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IL MONDO SENZA DOWN

L'aborto dei Down come libera scelta? Era la speranza dell'eugenetica

I giornali festeggiano la possibilità di un mondo senza bimbi handicappati, esaltando la libertà di scelta di abortirli. Ma così ragionano come gli eugenisti che, condannato il nazismo, hanno dovuto trovare una strategia per reintrodurre l'idea della "razza perfetta". Peccato che illudendoci di essere liberi stiamo perdendo una grande ricchezza. Come testimoniano i genitori dei bimbi affetti dalla trisomia 21.

-MA IN POLONIA C'E' CHI VUOLE VIETARE L'ABORTO di Ermes Dovico

Vita e bioetica 25_08_2017
Sindrome di Down

Applaudono i giornali italiani che questa settimana hanno dato notizia della possibilità di una nazione come l’Islanda di riuscire a liberarsi dei bambini con la sindrome di Down (trisomia 21), dopo che la Danimarca aveva promesso di debellarla uccidendo tutti i malati entro il 2030. Applaudono sì, ma non troppo forte, che altrimenti sarebbe evidente la loro volontà eugenetica ed efficientista che odia gli imperfetti.

Infatti, come si leggeva nei giorni scorsi sul Corriere della Sera, basta farne una questione di scelta individuale e il gioco è fatto: non esiste coercizione degli Stati, scrivono i benpensanti, dunque il paragone con l’eugenetica nazista non sussisterebbe. Peccato che gli screening prenatali di massa, l’obbligo di informare le donne della loro esistenza e un mondo in cui chi mette al mondo figli disabili è visto come un pazzo egoista, di fatto spingono la gente ad abortire nel caso di sospetta anomalia, incrementando anche l’omicidio di tanti sani (mal diagnosticati come malati). Così, consapevoli o meno, i grandi giornali fanno lo stesso ragionamento di chi capì che dopo il crollo del Terzo Reich l’eugenismo “attivo" non era più praticabile: l’eugenista britannico Carlos P. Blacker parlò di una strategia per ripresentarlo attraverso "una politica di cripto-eugenetica". Nel 1956 Frederick Osborne la spiegò sostenendo che bisognava incidere specialmente sul costume e sulle aspettative sociali del popolo, in modo che "gli individui scelgano da soli la soluzione eugenetica". Osborne la chiamò "selezione volontaria inconsapevole".

E’ evidente che ci siamo: oggi si sceglie (pensando di farlo liberamente) di debellare la malattia assassinando senza conseguenze, se non applauditi, i propri figli malati. Come disse il genetista scopritore della sindrome di Down, Jerome Lejeune, spiegando la follia di chi pensava di sconfiggere la trisomia 21 uccidendo i malati. Follia, anche perché rimarranno sempre persone che decidono di non eliminare i propri bimbi malati e perché la diagnostica non sarà mai completamente perfetta. Dunque, l’unico modo per arrivare davvero ad una percentuale di malati dello zero per cento può essere solo la coercizione ad abortirli e, nel caso di diagnosi errata, ad ucciderli appena nati. 

Ma prima di allora basterà, appunto, la strategia della “selezione volontaria inconsapevole”, alimentata anche dalla rappresentazione falsa dei bambini Down come degli infelici e dal disegnare scenari allucinanti di vita dei loro genitori. Eppure a chi ne conosceva anche uno solo di bimbo disabile, accolto e amato dalla sua famiglia, tutto ciò pare niente di meno che una menzogna ideologica. La maggioranza di questi bambini non solo vuole vivere, ma spesso sa vivere meglio dei cosiddetti sani (chi lo è davvero?). Che siano attaccati alla vita lo dice il piccolo paziente che si rivolse al medico Jerome Lejeune, il quale scoprì l'origine della sindrome di Down, chiedendogli di difenderlo da quanti volevano eliminarlo, così come una sua piccola paziente, Cecilia, che ai suoi funerali disse: “Mio Dio, per favore veglia sul ‘mio amico’; per la mia famiglia io sono brutta assai, lui mi trova persino carina, perché sa com’è fatto il mio cuore”. Dimostrando, così che egoista non è chi accoglie questi bimbi fragili come un dono da amare, ma chi li vuole eliminare per incapacità di sacrificio, che poi è la definizione vera dell’egoista.

