legge. 

Nel caso non fosse chiaro, in Justine, ovvero le disavventure della virtù il nostro rincara la dose: «Al lavoro, schiava, al lavoro! Impara che la civiltà, sconvolgendo le istituzioni della natura, non le ha tolto per questo i suoi diritti; essa creò fin dall'inizio degli esseri forti e degli esseri deboli; la sua intenzione era che questi ultimi fossero sempre sottomessi ai primi, come l'agnello al leone, come l'insetto all'elefante; l'abilità e l'intelligenza dell'uomo mutarono poi i rapporti fra gli individui; non fu più la forza fisica a determinare l'importanza sociale, fu piuttosto la forza acquisita con la ricchezza. L'uomo più ricco diventò il più forte, il più povero diventò il più debole, ma, a parte ogni considerazione sulle cause della potenza dei singoli, la preminenza del forte sul debole fu sempre nelle leggi della natura; ad essa era del tutto indifferente che la catena che imprigionava il debole fosse tenuta dal più ricco o dal più forte e che essa schiacciasse il più debole oppure il più povero. Questi impulsi di riconoscenza a cui tu fai appello, Sofia, essa li ignora; non fu mai contemplato nelle sue leggi che il piacere al quale uno si abbandona facendo un favore, diventasse un motivo, per quello che lo riceveva, di rinunciare ai suoi diritti sull'altro. Vedi forse tra gli animali, che ci servono d'esempio, questi sentimenti di cui tu ti glori? Dal momento che io ti domino con la mia ricchezza o con la mia forza, è forse naturale che ti ceda i miei diritti, o perché hai reso un servigio a te stessa o perché la tua politica ti ha suggerito che l'unico modo di riscattarti era quello di servirmi? […] Devo forse venire ai tuoi piedi a chiederti dei favori per cui tu possa esigere qualche risarcimento? Non ti chiedo niente... io prendo e non vedo perché l'avvalermi di un mio preciso diritto su di te debba implicare come conseguenza il dovermi astenere dall'esigerne un secondo. Non c'è amore nel mio atto, è un sentimento che il mio cuore non ha mai conosciuto. Mi servo di una donna per necessità, come ci si serve di un vaso per un altro bisogno, ma, visto che io non accordo mai a questo essere che il mio denaro o le mie forze la sottomettono al mio desiderio, né stima né tenerezza, visto che quello che prendo io non lo devo se non a me stesso, e che non esigo mai da lei se non una completa sottomissione, non vedo perché io debba essere tenuto, di conseguenza, ad accordarle alcuna gratitudine. Sarebbe come dire che un ladro che ruba la borsa di un uomo in un bosco perché è più forte di lui, gli deve anche riconoscenza per il torto che gli ha fatto; lo stesso si può dire dell'oltraggio fatto a una donna, esso può essere un motivo per fargliene un secondo, ma mai una ragione sufficiente per accordarle dei risarcimenti». 

Non esistono leggi morali o religiose (che possano salvare le donne); esiste solo la forza e la ricchezza, e il dominio del più forte sul più debole. Questo spiega il divin marchese ai suoi lettori. Non esistono leggi morali o religiose, esse sono costruzioni sociali ingiuste; esistono solo passioni. Questo è il nocciolo dell'illuminismo. Non esistono leggi morali o religiose; esistono solo le leggi della materia, ossia di quanto cade sotto i nostri sensi. Questo dicevano gli empiristi inglesi. Questa è la filosofia che ha giustificato il ritorno dell'usura in Inghilterra, nonostante l'opposizione della Chiesa; che, sfruttando le miserie umane di un sovrano, ha risolto alla radice il problema eliminando la presenza della Chiesa sul suolo britannico (e appropriandosi delle sue proprietà); è la filosofia di Francis Bacon (esistono solo le leggi della materia, il resto sono idola), per diffondere la quale è stata fondata la Royal Society; è la filosofia che giustifica l'usura, l'adulterio, il divorzio, la spoliazione dei beni ecclesiastici, la pirateria, il colonialismo, il capitalismo, l'eugenetica di Malthus e il darwinismo, anche sociale. È la filosofia che, approdata in Francia con Voltaire, ha raggiunto le sue logiche conseguenze con il Terrore.

E, guarda un pò, è la filosofia che sottostà all'ideologia di genere: il sesso biologico (la materia) è naturale; il resto (il genere) è costruzione sociale. La società imporrebbe delle leggi ingiuste e discriminatorie (ruoli di genere, una "eterosessualità normativa"...), alle quali è giusto ribellarsi. Esattamente quanto sostenevano gli illuministi. L'ideologia di genere (ops: i gender studies) è nata per tutelare i diritti delle donne? Come no, come l'Illuminismo: «Al lavoro, schiava, al lavoro! Mi servo di una donna per necessità, come ci si serve di un vaso per un altro bisogno».