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Rifugiati

Inizia in Botswana il rimpatrio di 850 rifugiati namibiani

Il governo del Botswana ha revocato lo status di rifugiato ai namibiani fuggiti dal loro paese nel 1999 sostenendo che non corrono più pericoli rientrando in patria e ne ha disposto il rimpatrio

Migrazioni 19_09_2019

Lo status di rifugiato non è permanente. Se le minacce alla vita e alla libertà che hanno indotto una persona a lasciare il proprio paese vengono meno non ha più bisogno di asilo. Di solito un profugo sia esso rifugiato o sfollato non vede l’ora di poter tornare a casa, ma non sempre è così. Nel 1999 alcune migliaia di namibiani di etnia Lozi in gran parte membri dello United Democratic Party sono fuggiti dalla Namibia in Botswana ottenendovi asilo a seguito del fallito tentativo di secessione del Caprivi (il Dito di Caprivi è una sottile striscia di territorio compresa tra Angola, Zambia e Botswana). L’anno successivo più di 3.000 rifugiati sono tornati a casa, ma oltre 850 sono rimasti e hanno continuato a vivere nel campo profughi di Dukwi allestito nel 1999 per ospitarli. Lo scorso luglio la Corte di appello del Botswana ne ha revocato lo status di rifugiato sostenendo che non corrono più pericoli in Namibia e li ha dichiarati immigrati illegali, dando loro tempo fino al 1° settembre per accettare il rimpatrio volontario dopo di che sarebbero stati trasferiti in Namibia a forza. Gli ex rifugiati hanno rifiutato e il 17 settembre un primo gruppo di 94 persone è stato rimpatriato. L’opzione del ritorno volontario resta tuttavia aperta. Ai namibiani disposti a tornare a casa spontaneamente l’Alto commissariato Onu per i rifugiati offre 300 dollari per ogni adulto e 150 per ogni minore come contributo di reintegrazione e si impegna a far sì che i figli possano andare a scuola. Gli ex rifugiati dicono di temere di essere perseguitati dal loro governo e soprattutto di non sapere dove andare: “sono passati 20 anni, in Namibia le nostre case non ci sono più, non c’è un posto che possiamo chiamare casa”. Il ministro dell’interno namibiano, Frans Kapofi, replica che possono tornare alle comunità di cui fanno parte: “non intendiamo creare degli insediamenti per loro. Non hanno che da tornare nei villaggi in cui vivono le loro famiglie. Altri namibiani sono tornati e si sono felicemente integrati nelle rispettive comunità. Abbiamo detto chiaramente che nessuno sarà arrestato perché, salvo forse qualcuno, non figurano negli elenchi delle persone ricercate”.