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MEDIO ORIENTE

Il Papa atteso in Giordania, fra i disperati siriani

Sottovalutato dai media, il regno di Giordania ha accolto 1 milione di profughi siriani. Il Papa andrà a incontrarli, il prossimo 24 maggio, proprio nel luogo del Battesimo di Gesù. Sarà un secondo momento di preghiera per la pace in Siria.

Esteri 11_01_2014
Campo Profughi in Giordania

Il pellegrinaggio in Terra Santa di Papa Francesco è stato annunciato ufficialmente da appena una settimana e già impazzano sui media le solite scaramucce tra israeliani e palestinesi su come tirare meglio per la veste bianca il Pontefice venuto dalla fine del mondo. Così - come puntualmente accaduto per i precedenti pellegrinaggi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - sta passando in secondo piano la prima tappa dell'itinerario: quella che vedrà Bergoglio sabato 24 maggio sostare in Giordania.

Si tratta della solita sottovalutazione di chi non riesce a guardare il Medio Oriente andando almeno per un attimo oltre i soliti cliché. Perché basterebbe provare a incrociare tra loro un paio di notizie per capire che questa volta la sosta ad Amman non risponde solo alle logiche della diplomazia, che hanno sempre imposto una tappa in Giordania a ogni viaggio di un Papa in Terra Santa. Stiamo infatti parlando di uno dei Paesi che sono toccati più fortemente dal conflitto in corso da ormai quasi tre anni in Siria. Con i suoi 6 milioni di abitanti la Giordania ha accolto un milione di profughi in fuga dal conflitto che devasta il Paese con cui confina; e ad appena settanta chilometri da Amman si trova Zaatari, la tendopoli per i profughi nata dal nulla nel deserto al confine con la Siria e diventata in pochi mesi per numero di abitanti la terza città del regno hashemita.

È un dramma che alla Chiesa della Terra Santa sta molto a cuore: anche la Caritas giordana è in prima linea negli aiuti ai rifugiati siriani. E di loro il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha parlato espressamente domenica scorsa, quando proprio ad Amman ha tenuto una conferenza stampa a poche ore dall'annuncio del Papa in piazza San Pietro. Dando anche un'anticipazione importante sul programma del viaggio: la sera del 24 maggio - a Betania oltre il Giordano, la località  dove secondo il racconto del Vangelo di Giovanni Gesù ha ricevuto il Battesimo nel fiume Giordano - Papa Francesco condividerà la cena con un gruppo di poveri tra cui anche alcuni profughi siriani.

È una notizia da cui appare chiaro come il 24 maggio si profili all'orizzonte come una specie di secondo tempo della giornata di digiuno e preghiera per la Siria indetta da Papa Francesco il 7 settembre scorso. Con un filo rosso comune all'insegna del tema della conversione: incontrare i profughi siriani proprio nel luogo del Battesimo di Gesù è un modo per dire che solo un cambiamento radicale del cuore può portare davvero quella pace nel rispetto dei diritti di tutti a cui il Medio Oriente oggi tanto anela.

Un'anteprima di questo clima la Chiesa della Giordania lo ha vissuto già ieri - proprio a Betania oltre il Giordano - in occasione dell'annuale pellegrinaggio al sito del Battesimo di Gesù presieduto dallo stesso patriarca Fouad Twal. Si tratta di un appuntamento che si ripete qui dal 2000 alla vigilia della festa liturgica che ricorda il gesto compiuto da Gesù, che la Chiesa universale vivrà questa domenica. Twal ha presieduto una liturgia nel cantiere (ormai avanzato) della futura chiesa cattolica di Betania oltre il Giordano, una delle sette nuove chiese delle diverse confessioni cristiane che sono in costruzione o già ultimate in questo luogo che il Regno Hashemita ha deciso di valorizzare come meta dei pellegrinaggi cristiani. Fu Benedetto XVI - durante il suo pellegrinaggio del 2009 - a benedire la prima pietra; e adesso la struttura dell'edificio è ormai quasi completata: il patriarcato latino di Gerusalemme prevede di inaugurarla ufficialmente nel 2015.

Anche il pellegrinaggio al Giordano è stata comunque un'occasione per tornare a parlare proprio delle sofferenze dei cristiani della Siria. Dal luogo dove il Papa incontrerà i profughi della guerra il patriarca di Gerusalemme ha infatti lanciato un nuovo appello per la liberazione dei due vescovi di Aleppo, dei sacerdoti che mancano all'appello da mesi e delle suore di Maaloula che si trovano tuttora nelle mani dei jihadisti siriani. Un modo per ricordare come le ferite aperte a Damasco oggi sanguinino in tutte le comunità cristiane del Medio Oriente. Così come la loro richiesta di un futuro che non sia in balia di chi innalza le bandiere di al Qaida sui campanili delle chiese.