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DON PUGLISI

Il Papa richiama alla conversione i mafiosi

Papa Francesco ai mafiosi, nel corso della messa celebrata al Foro Italico di Palermo: «Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore». Lo ha detto in occasione del 25mo anniversario dall'omicidio del Beato Pino Puglisi, ucciso dalla mafia.

Ecclesia 16_09_2018
Papa Francesco a Palermo

«Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione». È forte il richiamo alla conversione rivolto ai mafiosi da Papa Francesco durante l’omelia pronunciata ieri nella messa celebrata al Foro Italico di Palermo davanti a 100mila persone. «Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore».

La giornata in Sicilia di Francesco, arrivato nelle diocesi siciliane di Piazza Armerina e di Palermo in occasione del 25° anniversario della morte del Beato Pino Puglisi, era iniziata la mattina in piazza Falcone e Borsellino a Piazza Armerina. Rivolgendosi ai giovani ha detto: «Sappiate che Gesù vi ama: Egli è un amico sincero e fedele, che non vi abbandonerà mai; di Lui potete fidarvi!». Li ha invitati alla mensa eucaristia, alla messa, perché «è da lì che attingiamo l’amore di Cristo per portarlo nelle strade del mondo». Simpatica la tirata d’orecchi che Francesco ha dato alle prediche troppo lunghe, perché, ha specificato, «la predica più di otto minuti non va».

Quindi un primo riferimento al beato Puglisi. «Ho saputo che, venticinque anni fa, appena un mese prima della sua uccisione, egli trascorse alcuni giorni qui, a Piazza Armerina. Era venuto per incontrare i seminaristi, suoi alunni al Seminario maggiore di Palermo. Un passaggio profetico, io credo! Una consegna, non solo ai sacerdoti, ma a tutti i fedeli di questa diocesi: per amore di Gesù, servire i fratelli fino alla fine!»

Per fare questo bisogna vivere con la logica della «mano aperta» e non con il pugno chiuso, ha detto il Papa nell’omelia davanti ai fedeli di Palermo. «Don Pino lo insegna: non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è sempre perdente».

«Venticinque anni fa come oggi, quando morì nel giorno del suo compleanno, coronò la sua vittoria col sorriso, con quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore, il quale disse: “c’era una specie di luce in quel sorriso”.

«Don Pino, lui sì, lui sapeva che rischiava, ma sapeva soprattutto che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra comodità, mezzucci e scorciatoie. Dio ci liberi dal vivere al ribasso, accontentandoci di mezze verità. Le mezze verità non saziano il cuore, non fanno del bene». Quindi il richiamo ai mafiosi per convertirsi a Cristo: «se non fate questo la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte».

Don Pino fu ucciso a Brancaccio dalla mafia il 15 settembre di 25 anni fa, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno. La sua vita fu una vera testimonianza cristiana, quella di chi non segue ideologie, ma di chi ha incontrato Cristo. «Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale. Ciascuno di noi», diceva il beato, «è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual’é il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual’è il proprio, perché si formi l’unico volto del Cristo».