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CONTINENTE NERO

Le carestie in Africa e Yemen sono causate dall'uomo

Quando il 24 febbraio il Sud Sudan ha dichiarato lo stato di carestia, l’Onu aveva avvisato di prepararsi all’eventualità che tre altri stati stessero per fare altrettanto. Nigeria, Somalia e Yemen hanno dichiarato lo stato di carestia. Potrebbero servire 4 miliardi e mezzo di dollari per far fronte a una crisi che è stata causata dalle leadership locali.

Esteri 16_03_2017
Carestia nel Sud Sudan

Quando il 24 febbraio il Sud Sudan ha dichiarato lo stato di carestia, l’Onu aveva avvisato di prepararsi all’eventualità che tre altri stati stessero per fare altrettanto. Nei giorni scorsi i peggiori timori si sono avverati. Nigeria, Somalia e Yemen hanno dichiarato lo stato di carestia. L’emergenza adesso riguarda oltre 20 milioni di persone, 1,4 milioni di bambini potrebbero morire di fame nel corso dell’anno, avverte l’Unicef. “Dal 1945 non si verificava una crisi di queste proporzioni, stiamo vivendo un drammatico momento storico – ha detto Stephen O’Brien, capo delle agenzie umanitarie dell’Onu, parlando al Consiglio di Sicurezza il 10 marzo – dall’inizio dell’anno è in atto la più grande crisi umanitaria da quando esistono le Nazioni Unite. Senza uno sforzo globale collettivo e coordinato, tanta gente morirà di fame e molti di più saranno i morti per malattia”. 

Per evitare una catastrofe servono 4,4 miliardi di dollari da spendere subito in cibo, acqua e assistenza sanitaria d’emergenza, quest’ultima quanto mai urgente per il rapido aggravarsi dell’epidemia di colera scoppiata nei mesi scorsi in Sud Sudan e in Somalia. 

La situazione è talmente grave – ha detto Saleh Saeed, direttore del Comitato di emergenza per i disastri, il 15 marzo – che non importa se, come al solito, una parte dei fondi andranno perduti, verranno dirottati dai governi e finiranno nelle mani di gruppi armati.  “Bambini denutriti, senza neanche più la forza di andare a scuola – è lo scenario apocalittico evocato da O’Brien – comunità senza mezzi di sussistenza, senza un futuro, senza speranze, sempre meno capaci di reagire alle avversità, anni di progressi persi, milioni di sfollati che continueranno a spostarsi per cercare di sopravvivere rendendo ancora più instabili estese regioni”. 

La carestia in Sud Sudan, che minaccia quasi cinque milioni di persone – il 40% della popolazione – è opera dell’uomo. Il rappresentante dell’Onu in Sud Sudan David Shearer ha espresso nei confronti dei leader del paese giudizi molto duri. Lo scontro politico tra i leader Dinka e Nuer iniziato nel 2013 ha scatenato un conflitto etnico costato migliaia di morti, oltre due milioni di sfollati e più di un milione di rifugiati. La siccità ha aggravato una situazione già critica. Secondo Shearer senza gli aiuti internazionali sarebbero morte decine di migliaia di persone perchè “i leader sudsudanesi sono più interessati ai loro affari che ad assistere la popolazione” e anzi ci sarebbero prove che il governo ostacola i soccorsi internazionali e usa la fame come arma di guerra contro i Nuer e i loro alleati. 

Anche in Yemen, Nigeria e Somalia la responsabilità della carestia è dell’uomo. Lo Yemen è in guerra da due anni. Lo scontro è tra il governo sunnita e gli insorti sciiti Houthi. Secondo l’Onu due terzi della popolazione, circa 19 milioni di persone, hanno bisogno di assistenza, almeno un terzo delle quali da mesi patiscono la fame. Si stima che ogni dieci minuti muoia un bambino per malattie curabili e che mezzo milione di bambini sotto i cinque anni soffra di malnutrizione acuta. 

In Nigeria la carestia minaccia due milioni di sfollati nelle regioni del nord est infestate per anni dai jihadisti Boko Haram. Ma l’insicurezza alimentare si estende ad altri sette milioni di persone nel bacino del lago Ciad. La gravità della situazione si è capita solo dopo che i Boko Haram nel 2016 sono stati costretti a ritirarsi dai territori che prima occupavano e per questo erano inaccessibili. Il governo dimostra ben poco interesse per la popolazione in pericolo. Peggio ancora, la corruzione che nel paese primo produttore africano di petrolio è “uno stile di vita”, non si ferma neanche di fronte alla fame. Sono stati denunciati a più riprese furti di grandi quantità di aiuti internazionali su cui solo di recente il senato ha deciso di indagare.   

In Somalia nel 2011 la carestia ha ucciso quasi 260.000 persone. Adesso, di nuovo, 6,2 milioni di somali, circa metà degli abitanti, hanno urgente bisogno di aiuto e, come sei anni fa, solo in parte a causa della siccità, molto per colpa di al Shabaab, il gruppo jihadista che ancora controlla una parte del paese, ma soprattutto di una leadership politica inerte, irresponsabile, divisa in clan antagonisti, che lascia alle agenzie internazionali di farsi carico dell’assistenza alla popolazione.   

In realtà 4,4 miliardi potrebbero non bastare affatto per far fronte alla crisi perchè tutta l’Africa orientale è stata colpita da una siccità prolungata e tante famiglie hanno perso raccolti e bestiame. In Kenya, nel nord, i pastori invadono armati i pascoli delle fattorie con il loro bestiame stremato. In Etiopia quasi sei milioni di persone avranno bisogno di aiuto fino ai raccolti autunnali, sperando che la stagione delle piogge quest’anno non salti.     

È davvero un drammatico momento storico per l’umanità. A 70 anni dalla creazione delle Nazioni Unite, dopo oltre mezzo secolo di cooperazione internazionale allo sviluppo, dopo una serie di “Piani Marshall” per l’Africa, dopo gli “Obiettivi del millennio” contro la povertà e la fame, un progetto multimiliardario durato 15 anni, delle crisi senza precedenti – estese carestie, 60 milioni di profughi, milioni di persone in viaggio verso l’Europa – mettono di fronte all’evidenza che un progetto di sviluppo che pareva il migliore è invece insostenibile. Fame e povertà non si sconfiggono trasferendo centinaia di miliardi di dollari dai paesi industrializzati a quelli arretrati e incoraggiando milioni di persone a intraprendere il percorso inverso.