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FAME E VIOLENZA

Italiani in Venezuela: il dramma dimenticato

La morte di Mauro Monciatti, funzionario del Consolato Generale italiano di Caracas, riaccende l'attenzione su una realtà dimenticata: quella degli italiani in Venezuela. Sono due milioni, vivono strangolati dalla violenza e dalla fame in un paese al collasso. Il governo, per loro, fa poco o nulla.

Esteri 08_06_2016
Bolivares svalutati

Un’altra vittima italiana in Venezuela. Il cadavere di Mauro Monciatti è stato trovato lunedì mattina nel suo appartamento di Altamira, uno dei quartieri della capitale. Da solo tre mesi era il responsabile dell’amministrazione del Consolato Generale italiano di Caracas. Una città nota per l’alto tasso di criminalità: 119,87 omicidi ogni 100.000 abitanti nel 2015. Nonostante le cause della morte siano ancora da chiarire, il caso di Monciatti è sicuramente andato ad alimentare le statistiche sanguinose del Venezuela (circa 28 mila morti violente nel 2015, secondo l’Osservatorio Venezuelano della Violenza). Il funzionario della Farnesina farà più notizia in Italia dei tanti italo-venezuelani che soffrono la crisi nel paese e di cui non parla quasi nessuno.

Tutti gli italiani in Venezuela vivono strangolati tra la violenza e la fame. “Ogni giorno ho notizie di almeno dieci italo-venezuelani che muoiono a conseguenza della criminalità o per la mancanza di medicine essenziali”, ha riferito alla Nuova BQ il direttore della testata con sede in Venezuela Piazza Italia, Umberto Calabrese. Il giornalista italiano spiega quanto sia difficile sopravvivere in una nazione con il 700% di inflazione: “Oggi con mia moglie ho fatto la spesa della settimana. Abbiamo comprato 1 kg di pomodori, 1 kg di patate, 4 lattine di tonno, 2 bottiglie di coca cola, 1 kg di pollo, 500 gr di carne di maiale, 2 lattine di lenticchie, 2 lattine di fagioli, 2 lattine di mais, 2 pacchi di croccantini per i cani, due lampadine, 10 limoni, un pacco di sale fino. Il totale della spesa: 100 mila bolivar, equivalente a 6,6 stipendi minimi venezuelani (ogni stipendio ammonta a 12€ mensili)”.

Si sentono abbandonati dalla amata madre Patria. Sono circa 2 milioni gli italiani del Venezuela fra discendenti italo-venezuelani e italiani iscritti all’Aire. Una numerosa comunità (la terza delle Americhe) che vive un grande disagio, evidenziato nel corso dell’assemblea tenutasi lo scorso 21 maggio al Centro Italo Venezuelano di Caracas (CIV), con la presenza dei membri dei Comites (organismi rappresentativi della collettività italiana all’estero), membri del CIV e FEDECIV, i rappresentanti della Ass.ni Regionali e dei Patronati. I grandi assenti: la rappresentanza diplomatico-consolare italiana. 

Il Governo italiano fa molto poco se non nulla per i suoi cittadini, anzi talvolta contribuisce a farli impoverire. “Ormai in tutto il Mondo è nota la situazione terribile che stiamo vivendo in Venezuela, di crisi economica, di insicurezza personale, di mancanza di alimenti e di medicine… Il nostro Console e il nostro Ambasciatore sono stati invitati dai Comites e dai Patronati a darci delle risposte su cosa fanno per la protezione di Noi Cittadini Italiani, sul problema delle pensioni e i problemi di cittadinanza negata a molti compaesani; ma nessuno dei due ha partecipato motivando di avere altre cose più importanti da sbrigare. Sinceramente, non credo ci sia altro più importante, e loro sono al corrente della gravità e difficoltà che stiamo attraversando. Oltre alla “tragedia” che stiamo soffrendo, il nostro governo, attraverso il Ministero degli Affari Esteri e l’INPS, invece di venirci incontro ed aiutarci, per una assurda e incoerente interpretazione sui cambi monetari esistenti in Venezuela, ci ha praticamente tolto la pensione a cui abbiamo diritto”. Testimonianza di Giuseppe Finazzo, un italiano residente in Venezuela, tramite una lettera pervenuta al giornalista Umberto Calabrese. 

Un cambio di valuta a convenienza. Nella lettera, Finazzo spiega anche perché gli italiani in Venezuela ricevono una pensione da fame: “In Venezuela esistono due cambi ufficiali: uno fisso di 10 Bolivares per ogni dollaro (che usa solo il governo venezuelano per importare a modo di sussidi), ed un altro variabile, il DICOM, per le importazioni dei privati (452 Bolivares per ogni dollaro)… L’INPS calcola il cambio della pensione a 10 Bolivares per ogni dollaro, mentre il Consolato per il rinnovo di passaporti ed altre spese usa il cambio DICOM più conveniente, e qui è dove risulta difficile capire questa incoerenza”. Quindi, il governo italiano paga le pensioni con un cambio di valuta a 10 Bolivares, e riscuote i servizi consolari a 450 Bolivares. Ci sono circa 1.400 pensionati che ricevono una pensione di 14 € al mese, una pensione da fame. Solo per avere il libretto del passaporto italiano in Venezuela, devono smettere di mangiare e accumulare 4 mesi di pensione.

Cosa può fare il governo italiano? Il presidente dei Comites, Ugo Di Martino, ha riferito alla Nuova BQ un elenco dei bisogni più importanti che attendono risposta: “Prima di tutto devono risolvere urgentemente il problema delle pensioni, non si può continuare con un cambio che non è reale. Secondo: c’è una mancanza di sicurezza evidente e la comunità è esasperata, e poi abbiamo bisogno di assistenza reale e maggiore. I servizi consolari devono essere all’altezza del momento, siamo quasi isolati”. Secondo Di Martino la risposta del governo italiano non “è consona ai bisogni della comunità. Tante belle parole e pochi fatti, bisogna passare ai fatti”.

L’incapacità di tutelare gli italiani all’estero ormai è ricorrente. Gli italiani in Venezuela sono quindi sempre più abbandonati a sé stessi. Così come gli italiani della Repubblica Dominicana, dopo la chiusura dell’ambasciata d’Italia a Santo Domingo lo scorso 31 dicembre. Possiamo continuare con un lungo elenco di errori fatti dalla diplomazia italiana, che ha messo a repentaglio i suoi concittadini all’estero. Il Venezuela piomba nel caos e serve un intervento straordinario comprensivo di un piano di emergenza per gli italo-venezuelani. Proprio per proteggere degnamente quelli che in passato (durante il Dopoguerra) non fecero mai mancare abbondanti rimesse all’Italia.