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La Consolata che protesse Torino dalle bombe

Durante il famigerato agosto 1943, quando anche Torino fu pesantemente bombardata, i cittadini affissero su usci e portoni delle case l’effigie di Maria Consolatrice, eletta a loro protettrice.  Consuetudine, questa, che in taluni casi continua tuttora.

Cultura 14_10_2017

Fu la devozione nei confronti della Beata Vergine della Consolazione a trasformare l’antica chiesa di Sant’Andrea, che già dall’anno Mille sorgeva in prossimità delle mura della città di Torino, in Santuario. Alla Consolata era, infatti, intitolata una cappella della navata sinistra del primitivo edificio dove i torinesi accorrevano, numerosi, in cerca di grazie, protezione, aiuto.

L’attuale santuario non è solo il più importante di tutta l’Arcidiocesi e luogo di culto tra i più antichi del capoluogo piemontese ma, dal punto di vista storico artistico, è considerato un capolavoro del barocco locale.  Alla sua costruzione, infatti, contribuirono maestri del calibro di Guarino Guarini e Filippo Juvarra.

L’elevazione a basilica è correlata a un episodio miracoloso riportato dalla leggenda e documentato da un’epigrafe conservata all’interno del tempio. Si narra, infatti, che un giovane cieco pellegrino proveniente da Briancon, cui era apparsa in sogno la Madonna esortandolo a ritrovare una Sua immagine miracolosa andata perduta, giunto a Torino nel 1104 indicò nella chiesa di Sant’Andrea il luogo dove recuperare la sacra icona, riacquistando la vista. E’ da allora che ogni anno  il 20 giugno, giorno del ritrovamento, si celebra la festa della Consolata.

Il primo intervento barocco si deve all’architetto e religioso teatino Guarini che trasformò il corpo della navata centrale nell’aula ellittica d’ingresso e aggiunse una cappella esagonale sul lato nord, dedicata alla Vergine Consolatrice. Episodi della vita di Maria, circondata da angeli musicanti, furono affrescati sulla volta. Siamo nel 1678: una cinquantina di anni dopo lo Juvarra realizzò il presbiterio ovale per accogliere il nuovo altare maggiore, e la cupola sormontata da lanterna. Qui fu posta, in una cornice di legno dorato con angeli e cherubini, la venerata icona mariana, probabilmente copia della Madonna Odigitria conservata in Santa Maria del Popolo a Roma.

Unico elemento sopravvissuto della chiesa medievale è il campanile romanico che sorge leggermente scostato dal corpo dell’attuale basilica. Datato all’XI secolo, ha un fusto robusto realizzato, per lo più, con materiale di recupero di epoca romana e laterizio.

A cavallo tra il XIX e il XX secolo, infine, Carlo Ceppi aggiunse una corona di cappelle ogivali, in stile neo barocco, decorate ciascuna con medaglioni su cui sono raffigurate le litanie mariane, ovvero i titoli, spesso tratti dall’Antico Testamento, con cui il popolo era ed è solito appellarsi alla Vergine. A un’ultima fase di rivisitazione, dell’edificio risale anche il pronao tetrastilo, con colonne corinzie, di stile neoclassico, che costituisce l’ingresso principale.

Durante il famigerato agosto 1943, quando anche Torino fu pesantemente bombardata, i cittadini affissero su usci e portoni delle case l’effigie di Maria Consolatrice, eletta a loro protettrice.  Consuetudine, questa, che in taluni casi continua tuttora.