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FECONDAZIONE

Il professore cattolico che vuole l'eterologa

Giorgio Lambertenghi Deliliers ha scritto sul Corriere della Sera un'appassionata difesa della fecondazione artificiale, anche eterologa... Ma è lo stesso professor Lambertenghi Deliliers co-fondatore di Scienza&Vita e già presidente dei Medici Cattolici?

Vita e bioetica 09_06_2014
San Giovanni Paolo II

Sul Corriere della Sera Giorgio Lambertenghi Deliliers ha sostenuto un'appassionata difesa non solo della fecondazione artificiale tout court, ma anche della variante eterologa, quella cioè realizzata ricorrendo ad almeno un gamete esterno alla coppia. Sarei lieto di essere sollevato da un dubbio: il professor Lambertenghi Deliliers che ha scritto sul Corriere è lo stesso Prof. Lambertenghi Deliliers Giorgio che compare nell'elenco (che peraltro include anche il mio nome) dei soci fondatori dell'associazione Scienza & Vita? È la stessa persona che ha presieduto l'Associazione Medici Cattolici di Milano per due quadrienni fino al 2012? Spererei si tratti di una banale omonimia; riterrei infatti ben strano che la stessa persona che fonda un'associazione in continuità con l'esperienza referendaria volta a contrastare l'eterologa nelle urne nel 2005, a distanza di nove anni ne sia divenuta estimatrice. E non potrei non rimanere sorpreso se la stessa persona si dichiarasse favorevole a fecondazione artificiale e al contempo ricoprisse ruoli di responsabilità in una associazione ecclesiale fedele al magistero della Chiesa.

Certo, vi è sempre la possibilità di un cambiamento di opinione, che però dovrebbe coerentemente condurre alla presa d'atto di una oggettiva incompatibilità con l'appartenenza a realtà associative che nei loro fini costitutivi affermano l'esatto contrario di quanto si pensa e si afferma. Ma al di là degli aspetti personali quello che più mi preme è sottolineare alcuni dei contenuti della lettera di Giorgio Lambertenghi peraltro già commentata su questa testata da Tommaso Scandroglio. Vi si afferma che la fecondazione artificiale è un "aiuto alla natura" attuato dalla scienza copiandone i meccanismi. Mi sembra che l'argomento sia viziato in radice da un riduzionismo biologico estremo. La fecondazione artificiale può infatti essere considerata naturale solo mediante la riduzione dell'atto coniugale ad atto sessuale e successiva, nuova riduzione di questi ad atto genitale. Certo, se si tratta di estrarre gameti, ottenere una fecondazione e il successivo impianto di almeno una blastocisti, allora la fecondazione artificiale si ha ragione ad intenderla come un aiuto ad una natura fallace. Nell'ambito animale ciò è del tutto lecito, non casualmente le tecniche riproduttive sono nate e si sono perfezionate in ambito zootecnico.

Se invece si riflette sulla dignità dell'essere umano, allora non si può non considerare come solo in un atto capace di esprimere un amore personale, esclusivo, totale e irrevocabile tra un uomo e una donna questa grandezza trovi adeguato riconoscimento. Se osserviamo con attenzione la fecondazione artificiale, di qualsiasi tipo, ci accorgiamo che essa, lungi dall'aiutare, in realtà snatura e riduce la procreazione a riproduzione. Tale processo si realizza mediante la costante intermediazione di soggetti terzi. Sono come sono perché sono stato generato da un particolare ovocita di mia madre e non un altro, così da un particolare spermatozoo di mio padre e non da un altro, nessuno dei due è stato però scelto da un uomo. Il bambino nato da fecondazione artificiale ha visto un essere umano valutare e scegliere i gameti formativi, quel bambino è così perché qualcuno ne ha pre-scelto l'esistenza ed ha continuato a farlo quando lo ha sottoposto a screening prima del trasferimento in utero. L'essere umano nato da fecondazione artificiale è il risultato di una filiera manifatturiera che eccede sempre i soggetti che forniscono i gameti, ciascuno dei quali può vantare titoli di paternità o maternità. Con l'eterologa questa pluralità di soggetti e l'ingiustizia ad essa connessa viene ulteriormente allargata dall'entrata in gioco di quella che l'economista Debora Spar chiama "l'industria della componentistica", parte costitutiva di quel grande "mercato dei bambini" che già dieci anni fa nei soli Stati Uniti alimentava un business di poco meno di 3 miliardi di dollari.

Se, come si dice nell'articolo, tutto si riduce a trovare un mezzo per soddisfare l'impulso affinché la propria razza non si estingua, se la bontà della fecondazione artificiale e dell'eterologa risiede nella loro capacità di dare una risposta al "diritto di maternità o paternità insopprimibile e profondo dell'uomo", allora si potrebbe osservare che qualsiasi mezzo potrebbe essere considerato moralmente lecito. Si tratterebbe di esaudire un diritto riproduttivo di un soggetto, indipendente dalla presenza di relazioni affettive e dall'orientamento sessuale, aspetti che diverrebbero totalmente ininfluenti. E se esistesse un diritto "insopprimibile" a trasmettere i propri geni, non si dovrebbe allora ammettere un diritto a trasmettere i propri geni in maniera non difettosa ovviando agli errori mediante screening pre-impianto e pre-natale? E perché non dovrebbe sussistere allora il diritto a trasmettere i propri geni in modo integrale, ricorrendo alla clonazione, senza doverli "annacquare" con quelli di un estraneo? Oltre quindi a quella che mi pare un'erronea comprensione del concetto di legge naturale, la prospettiva dell'articolo risulta essere viziata da quel teleologismo morale che nega l'esistenza di azioni sempre malvagie e fa dipendere il giudizio sugli atti ora dalle intenzioni, ora dagli effetti.

Piccolo particolare: San Giovanni Paolo II ha dichiarato esplicitamente tali approcci incompatibili con la dottrina cattolica (VS 76). Giungere a liquidare la contrarietà alla fecondazione artificiale come rigida ideologia è quindi un'operazione intellettualmente funambolica. L'opposizione alla provetta ha visto il contributo di intellettuali di differente estrazione come Leon Kass e Robert George. Si aggiunga che uno dei suoi più implacabili oppositori è stato proprio quel campione dell'anti-ideologismo di nome Karol Wojtyla le cui fonti filosofiche, come ricorda lo studioso del suo pensiero Jaroslaw Merecki, risiedono nell’esperienza e nella fenomenologia. Se le mie idee mi condannano ad essere incluso da Lambertenghi tra gli  "ideologi più rigidi", allora mi consolerò sapendo di essere nella buona compagnia del magistero della Chiesa, ed ho la vaga opinione che sarebbe stato d'accordo anche quell'Alessandro Manzoni che esaltava il ricorso alla provvidenza di Lucia e ridicolizzava l'affidarsi di Renzo al tecno-esperto di turno Azzeccagarbugli. Come infatti ci ha ricordato Giovanni Fighera nel suo ultimo commento, il credente Alessandro Manzoni al termine del suo romanzo lancia al lettore un messaggio ben chiaro: quando arrivano i guai "la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore".