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IL BELLO DELLA LITURGIA

Le gerarchie angeliche, un eterno osanna al Creatore

Ben 215 volte il termine ebraico “mal’ak”, messaggero, tradotto in greco “anghelos”, ricorre nel Vecchio Testamento. Sulla base di questo e delle lettere di san Paolo, il pensiero ebraico-cristiano ha costruito una gerarchia poi codificata dallo Pseudo-Dionigi l’Aeropagita. A essa si sono ispirati gli artisti che ne hanno diffuso variopinte immagini, come gli splendidi mosaici che si possono ammirare nel Battistero di San Giovanni a Firenze.

Cultura 13_07_2019

Gerarchie angeliche, Firenze - Battistero di San Giovanni a Firenze

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze
(Col 1, 15-16).

Ben duecentoquindici volte il termine ebraico “mal’ak”, messaggero, tradotto in greco “anghelos”- da cui il nostro “angelo”- ricorre nel Vecchio Testamento, dove sono tra l’altro menzionati i Serafini (Is 6, 2-3) e i Cherubini (Gn 3, 24). È, poi, Paolo di Tarso, nelle sue epistole agli Efesini e ai Colossesi, a suggerire altri nomi per queste creature invisibili, sulla base dei quali il pensiero ebraico-cristiano ha costruito una gerarchia poi codificata dallo Pseudo-Dionigi l’Areopagita, che ha ipotizzato uno schema preciso, considerando le diverse mansioni degli angeli e la loro rispettiva residenza nelle sfere celesti. A esso si sono ispirati gli artisti che ne hanno diffuso variopinte immagini sulle cupole e sulle pareti di tanti edifici religiosi d’Italia.

Firenze, anno del Signore 1271. L’arte della Calimala, potente corporazione annoverata tra le Arti Maggiori della città toscana, si fa carico dell’abbellimento della cupola del Battistero di San Giovanni, sostenendo una campagna di decorazione musiva - tra le più importanti del Medioevo italiano - che si concluse intorno al 1330 e che coinvolse maestranze veneziane impegnate a riprodurre cartoni di grandi pittori fiorentini. Sopra il Giudizio Universale e le storie vetero e neotestamentarie che occupano gli altri spicchi, l’anello superiore della calotta ottagonale è interamente abitato dalle gerarchie angeliche. Secondo il Vasari, l’artefice sarebbe da individuare in Andrea Tafi, forse un mito più che un personaggio storico, cui si attribuisce il merito di avere introdotto a Firenze l’arte del mosaico.

Cristo benedicente, con il libro aperto tra le mani, è affiancato da Serafini e Cherubini, gli unici con tre paia di ali, rispettivamente rosse e blu, avendo i primi, come scrive san Tommaso d’Aquino, «l’eccellenza dell’ardore» per Dio, e i secondi «l’eccellenza della scienza». Formano la prima gerarchia insieme ai Troni, che hanno a che fare con la Giustizia divina. A Firenze, lungo il girotondo celeste, quest’ultimi compaiono immediatamente alla destra di Cristo e hanno tra le mani delle mandorle luminose, gli specchi, presumibilmente, di cui parla anche Dante nel IX canto del Paradiso: “Su sono specchi, voi dicete Troni, onde rifulge a noi Dio giudicante…”.

Seguono le Virtù per le quali Dio compie i miracoli dispensando la Sua Grazia. Ai loro piedi siedono due infermi, o due indemoniati, dalle cui bocche scappano i demoni. Dominazioni e Podestà completano la seconda gerarchia: sono rispettivamente rappresentati con bastoni di araldi, sormontati dal trifoglio, simbolo della Trinità, e come guerrieri rivestiti di corazze e di elmi, dovendo tenere a bada le forze avversarie.

Principati, Arcangeli e Angeli formano l’ordine inferiore delle tre gerarchie. In abiti regali, segno del loro potere sulle nazioni, i Principati appaiono dotati di un vessillo crociato; gli Arcangeli, messaggeri per antonomasia, recano cartigli, mentre gli Angeli sono, infine, i più vicini agli uomini, di cui si prendono cura.

Sembra, a Firenze, di sentire le parole che Beatrice rivolge a Dante nel XXVIII canto del Paradiso; l’oro delle tessere fiorentine e le gradazioni dei loro brillanti colori sono la traduzione pittorica dell’Osanna che miriadi di angeli - come immagina il sommo poeta, giunto nel nono cielo - cantano per l’eternità, in melodie distinte, rivolte al Creatore di tutte le creature, visibili e invisibili.