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L'Abbazia di Farfa

L'abbazia di Farfa è un antico edificio, interamente ricostruito nel 1492. Conserva un imponente quadro fiammingo sul Giudizio Universale e una ricca biblioteca con manoscritti, incunaboli e cinquecentine 

Cultura 21_12_2013
Farfa

Ovidio lo chiama Farfarus, Virgilio Fabaris. Il Farfa è un affluente del Tevere che ha dato il nome ad un piccolo borgo e ad una grande abbazia, le cui origini sono legate alla figura di San Lorenzo Siro, evangelizzatore della Sabina, arrivato nel V secolo dalla lontana Siria scegliendo il tempio abbandonato della dea Vacuna per iniziare a vivere con alcuni monaci, suoi compagni di viaggio, una vita eremitica. Così facendo pose le basi del complesso destinato a divenire uno dei più importanti del Medioevo Europeo e badia imperiale per volere di Carlo Magno, che alternò periodi di potenza a momenti di decadenza e di rinascita, dando natali spirituali a numerosi santi e beati.

Dal punto di vista architettonico, di carolingio restano il campanile e la testata destra del transetto impreziosita da eleganti lesene. Un ricco portale romanico aperto nella facciata a salienti, attribuito ad Anselmo da Perugia e sormontato da una lunetta con l’immagine quattrocentesca della Vergine adorante il Bambino, introduce nella chiesa intitolata a Maria, integralmente ricostruita nel 1492 dagli Orsini, lo stemma dei quali brilla al centro del soffitto a cassettoni azzurro e oro.

L’impianto è di tipo basilicale a tre navate separate da arcate a tutto sesto e colonne doriche e  ioniche. Lo spazio è caratterizzato da una festosa decorazione riconducibile alla scuola degli Zuccari , coppia di fratelli pittori manieristi urbinati qui attivi intorno alla metà del Cinquecento. Gli episodi della Vita della Vergine della navata centrale culminano nell’Annunciazione dell’arco trionfale, mentre nell’abside e lungo le pareti delle navate minori sono riprodotte immagini di Santi e storie bibliche.

La controfacciata è interamente rivestita da un imponente olio con il Giudizio Universale, dipinto nel 1561 dal pittore fiammingo Henrik van der Broek. Al caravaggesco Orazio Gentileschi sono, invece, attribuite le tele di tre cappelle laterali raffiguranti S. Orsola, la Madonna col Bambino  e la Crocefissione di S. Pietro. Ai suoi allievi spettano, invece, gli affreschi con storie sacre sulle rispettive pareti. La preziosa tavola duecentesca della Madonna di Farfa, successivamente ricoperta da una lamina d’ottone sbalzata da cui si intravvedono solo i volti di Maria e di Gesù, è venerata in un’altra cappella.

Attraversando un chiostrino longobardo si accede alla Biblioteca che ancora oggi vanta preziosissimi manoscritti, codici, incunaboli, cinquecentine. E rimanda al passato glorioso del suo fiorente scriptorium che fu in grado di creare una sua propria scrittura minuscola, chiamata Romanesca Farfense.