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PATRIARCATO DI COSTANTINOPOLI

Il nuovo scisma d'Oriente è nella natura dell'ortodossia

Scisma in corso nella Chiesa ortodossa. Il 15 ottobre, il sinodo della Chiesa ortodossa russa, riunito a Minsk, ha ritenuto impossibile continuare “il legame eucaristico” con il Patriarcato di Costantinopoli ritenendo “illegittima” la decisione sull’autocefalia della Chiesa ortodossa in Ucraina. Questi fenomeni sono stati innumerevoli nei secoli, perché sono tipici della struttura stessa dell’ortodossia.

Ecclesia 18_10_2018
Kirill e Bartolomeo

Scisma in corso nella Chiesa ortodossa. Il 15 ottobre, il sinodo della Chiesa ortodossa russa, riunito a Minsk, ha ritenuto impossibile continuare “il legame eucaristico” con il Patriarcato di Costantinopoli ritenendo “illegittima” la decisione sull’autocefalia della Chiesa ortodossa in Ucraina. Riassumendo: la Chiesa ortodossa ucraina si è resa autonoma (autocefala) rispetto al Patriarcato di Mosca e il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli l’ha riconosciuta come legittima. Da qui lo strappo di Mosca nei confronti di Costantinopoli. Per alcuni osservatori si tratta della crisi più grave nel cristianesimo orientale dai tempi del grande Scisma d’Oriente del 1054. Non per padre Nicola Bux, teologo, già consulente della Congregazione della Dottrina della Fede. Qui pubblichiamo il suo intervento.

Gli eventi di questi giorni possono apparire gravi quanto quelli di mille anni fa solo per chi non conosce l’organizzazione ortodossa. In verità, questi fenomeni sono stati innumerevoli nei secoli, perché sono tipici della struttura stessa dell’ortodossia. Posto che si possa parlare di “ortodossia” al singolare, come siamo soliti fare in Occidente. Perché sarebbe più corretto parlare di “ortodossie”, al plurale. Noi occidentali cerchiamo sempre di leggere l’ortodossia con le categorie unitarie del cattolicesimo. La Chiesa Cattolica cerca la sua omologa in quella ortodossa, ma gli ortodossi stessi sanno che non esiste una sola chiesa ortodossa. Il senso dell’essere Chiesa in un luogo, in una regione, nell’ambito della comunione di tutta la Chiesa, è chiaro alla Chiesa Cattolica. Oggi che le Conferenze Episcopali nazionali vengono quasi abilitate ad avere una loro autonomia, sorgono non poche preoccupazioni, perché ciò finirebbe col minare l’unità cattolica. Il punto è capire la natura della Chiesa: è un’unione spirituale che contrasta la disunione provocata dal peccato. Un’unione voluta da Cristo stesso, che ha fondato la Chiesa, dal greco: “convocazione”. Se Chiesa è sinonimo di riunione, tutto ciò che è divisione e scisma è chiaramente il suo contrario.

Nel II Secolo si è aggiunto alla Chiesa l’aggettivo “cattolica”, per indicare l’universalità dell’unione. Sin dalle origini, si documenta che la Chiesa Cattolica, universale, ha la precedenza sulle chiese locali, perché è pre-esistente ad esse. Joseph Ratzinger disse, anni fa, che la Chiesa è nata cattolica a Gerusalemme. Per sua natura è un movimento di convergenza del tutto in uno. Questa natura della Chiesa, in un certo senso, è stata perduta dagli ortodossi. Mi rendo conto che questa sia un’affermazione forte, ma il problema è che, per esempio, gli ortodossi richiamano spesso i canoni 5 e 6 del Concilio di Nicea (nel 325), che stabilisce il privilegio di alcune Chiese su altre. Questa visione, a detta di loro stessi, ha dato origine alla logica del primato di alcuni gerarchi su altri, a considerare alcune Chiese come “madri” di altre. E questo sempre cercando di surrogare l’unica maternità della Chiesa, che è quella di Gerusalemme che poi Pietro trasferì a Roma. La Chiesa madre è una sola, le altre sono figlie. Essendo figlie sono sorelle, ma non possono essere sorelle se non si riconoscono come figlie di un’unica madre. Per questo, Roma non ha accettato il canone 28 del Concilio di Calcedonia (nel 451), in base al quale la sede di Costantinopoli poteva rivendicare poteri pari a quelli di Roma, a scapito degli altri patriarcati. Il Patriarca di Costantinopoli si considera una sorta di Papa dell’Oriente, ma gli altri patriarchi orientali non lo riconoscono tale. Quando il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, è arrivato a Bari lo scorso luglio, era presente anche il metropolita Hilarion “ministro degli esteri” della Chiesa ortodossa russa, ma quest’ultimo non ha partecipato alla preghiera comune, quasi a sottolineare la diversità. Mentre si nota l’attivismo ecumenico di Bartolomeo, che non manca mai un’occasione per partecipare a incontri con la Chiesa Cattolica e fa di tutto per stare al passo con la linea del Papa. Gli altri patriarchi non lo vedono come un “Papa orientale”, tantomeno il Patriarca di Mosca, che guida la Chiesa più grande e che rivendica più voce in capitolo.

