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GUERRA INFINITA

Kabul, una strage firmata dallo Stato Islamico

Kabul. Ieri una duplice esplosione in una festa di matrimonio ha provocato 63 morti e almeno 180 feriti, secondo un bilancio provvisorio. Lo Stato Islamico ha rivendicato l’attentato, i Talebani lo hanno condannato. E’ un’ulteriore dimostrazione dell’instabilità in cui versa il Paese alla vigilia del ritiro delle forze statunitensi,

Esteri 19_08_2019
Kabul, il locale devastato dalla bomba

Kabul. Proprio alla vigilia del centenario dell’indipendenza dell’Afghanistan, ieri una duplice esplosione in una festa di matrimonio ha provocato 63 morti e almeno 180 feriti, secondo un bilancio provvisorio. Lo Stato Islamico ha rivendicato l’attentato, i Talebani lo hanno condannato. E’ un’ulteriore dimostrazione dell’instabilità in cui versa il Paese alla vigilia del ritiro delle forze statunitensi, ormai ampiamente annunciato e della sempre più probabile tregua con i Talebani.

Il matrimonio è stato scelto come obiettivo perché facile da colpire e per massimizzare il numero delle vittime. I matrimoni radunano, infatti, centinaia di persone in spazi chiusi. Gli ambienti maschili e femminili sono separati. La prima bomba dell’attentatore è esplosa nel locale in cui festeggiavano i maschi. Una seconda, più potente, un’autobomba, è stata fatta detonare quando sono arrivati i soccorsi. I due neo-sposi sono sopravvissuti (stando alle notizie disponibili finora), ma hanno perso numerosi parenti. La strage è avvenuta in un quartiere popolato da sciiti. Quindi è chiara la matrice radicale sunnita dell’attentato, coerente con la rivendicazione dello Stato Islamico.

Lo Stato Islamico, in Afghanistan, è in diretta competizione sia con i Talebani che con Al Qaeda, per mostrarsi come il vero movimento jihadista. I Talebani, che hanno condannato il massacro, avevano però messo a segno un altro grave attentato, il 7 agosto, contro una stazione di polizia della capitale, con un’autobomba che ha provocato 14 morti e più di 100 feriti. Ne hanno anche subito uno, tre giorni fa, quando il fratello del leader talebano Haibatullah Akhunzada è stato assassinato mentre era in preghiera in una moschea. Il tutto avviene mentre a Doha, in Qatar, sono in corso i negoziati fra i Talebani e gli Usa, per una tregua che potrebbe porre fine alla lunghissima guerra. Considerando questo background, benché l’obiettivo dell’attentato di ieri non fosse politico o militare, il suo significato lo è. Proprio nel momento in cui i Talebani accettano di trattare, a Doha, mentre continuano a condurre attacchi contro forze governative in tutto l'Afghanistan, lo Stato Islamico fa vedere di essere più vivo che mai. Per fare reclute fra eventuali delusi e per seminare terrore fra i civili “eretici” (perché non sunniti).

I termini del prossimo accordo di Doha sono ancora segreti. Lo scambio, però, da quel che si sa già è: gli Usa ritirano le truppe e consentono ai Talebani di tornare a far parte del sistema politico afghano, se questi ultimi garantiscono di non fornire più ospitalità e appoggio a movimenti terroristi internazionali. Perché era questo, in particolare, il principale scopo della guerra iniziata nel 2001: dopo l’attacco alle Torri Gemelle, si doveva scacciare Al Qaeda dall’Afghanistan. Mentre Al Qaeda è in crisi, lo Stato Islamico continua a imporsi all’attenzione del pubblico musulmano e non come vero movimento jihadista. Anche dopo la distruzione del Califfato in Siria e Iraq. Questo attentato serve come prova della sua esistenza in Afghanistan. E’ il segnale che non si farà accantonare tanto facilmente.