Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
L'INTERVENTO DI MIOZZO

La religione del lockdown messa in dubbio anche nel Cts

Il lockdown è una strategia che causa effetti collaterali troppo gravi nella società. Si deve imparare a convivere con il virus: rispettare le precauzioni, ma tornare a vivere. A dirlo non è qualche polemico "negazionista", ma Agostino Miozzo, coordinatore scientifico del Comitato Tecnico Scientifico, medico e uomo delle emergenze. Può voler dire che inizia un (tardivo) cambio di rotta.

Editoriali 10_01_2021
Conte in teleconferenza con il CTS

Se non è una svolta poco ci manca. Anche nel Comitato tecnico-scientifico, che da marzo ha in mano le chiavi delle nostre libertà individuali, c’è chi inizia a mettere in discussione la “religione del lockdown”.

Già questa sarebbe una notizia. Ma la notizia diventa sensazionale se a picconare il sistema delle chiusure prolungate è il coordinatore scientifico del Cts, Agostino Miozzo, medico e uomo delle emergenze. In diverse interviste rilasciate ieri a vari quotidiani, ha denunciato anzitutto il dramma delle nuove generazioni che restano a casa anziché andare a scuola, agitando lo spettro di gravissimi danni psichici, educativi e relazionali. Sul Quotidiano Nazionale è andato giù duro sull’intero impianto delle ordinanze e dei dpcm, ammettendone l’inadeguatezza rispetto al contesto attuale di crisi socio-economica. Purtroppo, però, nel Cts non decide solo lui. Ci sono diversi punti di vista in merito, ma soprattutto c’è uno scontro fratricida tra “il partito del terrore”, che vorrebbe chiudere tutto e il più possibile e la componente più aperturista, che si rende conto dell’insostenibilità della situazione e preme per la predisposizione graduale di protocolli per le riaperture. Tredici membri più tredici esperti che suggeriscono al governo cosa fare per affrontare l’emergenza sanitaria. A Miozzo spetta la sintesi. Quindi le sue parole acquistano un significato profondissimo, considerato che manca una trasparenza in tempo reale delle riunioni del Cts e che solo un mese e mezzo dopo i verbali vengono pubblicati.

"La terapia più sicura sarebbe quella di mettere l’Italia sotto una campana di vetro: porta sprangata e tutti chiusi in casa. L’abbiamo fatto, ora non è più possibile – fa sapere Miozzo -. L’immunità di gregge si otterrà solo a vaccinazione collettiva ultimata. Ma serve troppo tempo, il Paese non può aspettare la fine dell’anno. Le categorie produttive sono al collasso e la gente è profondamente ferita sul piano psicologico. Dunque alcune concessioni sono indispensabili".

Anche secondo la voce più autorevole del Comitato tecnico-scientifico, che affianca il governo nell’assunzione di decisioni che incidono sulla difesa della salute e sui livelli di libertà di 60 milioni di italiani, non si può andare avanti a colpi di lockdown, che non abbassano più di tanto i contagi e nel frattempo esasperano i cittadini e affossano l’economia. Bisogna correre  un rischio calcolato. "È una teoria che ho imparato alla Protezione civile – spiega - Il nostro Paese è a forte pericolo sismico, eppure conduciamo una vita normale: lavoriamo, andiamo a scuola, incontriamo gli amici e facciamo bambini. Chi ci crede si raccomanda a Sant’Antonio o a San Gennaro, a seconda delle aree geografiche, ma nessuno accetta di rinunciare a vivere. Dev’essere così anche con il Coronavirus: è ora di permettere delle aperture, pur sapendo che la curva si alzerà. L’importante è controllare che salga di poco".

Come non leggere nelle parole di Miozzo un monito al governo affinchè agisca per tempo per impedire la catastrofe socio-economica, oltre che educativa ed emotiva? Convivere con il virus significa continuare ad osservare scrupolosamente le misure anti-Covid ma senza rinunciare a vivere, a lavorare, a svolgere le attività fondamentali che consentono alle persone di realizzarsi, di vivere una vita equilibrata, sia pure con qualche restrizione, e al Paese di andare avanti con i suoi equilibri. Fa rabbia che solo ora si sia levata una voce critica rispetto al pensiero unico dei lockdown, visti come la risposta obbligata a un virus fortemente contagioso, con una bassa mortalità e comunque destinato a circolare ancora a lungo nonostante le vaccinazioni di massa, che pure presentano numerose incognite.

Miozzo nell’intervista di ieri parla a ruota libera e contesta il dilagante paternalismo che fa sentire i cittadini sempre in colpa e che accredita la visione di un governo premuroso e scrupolosamente attento a garantire la salute dei cittadini. "Aldilà di qualche stupido che continua a rifiutare regole elementari – aggiunge - mi pare che la popolazione sappia perfettamente come comportarsi. Anche i giovani, spesso accusati di superficialità. Nel frattempo la didattica a distanza sta diventando più pericolosa di quella in presenza, nel senso che un’intera generazione pagherà un conto salatissimo: i ragazzi privati della socialità sono insicuri, incerti, spaventati. Non possiamo continuare così".

Ce n’è abbastanza per coltivare una fondata speranza su un cambio di prospettiva da parte del governo rispetto alle misure da adottare nei prossimi mesi. I ristoranti, i bar e gli esercizi commerciali continuano ad aprire a singhiozzo, devono acquistare le materie prime per pochi giorni senza sapere fino a quando potranno rimanere aperti. Non possono pianificare le loro attività e vivono alla giornata, con ristori statali assolutamente insufficienti e a volte perfino risibili. La tenuta sociale è a rischio. Le scene delle ultime ore di assembramenti a Lucca, Livorno, Milano e altre città, con giovani che prendono bevande da asporto e socializzano per strada, non vanno sottovalutate e non devono essere considerate semplici bravate di ragazzi indisciplinati. Riflettono una stanchezza sociale generalizzata, che va a sommarsi a quella di milioni di persone con posto di lavoro a rischio ed emergenze anche abitative e alimentari. Dire che siamo seduti su una polveriera non è affatto un’espressione esagerata.