Questo è il tallone d’Achille dell’ortodossia: la confusione sulla natura della Chiesa. Il grande scrittore e studioso russo Vladimir Solov’ëv, parlava del "bizantinismo" come di un “anti-cristianesimo nascosto sotto una maschera ortodossa”. Secondo lui l’Impero Bizantino si era adoperato attivamente per far fallire l’opera di Gesù Cristo, volendo minare alla sua base l’edificio della pace cristiana, attaccando il governo centrale della Chiesa universale. E questo si vede ancora oggi. Credo che sia difficile non essere d’accordo con Solov’ëv. In ogni secolo si assiste al fenomeno ricorrente dell’autonomia, o autocefalia, dei contrasti che poi sorgono. Questa è la ragione per cui si arriva all’abolizione del nome del patriarca dalla liturgia. Come da noi, a messa, si nomina il Papa e il vescovo locale, per indicare che l’eucarestia è celebrata nella comunione della Chiesa universale, anche gli ortodossi, a messa, accostano il nome del patriarca locale a quello del patriarca di Costantinopoli. Quando un rapporto si rompe, il nome del Patriarca di Costantinopoli viene cancellato. 

Il Patriarca di Costantinopoli è detto “ecumenico”, un titolo dei tempi dell’Impero Bizantino, che era un “impero ecumenico”, esteso a tutta la terra allora conosciuta. Ma gli altri patriarchi non gli riconoscono una funzione di “presidenza” universale. Col riconoscimento da parte di Costantinopoli dell’autocefalia della Chiesa ucraina, Mosca protesta perché ritiene che vi sia stata un’interferenza nel proprio territorio canonico. Perché gli ortodossi hanno conservato l’impostazione medioevale per cui ogni vescovo ha il proprio territorio canonico e nessun esterno può metter becco nel territorio altrui. Siccome il Patriarca di Costantinopoli ha un territorio canonico ridotto ai minimi termini, con qualche migliaio di fedeli a Istanbul, allora rivendica la giurisdizione sulla “diaspora”, dove sono arrivati gli altri fedeli ortodossi, anche nei paesi a maggioranza cattolica e protestante. Gli ortodossi tengono molto al principio dell’unica Chiesa, con un unico vescovo su un unico territorio, però nel momento in cui un altro vescovo ha giurisdizione sullo stesso territorio, questo principio cade in contraddizione.

Alla fine, tutta la tenuta della Chiesa ortodossa dipende dal potere politico. La concezione bizantina della “sinfonia” di Chiesa e Stato, per gli ortodossi, è ancora in piedi. Chiaramente non c’è più l’Impero Bizantino, però c’è lo Stato russo, quello greco, quello serbo, eccetera… Noi lo definiremmo nazionalismo, perché, ad esempio nella lotta per le investiture, Roma affermò la libertà e la superiorità rispetto a qualsiasi potere statale.

Nel periodo sovietico si sono succedute una prima fase, molto dura, di persecuzione, seguita da un’altra di infeudamento della Chiesa ortodossa allo Stato, un po’ come sta avvenendo oggi in Cina. Va dato atto che gli ortodossi hanno resistito notevolmente, soprattutto con la liturgia: laddove era possibile, nelle case e nelle poche chiese rimaste, hanno continuato a custodire la fede con la preghiera. Questo è l’aspetto più grandioso di una resistenza durata settant’anni, che dimostra ancora una volta come il punto di resistenza della fede sia nel culto. E questo è un grande ammonimento per i cristiani d’Occidente, per i cattolici: se il culto viene deviato, più si manipola la liturgia, più si intacca la fede. La fede si custodisce se viene custodisce il culto. E questo gli ortodossi lo hanno fatto

La continuità fra la Chiesa ortodossa sovietica e quella attuale russa è evidente. Il Patriarca Kirill appartiene a quella classe di prelati che veniva approvata dal regime sovietico. Ed erano tutti seguiti strettamente dal Kgb. Quando Kirill venne a Bari, una quarantina di anni fa, ancora in pieno periodo sovietico, al seguito del Metropolita di Leningrado, era accompagnato e controllato da funzionari del Partito. Non saprei dire quanta libertà in più abbia oggi la Chiesa ortodossa russa, ma non stento a credere che, in modo magari più blando, anche oggi lo Stato controlli le nomine e la formazione. La visione politica della Chiesa penso sia il punto debole dell’ortodossia. Ecco perché, poi, esplodono queste tensioni. E dei credenti potrebbero benissimo chiedersi: “ma noi a cosa siamo chiamati? Siamo chiamati alla missione di annunciare Cristo al mondo. E la cosa più importante è che la gente, che sia russa, ucraina o bielorussa, conosca Gesù Cristo. Invece se questa priorità viene dimenticata, non resta altro che la politica, il controllo del territorio e dei fedeli.

Questo scisma è un monito per i cattolici. Dove va a finire tutto l’attivismo ecumenico della Chiesa Cattolica, se da un lato si cerca unità e dall’altro si tende alla frammentazione? La lezione che se ne dovrebbe trarre è: ripensare al metodo ecumenico. Il metodo attuale sogna una riunione di tutte le Chiese, all’unisono. In contrasto con il fenomeno che storicamente conosciamo, che è quello dell’uniatismo: quando le Chiese ortodosse prendevano coscienza della vera natura della Chiesa, l’unità e l’essenzialità del primato petrino, a quel punto ritornavano all’ovile. Questo fenomeno ha permesso a tanti fedeli di tornare cattolici, dopo l’esperienza negativa di quando hanno sperimentato la lontananza, se non addirittura l’asfissia per la mancanza di respiro cattolico universale. Ma in tempi recenti è stato demonizzato. E invece si preferisce pensare che, un giorno, tutte le Chiese ortodosse ricomporranno l’unità con Roma. Ma se un domani un patriarca o molti patriarchi ortodossi annunciassero ai loro fedeli la riunione con i cattolici, tutti i fedeli li seguirebbero? Sicuramente no. Le chiese si spaccherebbero. E questo gli ortodossi lo sanno bene.