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LA LOMBARDIA DICE NO

Il gender nelle scuole viene insegnato. Ecco le prove

Anche se nulla è istituzionalizzato e controllato dal governo, sono state tante le scuole che hanno dato spazio alla teoria gender. Camuffandola magari sotto l’egida della lotta all’omofobia e alla discriminazioni, con cui ovviamente non c’entra nulla. Ma in Lombardia qualcuno ha detto no a questa deriva. 

Educazione 08_10_2015
Un libro di introduzione all'educazione gender diffuso nelle scuole

Quando l’hanno accusata di voler diffondere la teoria gender nelle scuole, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha prima negato con forza, per poi parlare di «truffa culturale» e minacciare addirittura la denuncia. Eppure, nelle scuole italiane (che lo preveda o meno la "Buona scuola”, che è appena partita), l’insegnamento di gender c’è eccome. Anche se nulla è istituzionalizzato e controllato dal governo, sono state tante le scuole che hanno dato spazio alla teoria gender (che lo ricordiamo, sostiene che l’identità sessuale non sia altro che una libera costruzione dell’individuo) camuffandola magari sotto l’egida della lotta all’omofobia e alla discriminazioni, con cui ovviamente non c’entra nulla.

Un dato di fatto che, due giorni fa, ha spinto il gruppo regionale della Lega Nord a presentare una mozione, redatta dai consiglieri Jari Colla e Massimiliano Romeo, contro l’insegnamento del gender nelle scuole. «Premesso che i trattati del diritto internazionale sanciscono in modo chiaro e inequivocabile il diritto di priorità da parte dei genitori del genere di istruzione ed educazione da impartire ai loro figli», si legge nella mozione e «ritenuto che negli ultimi anni è venuta ad affermarsi una pericolosa tendenza di molti istituti scolastici all’utilizzo di progetti di educazione sessuale […]» legata alla teoria di gender e che «nella suddetta teoria l’educazione all’affettività ha la tendenza a diventare sinonimo di educazione alla genitalità e alla masturbazione precoce, priva di riferimenti etico e morali, fin dall’età infantile». Non solo. «Nel materiale informativo favorevole alla teoria gender la famiglia composta da donna e uomo è vista come stereotipo da superare». L’obiettivo della mozione è far sì che la teoria gender non venga insegnata e «si agisca sulle autorità scolastiche preposte […] perché vengano ritirati dalle scuole i libri e il materiale informativo che promuove la teoria».

«Quando si fanno mozioni del genere», ha commentato Romeo, «si viene subito accusati di essere omofobi o d’inventarsi qualcosa che non esiste. Invece il gender esiste, viene insegnato, e contrastarlo non vuol certo dire odiare o discriminare gli omosessuali”». I casi di insegnamento sono tanti. Fra i libri vietati dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro (clicca qui) ce n’è uno, Nei Panni di Zaff (M. Salvi, F. Cavallaro, Fatatrac), che racconta come «avviene spesso che il maschietto voglia vestirsi da bambina e giochi con le bambole sognando di fare la ballerina o che la bimba voglia vestirsi da maschio e sogni di fare il calciatore» e che è tuttora in circolazione in molte scuole materne (dai tre ai sei anni) lombarde. Un racconto che ricorda da vicino il Gioco del rispetto promosso nel marzo scorso in alcune scuole del Friuli Venezia Giulia in cui – come riportano le cronache - ai bambini veniva chiesto di indicare i reciproci organi genitali travestirsi con abiti del genere opposto.

E non è l’unico caso di un'iniziativa simile. Nel giugno dell’anno scorso il Comune di Monza ha promosso il “Progetto Rainbow” per insegnare ai bambini delle elementari cosa sono l’omosessualità e la transessualità. Come? Con una serie di nove dvd fra cui spiccava il film Da Lucas a Luus, che sponsorizza la transessualità a bambini fra gli 8 e i 10 anni, parlando di una “bambina”, nata bambino (clicca qui). Il promotore del progetto, Alessandro Gerosa (Sel), ha spiegato il senso del progetto così: «Perché tutt* le/i alunn* nell’età della crescita scolastica possano sviluppare un’identità di genere ed un orientamento sessuale consapevole». Una modalità di illustrare il genere con l’asterisco usata anche in una serie di volantini distribuiti in alcune scuole, che titolavano: “Libera tutt*”. Già perché dire “tutti” avrebbe discriminato le donne, mentre “tutte e tutti” i transessuali e le persone con un’identità di genere “liquida” o non ben definita (per non scontentare nessuno Facebook ha invitato a scegliere fra 56 diversi generi sessuali). Meglio, quindi, creare un vero e proprio abominio linguistico per non scontentare e non offendere nessuno. Una vera e propria mania per il politically correct di cui tutto l’occidente è ormai affetto (clicca qui).

Gli insegnamenti che abbiamo sopra descritto sono, del resto, ancora nulla rispetto alla famosa tabella dell’Oms che parla della necessità di fornire informazioni su: «gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce» (per bambini da 0 a 4 anni), «relazioni con persone dello stesso sesso» (4-6 anni), «le scelte riguardanti la genitorialità, la gravidanza, l’infertilità, l’adozione l’idea base della contraccezione (è possibile pianificare e decidere sulla propria famiglia), i diversi metodi contraccettivi, gioia e piacere nel toccare il proprio corpo (masturbazione/ auto-stimolazione), rapporti sessuali» (6-9 anni), «orientamento di genere comportamenti sessuali dei giovani (variabilità nei comportamenti sessuali), piacere, masturbazione, orgasmo; sintomi, rischi e conseguenze delle esperienze sessuali non protette» (9-12). E non è una “bufala”, come hanno gridato alcuni, ma è tutto scritto in un documento ufficiale dell’Oms, da pagina 40 a pagina 50 (clicca qui). Ovviamente sul tema ognuno può avere e tenersi l’opinione che vuole. Negare però che in alcune scuole italiane ci sia l’insegnamento del gender vuol dire però negare la realtà.