Mentre che i disabili spesso sanno vivere meglio di molte persone in salute lo dicono i loro genitori. Kate Davis-Holmes, mamma di Elijah, il 17 agosto ha scritto: “Mio figlio è straordinario, ha un entusiasmo per la vita che non ho mai visto in nessun altro essere umano. Ha una determinazione che io me la sogno, è felice, sta bene ed è amato…queste sono le caratteristiche che il mondo medico non vede, che i media non vogliono vedere… la gioia che arreca questa piccola persona a me e a tutti quelli che gli stanno intorno supera ogni sfida e negatività… lui è il mio maestro”. Poi, facendo emergere l’ideologia dell’uomo perfetto la donna sottolinea: “C’è un test per individuare un extracromosoma” ma non “per individuare un assassino o un pedofilo”. E, dunque, come la mettiamo con l'uomo perfetto?

Cosa significa vedere il mondo attraverso le lenti di questi bambini lo ha testimoniato anche la mamma di Max all’inizio di giugno, spiegando che ci “insegna cos’è importante. Ama come non ho mai visto amare nessuno. Mi aiuta a rallentare e ad apprezzare i momenti importanti… andare nel college migliore non vale come trovare il compimento della vita e sperimentare l’amicizia e l’amore veri”. Curtney continua: “Mi ritengo graziata per essere stata scelta come sua madre. Sì, ho bisogno di più aiuto di un’altra madre… ma lui è un dono".  

Adrian Warnock, medico e scrittore inglese, ha riportato la testimonianza di una madre la cui figlia, Megan, è affetta dalla trisomia 21: “La mia vita è profondamente arricchita da mia figlia… lei ha questo modo unico di tirarmi su di morale, “dai mamma, mi dice, stai su. Andrà tutto bene”. Poi mi fa uno dei suoi sorrisi sfacciati… Megan mi ricorda il valore di rimanere bambini nell’approccio alla vita. Non puerile, ma innocente, per i cristiani la fede dei bambini e una delle migliori. La fede di un bambino non mette in dubbio qualsiasi cosa, come quella cinica degli adulti, la fede di un bambino ha fiducia e crede. Mia figlia vede poi la bellezza intorno a sé, vede il divertente e il buono in ogni circostanza…lei non giudica, ma è veloce nel riprendere qualcuno se è sgarbato o se vede un atto scortese”. Un giorno, ricorda poi la donna, una parrucchiera sbagliò tagliandole un ciuffo di capelli e “Megan cominciò a piangere”. La parrucchiera mortificata abbracciò la ragazzina scusandosi. Megan, immediatamente, “si asciugò le lacrime e disse: “Non preoccuparti, è nel passato, ti ho già perdonato”… meno di un minuto era passato e per lei quello sbaglio non c’era già più… quanto sarebbe più facile la vita se fossimo capaci di vivere così… Spesso penso quanto sarebbe migliore il mondo se tutti potessimo avere questo modo di guardare la vita… io ho imparato così ad essere positiva, grata e buona”. E oggi, “come mia figlia, assaporo ogni momento con cui Dio mi benedice”

Ma perché tendenzialmente i bambini malati, accolti ed amati, sanno vedere quello che il mondo pare non vedere più? Forse che la malattia costringe alla dipendenza e quindi all’abbandono in chi li ama? Forse che spinge gli uomini dal cuore duro ad intenerirlo? Forse che questi bimbi generano intorno a loro carità? Forse che il ritardo li aiuta a guardare, mostrandola al mondo, la realtà senza le lenti del razionalismo moderno troppo complicato per loro? Ma, allora perché tutta questa smania di eliminarli? Forse perché, guardando la realtà come un dono, disturbano l’orgoglio dell’uomo che vuole farsi padrone di un mondo a sua misura.