Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico

OSTIA

Il prete barricadero che usa l'abito per la politica

Un sacerdote della diocesi di Ostia scende in campo per il X municipio con una lista civica. Le solite idee progressiste e come prima conseguenza la spaccatura della sua comunità. Oltre alla palese violazione del codice di diritto canonico. 

Politica 23_02_2017
Don Franco De Donno

I cattolici devono impegnarsi nella società civile senza la guida dei “vescovi pilota”. Il nuovo atteggiamento della Chiesa nei confronti della politica è stato preso alla lettera da Don Franco De Donno parroco di Ostia che, senza il benestare del vicariato, ha annunciato la sua candidatura alla presidenza del X municipio di Roma, attualmente commissariato per le vicende legate all’inchiesta di mafia capitale.

La scelta dell’autoproclamatosi “parroco pilota” sta spaccando la comunità del litorale romano, anche perché la sua discesa in campo è sostenuta dall’associazione l'Alternativa Onlus animata dai giovani volontari che frequentano la chiesa di Santa Monica, di cui don De Donno è vicario parrocchiale del 1981. 

Una prima assemblea pubblica sulla candidatura del parroco si è infatti tenuta domenica scorsa proprio nei locali della parrocchia. L’incontro intitolato ‘Il Municipio che vorrei’ ha visto la partecipazione di almeno 40 persone. Diversi i fedeli che, anche sui social, hanno espresso perplessità sull’uso di quegli spazi per propagandare un’iniziativa di stampo politica. 

Intervistato dal quotidiano online RomaToday il sacerdote ha spiegato i motivi della sua discesa in campo: «Sospinto da tanti giovani e residenti ho deciso di intraprendere questo percorso formando una lista civica autonoma e indipendente. La mia, anzi la nostra, sarà una politica di servizi con l'intento di azzerare le barriere tra comuni cittadini e istituzioni. Non intendo cambiare vita, ma diventare presidente del X Municipio per tre anni e riconsegnare così un territorio più sano alla politica». 

Dalle sue parole si capisce quindi che il parroco non ha alcuna intenzione di dismettere il collarino ecclesiastico. Anche perché da quale altro pulpito i suoi proclami avrebbero tanta risonanza? La visibilità e agibilità politica che offre una parrocchia attiva in un popoloso quartiere di Roma probabilmente ha pari, almeno a livello locale.  O forse, vista l’età non più giovanissima, Don De Donno fatica a ricordare il codice di diritto canonico, che nel capitolo riferito ai doveri e ai diritti dei chierici afferma “è fatto divieto ai chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all'esercizio del potere civile” (canone 285). Capitolo che aggiunge: “Non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella direzione di associazioni sindacali, a meno che, a giudizio dell'autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune ..." (canone 287).

In Vicariato però hanno la mente meno arrugginita, succede così che il vescovo di settore di Roma sud, Paolo Lojudice,  e il cardinale Agostino Vallini, vicario di Papa Francesco, hanno convocato per venerdì il sacerdote di Santa Monica. Intanto, sentito da Il Messaggero, lo stesso monsignor Lojudice ha già dichiarato la sua contrarietà: “E’ un gesto improprio, vogliamo chiarire meglio. La notizia aleggiava nell’aria, ma non pensavamo fosse una cosa di questa portata”.

Sembra che in realtà nessuno sia rimasto veramente sorpreso dalla candidatura di Don De Donno. Il presbitero, responsabile Caritas ad Ostia, non è nuovo all’impegno politico in prima linea. Sono note a tutto il X Municipio le sue iniziative in favore dei migranti. Durante l’ultima presidenza targata Pd, sostenne insieme all’assessore Droghei la necessità di creare dei villaggi-rom per dare un alternativa a chi popola le decine di accampamenti abusivi presenti nella grade pineta di Ostia. Qualche anno fa, arrivo persino ad opporsi fisicamente allo sgombero di alcuni nomadi all’interno della pineta Acqua Rossa, una protesta che venne sostenuta da molte associazioni vicine alla sinistra. 

Anche allora furono tante le polemiche, in quell’accampamento tanti i disperati ma anche le sacche di illegalità. Proprio alle Acque Rosse nel gennaio 2012 fu infatti stuprata una donna polacca da due romeni con precedenti per rissa e lesioni che picchiarono a sangue anche un amico della vittima.

Il parroco ha poi sempre mostrato vicinanza e solidarietà per i senza tetto e per gli occupanti della colonia marina Vittorio Emanuele II, preoccupazioni ribadite dal sacerdote anche a RomaToday: “Il piano freddo è partito con colpevole ritardo e vorremmo anche sapere quale destino prevedono per chi vive nell'ex Colonia Vittorio Emanuele, visto che si parla di imminente sgombero".

Don Franco usufruisce infatti dei locali pubblici dell'ex colonia, assegnati alla Caritas, ma nella stessa grande struttura c’è un ala completamente occupata, che è stata più volte utilizzata come base di spaccio di droga, come dimostrano i numerosi blitz effettuati dalle forze dell’ordine che hanno portato all’arresto di numerosi nordafricani.

Insomma anche stando alle segnalazioni arrivate alla Nuova BQ, per alcuni De Donno resta il prete di frontiera impegnato nelle periferie della società, per altri è invece un ‘agit prop’ della sinistra in abito talare.

C’è infatti un vero e proprio conto aperto tra il sacerdote la sezione locale di Casa Pound. Due settimane fa l’Onlus l’Alternativa ha organizzato una marcia antifascista nelle strade di Ostia, marcia che sarebbe stata organizzata nei locali della parrocchia alla presenza di alcuni esponenti dei Giovani democratici e di Sel. Alla manifestazione sfilarono anche alcune rappresentanze dei centri sociali romani e dell’Anpi. Sul suo profilo, don Franco ha postato le foto del corteo dove si vedono bandiere rosse e arcobaleno, e ha condiviso un articolo sull’iniziativa in cui si rivendica la richiesta di chiudere le sedi di Casa Pound. 

Un atteggiamento di militanza che fu mostrato anche nel 2012, quando il prete si rifiutò di benedire la targa di Alberto Giaquinto, militante del Msi di Ostia ucciso negli anni '70 durante una manifestazione politica.

Ci sono infine le indiscrezioni riportate anche dal Il Messaggero parlano di una candidatura “pilotata da una parte dal centro sinistra locale” per togliere voti ai politici dello stesso partito che hanno proprio la chiesa di Santa Monica “come bacino di voti”.