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EDITORIALE

Immigrati, l'emergenza c'è e si vede

«Orgoglio di essere italiani per tutte le vite salvate nel Mediterraneo». «In Italia non c’è nessuna emergenza immigrati». Il presidente del Consiglio Renzi ha colto l’occasione del G7 per fare un po’ di retorica a buon prezzo, ma la realtà è ostinata. Le dimensioni del fenomeno sono tali che è irresponsabile certo trionfalismo.

Editoriali 28_05_2016
Barcone immigrati

«Orgoglio di essere italiani per tutte le vite salvate nel Mediterraneo». «In Italia non c’è nessuna emergenza immigrati». Il presidente del Consiglio Renzi ha colto l’occasione del G7 per fare un po’ di retorica a buon prezzo, ma la realtà, come si dice, è ostinata.

Negli ultimi 3 giorni sono sbarcati in Italia 10mila immigrati, qualche decina i morti; solo ieri la Guardia costiera ha effettuato 20 operazioni di soccorso al largo delle coste della Sicilia. Ma questa per Renzi non è un’emergenza. Non solo: alla fine di marzo 2016 – secondo i dati del ministero dell’Interno – c’erano circa 112mila migranti sparsi nelle diverse strutture del Paese, alla fine del 2015 erano 66.200 e al dicembre 2014 erano 35.500. Segno che anche il famoso programma di redistribuzione degli immigrati nei paesi dell’Unione Europea non solo non funziona, è completamente inadeguato. A questo poi aggiungiamo – e non è un dettaglio secondario – che nel 2016 sono circa 1.400 le persone morte in mare.

Si deve essere davvero ciechi e irresponsabili per fare affermazioni tranquillizzanti o trionfalistiche in una situazione di questo genere. Vengono ogni giorno salvate migliaia di vite nel canale di Sicilia, è vero, e onore ai nostri marinai che si prodigano per evitare tragedie peggiori, ma vergogna per un governo che non si rende conto della drammaticità del fenomeno. E parla di vite salvate come se tutte queste persone si trovassero in situazione di pericolo nel Mediterraneo per puro caso, vittime di un qualche incidente imprevedibile e comunque frutto di una situazione temporanea. Senza considerare che ogni imbarcazione che parte dalle coste del Nordafrica significa moneta sonante nelle tasche della criminalità organizzata e dei movimenti fondamentalisti islamici oltre che soldi dei contribuenti per le operazioni di soccorso. 

Invece sappiamo benissimo che c’è un fenomeno migratorio destinato a intensificarsi se non si adotteranno politiche adeguate, e non è un caso che il G7 nel documento finale abbia posto le migrazioni tra i problemi più gravi del pianeta, una sfida globale che richiede un’azione coordinata della comunità internazionale, con il coinvolgimento dei paesi d’origine e quelli di transito. Non c’è infatti soltanto il Mediterraneo (come abbiamo spiegato nel libro della Bussola dedicato al tema, clicca qui). Il problema è che anche dal G7 vengono affermazioni di principio – ed è già qualcosa – ma passare all’azione è un’altra paio di maniche. Non c’è neanche la proposta minima di una Conferenza internazionale che coinvolga tutti i paesi coinvolti, così come si fece tra gli anni ’70 e ’80 per il dramma dei boat-people vietnamiti e cambogiani.

Ma per tornare a casa nostra, è inconcepibile ridurre la questione migranti al tema dell’accoglienza (dalle strutture necessarie ai tempi di identificazione, dalla valutazione delle singole posizioni alla eventuale redistribuzione) senza porsi seriamente il problema di come fare in modo di fermare questo flusso. E questo senza neanche parlare dei problemi di integrazione legati al forte afflusso di islamici. Solo chi non vuole sapere può ignorare che siamo di fronte a un fenomeno epocale.

Certo, ci sono le guerre in Medio Oriente che contribuiscono la loro parte. E a questo proposito ecco l’ultima ipocrisia: ieri la UE ha rinnovato per un anno le sanzioni contro la Siria, malgrado l’appello di tutti i vescovi della regione che hanno denunciato come questa misura colpisca solo la popolazione civile: da una parte si spende una lacrima sui profughi, dall’altra si fa di tutto per aumentarne il flusso.

Ma se si può sperare che ad un certo punto questa emergenza finisca, altrettanto non si può dire per quel movimento migratorio che parte dall’Africa sub-sahariana e coinvolge anche parte del Nordafrica. Ne abbiamo parlato molte volte: tra i paesi a sud del Mediterraneo e quelli a nord c’è un tale squilibrio demografico e un altrettanto grave squilibrio economico da non lasciare spazio a illusioni. Potenzialmente potrebbero essere decine di milioni gli africani in condizioni di mettersi in cammino per l’Europa nei prossimi dieci anni. È qui che bisogna dare risposte: disincentivare le partenze oggi, poi lavorare sul medio-lungo periodo per rimuovere i fattori all’origine delle migrazioni. Più si ritarda l’affronto serio del problema più aumenterà la probabilità di trovarsi a breve davanti a una situazione ingestibile. Altro che «non c’è alcuna emergenza»!