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LA LETTERA

Il vescovo, la comunione in ginocchio e le nostre scuse

Il vescovo di Imola non ha proibito la comunione in ginocchio, ma solo ha esortato i sacerdoti a non imporre ai fedeli di inginocchiarsi. La precisazione di un lettore. E le nostre scuse. 

Ecclesia 05_07_2017

Buonasera,

sono un lettore abituale del vostro sito, che trovo veramente utile per cercare notizie del giorno con una lettura cattolica. Oggi non ho potuto fare a meno di soffermarmi sull'articolo a firma di Andrea Zambrano dal titolo "Comunione in ginocchio, la crociata del vescovo".

Pur ritenendo di ben conoscere don Tommaso, mi è sembrato strano che quanto riportato sull'articolo potesse rispecchiare la sua pastorale. Ho cercato allora il documento originale sul sito della diocesi di Imola ed ho riletto molto attentamente il vostro articolo.

Ebbene dal testo di don Tommaso, come da voi giustamente riportato, si legge così:

"E’ dunque da evitarsi la richiesta fatta ai fedeli da parte di qualsiasi ministro che distribuisce la santa eucarestia, di mettersi in ginocchio per poterla ricevere". Quindi è da evitare che qualsiasi ministro richieda ai fedeli di inginocchiarsi per poter ricevere la Santa Eucarestia (e quindi in caso di diniego del fedele, eventualmente rifiutargli la comunione).

Il vostro articolo però procede in questo senso: "Poche parole per “gelare” quei fedeli, e cominciano ad essere tanti, che si stanno riaccostando alla Comunione come si faceva obbligatoriamente fino all’entrata in vigore del Nuovo Messale che ha consentito la ricezione della Comunione in piedi e in bocca."

Qui c'è a parere mio un travisamento delle parole del vescovo. Don Tommaso non si rivolge ai fedeli impedendo loro di mettersi in ginocchio, ma si rivolge ai ministri affinché non obblighino i fedeli a mettersi in ginocchio. E’ il concetto opposto rispetto a quanto da voi riportato nell’articolo.

E ciò, come riportato nella lettera, in quanto spinto "da richieste di molti fedeli laici, disorientati per talune arbitrarie prassi liturgiche". Credo quindi che il vostro articolo stravolga il senso stesso le lettera di don Tommaso, provocando altra confusione fra i laici.

Riporto un altro passo del vostro articolo che secondo me stona: “Ma ora a fare uno scatto in più è addirittura un vescovo, che ha espressamente proibito i suoi sacerdoti dal comunicare i fedeli che si mettono in ginocchio.” Non so come l’autore possa essere arrivato a tale conclusione visto da nessuna parte don Tommaso ha scritto o fatto intendere ciò.

Vi chiederei per quanto possibile, dato l'alto servizio di informazione cattolica che svolgete e del quale ve ne sono grato, la vostra opinione sulle mie considerazioni e, se del caso, di poter modificare l'articolo. Nel ringraziarvi per il lavoro che fate e per l'attenzione che vorrete prestarmi, porgo cordiali saluti

Davide Pezzuolo

Abbiamo preso una delle diverse e-mail arrivate in redazione, tutte dello stesso tenore. A seguito di una lettura frettolosa della lettera di sua eccellenza Tommaso Ghirelli alla diocesi di Imola, ho equivocato le sue parole in merito alla distribuzione della comunione in ginocchio. Me ne scuso con l'interessato e con i fedeli. L'articolo è stato tolto. Il provvedimento era rivolto ai sacerdoti a non chiedere ai fedeli in maniera unilaterale e non era una proibizione. E' un atto libero del comunicando decidere la forma con la quale accostarsi al Sacro Convito. Resta il fatto che così come non si può imporre di riceverla solo in ginocchio, non si può nemmeno costringere i fedeli a riceverLa solo in piedi, vietando la forma in ginocchio. 

Andrea Zambrano