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PROMESSE E REALTA'

Ilva, quando i Cinque Stelle fanno retromarcia

L’accordo siglato due giorni fa al tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico per il salvataggio dell’Ilva, da un punto di vista strettamente aziendale, può considerarsi positivo. Ma da un punto di vista politico resta una retromarcia clamorosa rispetto alle promesse dei Cinque Stelle che miravano alla chiusura di Ilva. E non è l'unico caso...

Politica 08_09_2018
Ilva di Taranto

L’accordo siglato due giorni fa al tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico per il salvataggio dell’Ilva, da un punto di vista strettamente aziendale, può considerarsi positivo. Saranno 10.700 i lavoratori da assumere subito e a tempo indeterminato, e con articolo 18. Lo sciopero proclamato dalle sigle dei metalmeccanici per l’11 settembre è dunque rientrato, essendo passata la proposta migliorativa contenuta nel testo aggiornato presentato da ArcelorMittal ai sindacati. Si tratta di un numero nettamente superiore rispetto al piano occupazionale originario in cui i lavoratori riassunti erano indicati in 10.000 (contro gli attuali 13.522 dipendenti).

Ma si tratta soltanto di un'ipotesi di intesa, che sarà sottoposta, entro una settimana, al referendum dei lavoratori, all'esito del quale seguirà la firma ufficiale. E’ previsto anche un piano di incentivi all'esodo volontario (100.000 euro lordi per il lavoratore che decidesse di andare via subito). L’intesa parla di 4,2 miliardi di investimenti da parte di ArcelorMittal sul piano industriale e ambientale.

Da parte del governo si sottolinea l’importanza dell’accordo, che, ha dichiarato il Ministro, Luigi Di Maio, rappresenta e scongiura la possibilità di annullare la gara. Ora, ha proseguito il Ministro, nel tentativo di addolcire la pillola per gli ambientalisti delusi, il "vero" obiettivo è rilanciare Taranto e il governo si metterà a lavoro "per una legge speciale" per la città, "stanziando le risorse in legge di bilancio". Dello stesso tenore le parole del premier Giuseppe Conte, secondo cui nella vertenza Ilva "è stato raggiunto un risultato di assoluta eccellenza. Devo ringraziare Di Maio - ha aggiunto - per aver svolto un lavoro egregio". Soddisfatti anche i sindacati.

Ma se l’accordo è certamente positivo, come detto, sul piano industriale, lo è meno dal punto di vista della coerenza tra i proclami pentastellati e le azioni previste. Sembra, cioè, la logica prosecuzione di quanto fatto dal Governo Gentiloni, tanto che su Twitter sono arrivati perfino i complimenti dell'ex Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che in passato ha criticato più volte Di Maio: .

Già, perché ora la base pentastellata a Taranto e dintorni è inviperita per la nuova promessa non mantenuta e accusa Di Maio e i parlamentari del Movimento eletti in Puglia di aver cambiato idea e di non aver difeso le ragioni del territorio tarantino. Dopo le numerose giravolte sul tema della vaccinazione obbligatoria, ora i grillini cambiano nuovamente punto di vista anche sull’Ilva e si convertono all’”industrialismo”, rinunciando alle loro battaglie originarie, tra cui quella ambientalista. Caustico sul punto il Fatto Quotidiano, che arriva addirittura a profetizzare l’imminente funerale dei Cinque Stelle. una nuova fase: quella di un 'partito' che come gli altri raccoglie consensi con promesse che non mantiene".

I bersagli degli strali pubblicati su quel giornale sono soprattutto i cinque parlamentari pentastellati eletti a Taranto, ambientalisti, attivisti che per anni si sono battuti per la chiusura dell’acciaieria e che si sono fatti eleggere con un mandato preciso: “riconvertire l’Ilva e far partire le bonifiche”. Che faranno oggi questi parlamentari stellati? Resteranno al loro posto? Si dimetteranno? Entreranno nel gruppo Misto? Come spiegheranno al territorio che l’unica strada possibile era quella di Calenda, fino a qualche giorno fa il loro grande nemico?".

A proposito dell’Ilva, nel contratto di governo c’è scritto: "Con riferimento all’Ilva, ci impegniamo, dopo più di trent’anni, a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, salvaguardando i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti, per le quali è necessario provvedere a bonificare, e sviluppo della green economy, energie rinnovabili, economia circolare".

Non meno esplosiva la situazione nel Salento, dove molti elettori del Movimento Cinque Stelle vedono crollare il terreno sotto i piedi, denunciano i No Tap. Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) è la parte finale di un megagasdotto di quattromila chilometri che parte da un giacimento in Azerbaijan e arriva in Italia per trasportare il gas in Europa. Dopo che il premier, Giuseppe Conte ha definito il gasdotto Tap un’opera strategica, il Ministro per il Sud, Barbara Lezzi, ha dovuto arrendersi e si è difesa dall’accusa di tradimento dicendo che il Movimento Cinque Stelle è al governo con la Lega e deve accettare compromessi anche sulle grandi opere. Il gasdotto dovrebbe approdare a Melendugno, in territorio salentino, e le popolazioni locali continuano a organizzare sit-in per scongiurare questa eventualità, che reputano devastante sul piano ambientale per il loro territorio. Fino al 4 marzo potevano contare sull’appoggio incondizionato dei Cinque Stelle. Oggi si scoprono decisamente soli e abbandonati.