Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
"GESU' ECONOMISTA"

Il Vangelo secondo Charles Gave, contro i catto-socialisti

Sanguigno, irriverente, mai blasfemo. L’imprenditore ed economista francese Charles Gave, stanco di tante interpretazioni marxiste e solidariste del Vangelo, ha preso carta e penna e ha scritto Gesù Economista (Istituto Bruno Leoni, Milano 2018).

Economia 27_03_2018
Parabola dei talenti, icona

Sanguigno, irriverente, mai blasfemo. L’imprenditore ed economista francese Charles Gave, stanco di tante interpretazioni marxiste e solidariste del Vangelo, ha preso carta e penna e ha scritto Gesù Economista (Istituto Bruno Leoni, Milano 2018). Non si tratta di una rivisitazione del Vangelo in chiave capitalista invece che socialista. Tutt’altro. Il piccolo libro denso di concetti economici è un duro atto di accusa nei confronti dei socialisti, in particolare di quelli che vogliono appropriarsi del cristianesimo, trasformandolo in una sorta di manuale della giustizia sociale. Dunque legge il Vangelo così com'è, senza manomissioni o interpretazioni. E dalle pagine del Nuovo Testamento trae lezioni di economia.

Gave non lesina insulti e rimproveri ai socialisti. Prima di tutto mostra le loro radici nel materialismo di Marx, più indietro ancora nel pessimismo di Malthus e nella teoria del valore-lavoro di Ricardo. Visioni collettiviste e soprattutto sbagliate: perché il valore di un bene non è affatto determinato dal lavoro che “contiene”, perché i salari non sono destinati a restare a un livello minimo di sussistenza, né la ricchezza a concentrarsi in pochi monopoli, né le risorse sono destinate a esaurirsi. Il tempo ha dimostrato il fallimento di tutte queste profezie oscure. “Per centocinquant’anni – scrive l’autore – si è dovuta condurre una lotta senza fine e sempre rinnovata contro i nostri socialisti, che pensavano in modo sbagliato, per provare che i loro pretesi argomenti scientifici non lo erano. La prova schiacciante, definitiva, senza appello, è stata portata dal crollo del muro di Berlino. La battaglia intellettuale è stata vinta. Il nemico è stato sconfitto in campo aperto, in una delle più grandi rotte intellettuali che la storia abbia conosciuto. Ma sconfiggere un’idea non significa sbarazzarsi delle persone che la sostenevano o ne vivevano. Quando una religione crolla, il clero può rimanere al suo posto per molto tempo. I socialisti hanno semplicemente cambiato il loro catalogo e si rifugiano nel non scientifico. Non dicono più che loro sanno e gli altri, i loro oppositori, non capiscono nulla, cosa che farebbe ridere tutti. Non dicono più ‘Dobbiamo governare perché sappiamo come far funzionare la macchina’. Dicono: ‘Dobbiamo governare perché sappiamo distinguere il Bene dal Male’. E con la loro abituale buona fede, cercano di trarre dalle stesse radici della nostra civiltà degli argomenti per confortare le loro tesi”.

In estrema sintesi: i socialisti si sono travestiti da cristiani. Sono i progressisti che caratterizzano anche la politica italiana, più ancora che quella francese. E’ soprattutto a loro e al loro numerosissimo seguito, che Gave ricorda i principi fondamentali dell’economia che si possono trarre dai Vangeli. Prima di tutto: Gesù si rivolgeva alle persone, non alla collettività. “Dio sa contare solamente fino a uno. Dio non si interessa né alle masse, né alle nazioni, né alla Storia con la S maiuscola. Se crediamo a Gesù, Dio non si interessa che a ciascuno di noi, uno per uno, e vuole sviluppare con ognuno di noi una relazione individuale”. Il Giudizio sarà per ognuno di noi, dunque la responsabilità è individuale, non collettiva: “Il ‘giudizio della Storia’, tanto caro ai nostri politici, agli occhi di Dio è una cavolata. A cosa serve a un uomo aver conquistato il mondo, se ha perduto la vita? E la nostra responsabilità individuale sarà giudicata in funzione di ciò che ciascuno di noi avrà ricevuto”. Contrariamente a tutte le altre religioni, “I Vangeli non sono un libro, ma un incontro con una Persona, al tempo stesso esigente, colma di compassione e che non specifica mai ciò che si attende da noi. C’è da diventarne pazzi o santi. D’altronde, e assai spesso, le due cose stanno assieme”.

Abbiamo poi, nella parabola dei talenti, la “santificazione” dell’assunzione del rischio. Non solo in campo economico, ma in tutte le scelte di vita. Nella vedova povera che getta due spiccioli nel tesoro del Tempio, ed è tutto quello che possiede, si ricava una lezione sul valore. Che non dipende dal lavoro, né dalla quantità di beni, ma dall’attribuzione soggettiva del valore: un bene vale ciò che noi pensiamo che valga. In economia: “Il confronto tra le diverse scale di valore deve pure essere libero. I prezzi devono quindi essere liberi affinché l’adeguamento prezzo-valore possa avvenire liberamente. Nessuno deve essere costretto né a comprare, né a vendere un prodotto o un servizio che non vuole. Immaginiamo che sulla cassetta delle elemosine della chiesa ci sia un cartello: offerta minima, una dracma…” Poste queste premesse, altre lezioni sono tratte sulla ricchezza, sulla giustizia sociale e anche sul lavoro e la proprietà: “Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” Esattamente l’opposto della cosiddetta “morale sociale”. Charles Gave dà una lettura di buon senso (ma proprio per questo originale) al tema classico della separazione fra Stato e Chiesa. “Date a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”: “Ma il Cristo ci dice molto di più: annuncia, senza alcuna ambiguità, che le imposte non sono affatto un suo problema, ma che sono responsabilità e competenza di Cesare”. Sbagliano, dunque, quei laici e quei religiosi che rivestono l’imposizione fiscale di etica cristiana. E sbagliano, in genere, coloro che fanno dello Stato un ente sacro, con una missione religiosa da compiere.

I Vangeli non sono manuali di economia e Gave non è un teologo. Non pretende neppure di esserlo, come egli stesso premette nel primo capitolo. Talvolta si lascia prendere dall’abbondante letteratura anti-cattolica, quando afferma che, nel corso della storia, i protestanti hanno saputo trarre dal Vangelo insegnamenti più saggi in economia. In questo, però si contraddice, proprio perché Ricardo, Malthus e dunque i padri del socialismo erano protestanti, il valore-lavoro è un concetto tipico del protestantesimo, mentre trascura il fatto che la Tarda Scolastica, quattro secoli fa, abbia gettato le basi della dottrina economica “austriaca” che Gave stesso adotta. L’economista francese, in ogni caso, cita molto Giovanni Paolo II e l’enciclica Centesimus Annus. Delle encicliche di Papa Francesco non parla neppure: il libro è del 2005.